lunedì 24 agosto 2009

STORIA DEL PENSIERO SOCIOLOGICO - 2

R. Nisbet, La tradizione sociologica
Sintesi di Serafin Marilisa
I - Le categorie fondamentali dell sociologia
Idee e antitesi
La storia del pensiero sociologico è solitamente trattata in 3 modi:
1-si basa sui pensatori stessi
2-mira al sistema, alla scuola, agli "ismi". Es. Utilitarismo (Bentham e Mill), Idealismo ( Hegel e Bradley), Socialismo (Marx e Proudhon), ...
3-agisce sui sistemi e li frantuma in quelle che possono essere definite come le loro "idee-base"

Qual'è la fonte principale dei cambiamenti storici?
Marx: le trasformazioni tecnologiche. Si traduce in conflitti
Weber: uno degli elementi essenziali è il ruolo svolto dalle forze religiose.

Oggetto della ricerca: le categorie fondamentali

Criteri che guidano la selezione delle categorie:
1. generalità
2. continuità
3. devono essere caratterizzanti
4. devono essere concetti (come archetipo o piano d'azione)

CINQUE CATEGORIE FONDAMENTALI della sociologia (antitesi di elementi in opposizione):
1 - comunità - società
2 - autorità - potere
3 - status - classe
4 - sacro - secolare
5 - alienazione - progresso

I maggiori sociologi del secolo, da Comte e Tocqueville a Weber e Durkheim, erano strettamente legati alle tre fondamentali correnti ideologiche dell'ottocento e del primo novecento:
- il liberismo: autonomia individuale. Continuatori della fede illuministica nella naturale autosufficienza dell'individuo, una volta liberatosi dalla corruzione e dalla schiavitù delle istituzioni. Per alcuni di loro, come Tocqueville, J. S. Mill e Lord Acton, le istituzioni e le tradizioni conservavano una parte dell'importanza data per scontata dai conservatori, ma soltanto nella misura in cui erano in grado di rafforzare l'individualità. Principali esponenti del liberismo utilitarista furono Bentham e Spencer. Individuo come entità distinta, automotivata e autostabilizzata. Istituzioni e tradizioni sono secondarie.
- il radicalismo: uso del potere. rigidamente secolare, ha per modello i giacobini, fede nel potere assoluto visto in funzione di una razionalistica e umanitaria liberazione dell'uomo dalla piaga millenaria della tirannia e dell'ineguaglianza (compresa quella della religione). Principali esponenti: Marx.
- il conservatorismo: tradizione. Tutto ciò che le due rivoluzioni avevano attaccato veniva invece difeso da conservatori come Burke, Bonald, Haller, Coleridge, Chateaubriand, Le Play; tutto ciò che le due rivoluzioni avevano prodotto (in fatto di democrazia popolare, tecnologia, secolarismo e così via) veniva attaccato dal conservatorismo. Venivano efficacemente definiti profeti del passato, praticamente incapaci di esercitare un'influenza sulle principali correnti dela vita e del pensiero europeo.
Comte: Liberale per i suoi misurati inni alla scienza, all'industria e al positivismo, anche se non ci sono dubbi sul carattere profondamente conservatore dei concetti di base della sua nuova scienza.
Tocqueville: in lui, liberalismo e conservatorismo si fondono.
Tönnies: Conservatore, per le sue radici personali, anche se le sue simpatie politiche erano incontestabilmente liberali.
Simmel, Weber e Durkheim: Tendenzialmente liberali, forse con una vena di conservatorismo concettuale e simbolico. Decisamente non radicali.
Il paradosso creativo della sociologia: per quanto i suoi obiettivi e i valori politici e scientifici delle sue figure principali appartengano alla grande corrente del modernismo, i suoi concetti essenziali e le sue prospettive implicite la collocano molto più vicino, in generale, al conservatorismo filosofico.

Le fonti dell'immaginazione sociologica:
1-La base morale della sociologia moderna: i grandi sociologi non hanno mai cessato di essere filosofi morali.
2-La struttura di pensiero di tipo intuitivo o artistico cui le idee centrali della sociologia sono approdate: ..come anche non hanno mai cessati di essere artisti.
II - Le due rivoluzioni: Il crollo del vecchio ordine
Gli elementi intellettuali presenti nella sociologia riflettono esattamentle stesse forze e le stesse tensioni che hanno definito le linee del liberalismo, conservatorismo e radicalismo moderni.
Il crollo del vecchio ordine in Europa libera, per così dire, i vari elementi del potere, della ricchezza e dello status. Scompaginati dalla rivoluzione, scomposti dall'industrialismo e dalle forze della democrazia, questi elementi vagano nel paesaggiopolitico dell'Europasu tutto il diciannovesimo secolo, in cerca di nuovi e più vitali contesti. La storia del pensiero sociale riguarda tentativi teorici tendenti a collocarli in prospettive che abbiano rilevanza filosofica e scientifica per la nuova era.
Temi dibattuti: La natura della comunità, la posizione del potere, la stratificazione della ricchezza e dei privilegi, il ruolo dell'individuo nella emergente società di massa, la riconciliazione di valori sacri con le realtà politiche ed economiche, la direzione della società occidentale. La rivoluzione industriale e la rivoluzione francese, il cui significato è di eccezionale importanza, hanno resourgenti questi temi => immagini e riflessi delle due rivoluzioni sul pensiero sociale.
I temi dell'industrialismo.
Vi sono 5 aspetti della rivoluzione industriale considerati cruciali:
1. la condizione dei lavoratori. Oggetto di un interesse sia morale che analitico. Robert Southey, conservatore inglese (1807), basava gran parte delle sue critiche sull'impoverimento di sempre più larghi settori della popolazione. William Cobbett, radicale inglese (stesso periodo), critiche alla nuova economia in modo simile a quello di Southey (triste declino dello status del lavoratore, il nuovo sistema ha quasi completamente estinto la razza dei piccoli agricoltori. => affinità tra conservatorismo e radicalismo circa la valutazione dell'industrialismo. Ben poche affinità vi erano invece per ciò che riguardava i problemi politici. Differenze: maggiore severità delle accuse rivolte dai conservtori al capitalismo. Mentre i socialisti accettavano il capitalismo in quanto necessario momento di passaggio dal passato al futuro, i tradizionalisti tendevano arespingerlo in blocco.
2. la trasformazione della proprietà e la sua influenza sull'ordine sociale. Nulla della rivoluzione francese indignava di più i conservatori come le confische di beni e l'indebolimento delle basi istituzionali della proprietà (l proprità era la base indispensabile della famiglia, della chiesa, dello stato..). Per i radicali, la sua abolizione diventava sempre più l'obbiettivo principale delle loro aspirazioni. Affinità: odio per il tipo di proprietà rappresentato dai titoli. Per Burke, quello che è più da temere è il passaggio del potere politico dlla terra alle nuove forme di capitale. Anche i radicali diffidavano di questo nuovo tipo di proprietà, anche se tendevano sempre a vederlo come un passaggio essenziale nella rivoluzione verso il socialismo.
3. la nascita della città industriale (fenomeno dell'urbanesimo). La maggior parte delle asserzioni sociologiche relative a disorganizzazione, alienazione ed isolamento mentale fanno riferimento al contesto della città e sono segni della perdita del senso di appartenenza ad una comunità. All'inizio, radicali e conservatori erano accomunati nell'opposizione all'urbanesimo, poi col progredire del secolo, si resta colpiti dal carattere sempre più urbano del radicalismo. Marx stesso considerava l'urbanesimo come un elemento positivo del capitalismo, destinato a svilupparsi ulteriormente nel futuro ordine socialista. I conservatori al contrario sottolineavano come la cultura europea fosse basata sui ritmi della campagna, sulsuccedersi delle stagioni, sullo stretto rapporto tra uomo e terra. Dalla separazione dell'uomo da questi ritmi poteva derivare solo sradicamento ed alienazione.
4. e 5. la tecnologia e il sorgere del sistema delle fabbriche: sono due temi ugualmente vitali e carichi di implicazioni ideologiche. La posizione dei rdicali è ambivalente: mentre Marx inizialmente poteva vedere nella macchina una forma di schiavitù e una forma di alienazione, egli giunse progressivamente ad identificare questa schiavitù ed alienazione più con la proprietà privata che con la macchina in quanto tale => fino all'accettazione della fabbrica e della sua divisione del lavoro meccanicamente imposta come necessità storica, fino alla sua idealizzazione.
I conservatori invece diffidavano della fabbrica e della sua divisione meccanica del lavoro come di ogni sistema che sembrava, per sua natura, diretto a distruggere il contadino e l'artigiano, così come la famiglia e la comunità locale.
Democrazia come rivoluzione.
Per la Francia del diciottesimo secolo, la rivoluzione democratica ha rappresentato tutto quello che l'industrialismo del diciannovesimo avrebbe rappresentato per la letteratura, i movimenti sociali e lalegislazione inglese.
Taine descriveva la rivoluzione come l'evento più importante della storia europea dopo la caduta di Roma. Gli stessi sociologi, da Comte a Durkheim, hanno attribuito alla rivoluzione francese un ruolo decisivo nella creazione di quelle condizioni sociali per le quali nutrivano un interesse diretto.
Comte indicava il disordine sociale generato dalla rivoluzione come lo sfondodel suo lavoro; secondo lui i falsi dogmi della rivoluzione, egualitarismo, sovranità popolare ed individualismo, erano ancor più del nuovo sistema industriale, responsabili del diffondersi della disorganizzazione morale in europa.
Tocqueville era ossessionto dalla rivoluzione, che costituiva il vero tema del suo studio della democrazia americana.
Le Play attribuisce più volte alla rivoluzione la causa principale delle misere condizioni delle classi lavoratrici alla metà del secolo, oltre che della secolrizzazione, della individualizzazione della proprietà, dell'accelerazione dell'avvento della burocrazia che tanto detestava.
La rivoluzione francese fu la prima rivoluzione veramente ideologica.
L'aspetto ideologico è abbastanza chiaro nella Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e nei primi dibattiti sulla posizione della religione.
Sono stati i conservatori , a cominciare da Burke, i primi ad attirare l'attenzione sul carattere ideologico della rivoluzione francese. Egli vedeva in essa una forzacombinata di potere politico, razionalismo secolare ed ideologia moralistica, a suo parere, unica. E Burke aveva ragione. Una generazione dopo, Tocqueville non avrebbe fatto altro che parafrasare l'affermazione di Burke scrivendo: «Nessun precedente sconvolgimento politico, per quanto violento, aveva mai sollevato un entusiasmo così appassionato, perchè l'ideale proposto dalla rivoluzione non consisteva in un semplice cambiamento del sistema francese, ma in una vera e propria rigenerazione dell'intera razza umana».
Il rapporto di Rousseau con la rivoluzione è interessante. Allo scoppio della rivoluzione, nel 1789, non si può provare che le sue idee avessero un'importanza rilevante, era letto troppo poco e ancora poco considerato in Francia; tuttavia verso il 1791, tredici anni dopo la sua morte, era diventato il più ammirato, il più citato, il più influente di tutti i philosophes.
1789: Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino (Tale documento ha ispirato numerose carte costituzionali ed ancor oggi il suo contenuto, più che mai attuale, costituisce uno dei più alti riconoscimenti della libertà e dignità umana).
1791: furono abolite le odiate corporazioni e associazioni di mestieri.
Famiglia, proprietà, istruzione e cultura, religione, furono oggetto di riforme rivoluzionarie.
La rivoluzione fu anche opera di un'azione di potere. Dal potere concepito come liberazione al potere concepito come uguaglianza.
"La funzione del governo", aveva detto Robespierre, "è di dirigere le forze fisiche e morali della nazione".

Se si considerano le due rivoluzioni dal punto di vista dei fondamentali e più diffusi processi che entrambe rappresentano, tre colpiscono particolarmente:
1) Individualizzazione: L'importanza di questo fenomeno, sia che lo si consideri come fase di progresso che di decadenza, è stata unanimemente riconosciuta da filosofi che pure si tovano su posizioni molto differenti: Bentham, Coleridge, Tocqueville, Marx, Spencer e Taine. Non il gruppo, ma l'individuo era l'erede dello sviluppo storico, non la classe o lo stato ma il cittadino. Sempre più la società poteva essere considerata come un vasto, impersonale, quasi meccanico, aggregato di elettori, commercianti, venditori, compratori, lavoratori, fedeli, distinti fra loro, in sintesi come unità separate di una popolazione piuttosto che come parti di un sistema organico.
2) Astrazione: concetto connesso a quello di individualizzazione, ma si riferisce principalmente a valori morali. L'onore, la lealtà, l'amicizia, il decoro, avevano tutti avuto iizio, come valori, in contesti molto particolari di posizione e di rango. Ora, perso il loro fascino come parole e simboli, stavano subendo una profonda alterazione, ora un sistema di pensiero e di comportamento basato sulla tecnologia si andava frapponendo tra l'uomo e il suo habitat naturale, impedendo il contatto diretto, ora questi valori diventavano astratti, estraniati dal particolare e dalconcreto. Anche qui, il fenomeno poteva rappresentare progresso per molti, declino culturale per altri.
3) Generalizzazione: L'ambito dei rapporti di dipendenza e fedeltà si va allargando insieme con l'allargarsi degli interessi e delle funzioni. Non trovandosi più in contatto diretto, si formava una concezione dell'altro che eliminava le caratteristiche particolari dell'individuo, e conservava solo quello che ciascuno aveva in comune con gli altri membri della sua classe. Il particolarismo del vecchio ordine, la tendenza a pensare in termini concreti di identificabili ricchi o potenti, poveri o indifesi, sparì insieme con il suo localismo.

III - La comunità
La riscoperta della comunità
Il concetto di comunità è fra le categorie fondamentali della sociologia quello più importante e di più vasta portata. Sarebbe difficile immaginare un'altra idea che separi così chiaramente il pensiero sociale del diciannovesimo secolo da quello dell'epoca precedente, l'Età della Ragione. Va a sostituire il concetto di contratto.
La comunità è la fusione di sentimento e di pensiero, di tradizione e impegno, di partecipazione e volontà.
Fondamentale per la forza del vincolo comunitario è l'antitesi con i rapporti non-comunitari di competizione o conflitto, profitto o consenso contrattuale. Nella tradizione sociologica, da Comte a Weber, la contrapposizione fra comunitario e non-comunitario è viva ed articolata. Fu Tönnies a coniare i termini di Gemeinschaft e Gesellschaft.
Tutta la teoria secolare del diritto naturale, dal 1500 al 1800, era praticamente impegnata ad elaborare una teoria della società, anche se dietro l'immagine razionalistica della società caraal periodo c'era sempre l'immagine di individui naturalmente liberi che avevano razionalmente accettato uno specifico e limitato modo di associazione: l'uomo era l'elemento primario, i rapporti l'elemento secondario. Atto di volontà, consenso, contratto erano i termini-chiave della prospettiva della società basata sul diritto naturale. Gruppi ed associazioni non giustificabili in tali termini, erano relegati come cianfrusaglie nella soffitta della storia. Solo la famiglia fu accettata, tutte le altre associazioni furono colpite senza pietà.
La società razionale deve essere concepita come un tessuto di rapporti specifici e voluti, in cui gli uomini entrano liberamente e razionalmente in contatto fra loro.
Quello che ci voleva era un ordine sociale fondato sulla ragione e sull'istinto, vincolato da legami più liberi e più impersonali possibile. Di qui, l'opposizione senza compromessi dell'Illuminismo a tutte le forme di associazione tradizionale e comunitaria.
L'ostilità intellettuale contro la comunità tradizionale e il suo ethos, ricevette potente impulso dalle due rivoluzioni. Nel pensiero del diciannovesimo secolo l'atteggiamento polemico contro la comunità tradizionale si rifletteva nel modo più efficace negli scritti dei filosofi radicali, guidati da Jeremy Bentham. Il razionalismo, che, nella sua forma cartesiana, aveva spazzato via superstizione e verità rivelata, doveva far in modo di spazzar via anche i residui del comunitarismo, anche attraverso un'adeguata riforma politico-amministrativa.
L'immagine della comunità
Nel diciannovesimo secolo si assiste anche ad un'opposta reazione intellettuale iniziata dai conservatori, che nella loro avversione per il modernismo, erano spinti a valorizzare al massimo quegli elementi del vecchio regime contro i quali il modernismo si era accanito, fra questi il più rilevante era la comunità tradizionale. Nelle opere di tutti i conservatori la riscoperta della comunità tradizionale e delle sue virtù occupa una posizione centrale (Bonald, Disraeli, Morris, Hegel).
L'idea astratta, impersonale e puramente legale dello stato è posta in dubbio da teorie basate sulla priorità della comunità, della tradizione e della condizione sociale. Stato come comunità e la nazione politica come legittima erede delle pretese di fedeltà individuale rivendicate dalla chiesa => influenza del concetto di comunità sul pensiero religioso dell'epoca: si sviluppa così per tutto questo secolo un filone di pensiero sempre più ricco destinato a coinvolgere teologi di tutti i paesi occidentali e a costruire forse la prima reazione significativa contro l'individualismo protestante.
I migliori storici del secolo si dedicarono allo studio delle comunità e delle istituzioni medioevali => riaccendersi di un interesse intorno alla comunità medioevale determinante nel sorgere della sociologia => ricerca delle origini della democrazia nei contesti, un tempo disprezzati, della organizzazione, delle assemblee, degli stati sociali del feudalesimo.
La comunità morale. Comte
Nel suo Système de politique, che porta il sottotitoli di «Trattato di sociologia» il concetto di comunità ha un'importanza determinante. Comunità perduta, comunità da conseguire, sono i temi base della sua statica sociale (la scienza dell'ordine) e della sua dinamica sociale (la scienza del progresso). Comte definisce il progresso semplicemente come il conseguimento dell'ordine, considerava quindi la statica sociale come il tema fondamentale.
Per Comte il ripristino della comunità costituisce una pressante esigenza morale, ai suoi occhi infatti la rivoluzione significavapoco più che disorganizzazione sociale dominata da una tirannia politica; egli condivideva infatti pienamente l'avversione dei conservatori per la rivoluzione così come per l'Illuminismo.
E' solo nella filosofia della storia che Comte differisce in modo rilevante dai conservatori; la sua venerazione del passato non giunge , infatti, al ripudio categorico del modernismo o ad una visione pessimistica del futuro come quella dei conservatori. Come Marx aveva riconosciuto al capitalismo il merito di essere l'agente soricamente necessario per la dissoluzione del feudalesimo, e di fornire il modello delle strutture tecnologiche organizzative del socialismo, così Comte riconosceva all'Illuminismo il merito di aver «soterrato una volta per tutte gli antiquati precetti del sistema teologico-feudale».
Se il socialismo di Marx consiste nel capitalismo privato della proprietà privata, la società positivista di Comte è fatta semplicemente del medioevalismo privato del cristianesimo.
Si nota la viva passione di Comte per la comunità morale. Come Durkheim Comte considera qualsiasi caratteristica umana che va al di là di un livellamento puramente fisiologico come derivante dalla società e come Durkheim, considera la società come una comunità con la lettera maiuscola.
Per Comte la società è elemento sostanziale e primario, sia sul piano logico che psicologico precede l'individuo e gli dà forma. Comte fa della Società l'«Essere Supremo». Totale rifiuto di una impostazione individualista. La società è riducibile a gruppi sociali e comunità, il più importante dei quali è la famiglia. Comte ci offre la prima esposizione sistematica moderna di una teoria della famiglia come unità di rapporti e posizioni sociali. Due prospettive secondo le quali si può studiare la famiglia:
-quella morale, che si riferisce a tutto il processo di socializzazione dell'individuo; considera come morali i rapporti famigliari, quello filiale, quello fraterno e quello coniugale, pone costantemente l'accento sullaformazione della personalità nel contesto creato dall'insieme dei tre rapporti.
-quella politica, in cui Comte analizza la strutturainterna della famiglia, la sua naturamonogamica, l'autorità che fluisce naturalmente dalla figura del padre, la «necessaria» ineguaglianza dei suoi membri, e rivolge parole di fuoco contro i riformatori egualitari della rivoluzione e contro i socialisti che vogliono, dice, «introdurre nel seno della famiglia le loro anarchiche dottrine di livellamento».
La comunità empirica. Le Play
Fu tuttavia Le Play ad introdurre nel diciannovesimo secolo lo studio empirico e scientifico della comunità. E' un conservatore. Egli cominciò la sua carriera come ingegnere minerario, viaggiò per gran parte del continente euroasiatico, dovunque raccoglieva note e osservazioni sulla gente e le organizzazioni sociali con cui veniva a contatto. Il suo interesse per questi problemi lo portò a dedicare il resto della sua vita allo studio scientifico della società. (Le Play non si definì un sociologo, infatti il suicidio di Durkheim è comunemente considerato la prima opera «scientifica» della sociologia.)
Ciascuno studio ha per oggetto la famiglia della classe operaia, la località dove abita e l'ordinamento sociale dacuiè governata. Le popolazioni non sono formate daindividui ma da famiglie. La ricercadiventa precisa, definita e concludente se ne è oggetto la famiglia. Si occupa sistematicamente dell'attività interna della famiglia senza trascurare i suoi rapporti con la comunità che la circonda, che egli chiama costituzione sociale. Nelle sue analisi sono illustrati i risultati della rottura del rapporto fra famiglia e tradizione determinata dall'individualismo e secolarismo moderni. I suoi studi sulla parentela lo portano alla classificazione di tre fondamentali tipi di famiglia:
-patriarcale
-instabile
-dinastica, o famiglia ceppo.
E' il ruolo della famiglia all'interno dell'ordine sociale che lo interessa di più.
Punto fondamentale: lo studio della vita sociale deve essere concepito, primo, in termini di luogo, secondo, di occupazione. Si occupa dei livelli dello status di occupazione professionale nelle famiglie della classe lavoratrice => è possibile differenziare lo status gerarchico delle famiglie di una comunità in tre modi:
1) attraverso l'occupazione oil mestiere
2) attraverso il rango nell'ambito della occupazione stessa
3)attraverso la natura del contratto di ciascun lavoratore col suo datore di lavoro
Divide le occupazioni i nove categorie e in quasi ogni gruppo si trovano sei livelli di status.
Si occupò inoltre di forme socialimolto diverse fra loro, come la ghilda, la cooperativa ed il monastero. Nutriva un vivo interesse per le associazioni intellettuali e professionali, che sono, scrive, fra le glorie più caratteristiche dell'Inghilterra.
Nota su Le Play e Marx
Paragone fra Marx e Le Play:
Per entrambi l'oggetto principale di riflessione e ricerca fu la classe lavoratrice, con accento su quella ruralein le Play, su quella industrile in Marx. entrambi concepirono il benessere e la dignità della società come il risultato della elevazione delle condizioni della classe lavoratrice,entrambi detestavano la democrazia borghese emersa dalla rivoluzione che consideravano tiranna e corrotta, entrambi miravano ad un ordine sociale il più possibile libero da competizione e conflitti. Individualismo economico, competizione di status, elettorati di massa, suscitavano l'avversione di entrambi.
Nonostante queste analogie, tra i due vi sono profonde differenze di prospettiva storica e di valutazione etica.
...
La comunità come tipologia. Tönnies e Weber
Da comunità come sostanza si passa a comunità come tipologia.
Ci sono tre opere scientifiche fondamentali che hanno creato lo sfondo efficace all'uso tipologico della comunità quale lo troviamo in Tönnies e nella tradizione sociologica:
1^ Das Deutsche Genossenschaftsrecht di Otto von Gierke
2^ Ancient Law di Maine
3^ La città antica di Faustel de Coulanges
Tutte e tre queste opere apparvero nel decennio successivo al 1860 ed ebbero una influenza immediata sul pensiero europeo. Al tempo in cui Tönnies scriveva il suo Comunità e società, le idee espresse nei tre lavori erano ben note e non potevano non avere avuto influenza sul suo pensiero: l'opera di Tönnies risulta infatti una fusione tra con questi temi fondamentali e la sua personale tipologia della comunità, che vedono il passaggio in Occidente: a) dal sistema di governo corporativo e comunitario a quello individualistico e razionale; b) dall'organizzazione sociale basata su status ascritti a quella contrattuale; c) dalle idee sacro-comunitarie a quelle secolari-associative.
Tönnies scrisse questo libro quando aveva solo trentadue anni, prima della pubblicazione di tutte le più importanti opere di Weber, Durkheim e Simmel, tra l'altro in un momento in cui i nazisti stavano divulgando le loro volgari dottrine sulla santità della «comunità» basata sulla razza e sulla nazione. Che Comunità e società rifletta una considerevole nostalgia per le forme comunitarie di società fra cui il suo autore era nato, a Schleswig, è senz'altro vero, ma è vero anche che un certo grado di nostalgia fa parte della struttura vera e propria della sociologia del diciannovesimo secolo.
Concetti: La Gesellshaft acquista la sua importanza tipologica vista come un tipo particolare di rapporto umano, caratterizzato da un alto grado di individualismo, impersonalità, contrattualismo, piuttosto che dal complesso di stati affettivi, abitudini e tradizioni che sono alla base della Gemeinschaft.
Lo sviluppo della società europea, secondo Tönnies, è dato dal passaggio da unioni ad associazioni di Gemeinschaft, da qui ad associazioni di Gesellschaft, e finalmente, a unioni di Gesellschaft. Quest'ultima fase rappresenta lo sforzo della società moderna per recuperare, attraverso tecniche di rapporti umani, previdenza sociale e assicurazione sul lavoro, alcune dlle garanzie comunitarie della precedente società.
...
L'affermarsi della Gesellschaft e della sua ricchezza culturale procede parallelamente alla disgregazione della Gemeinschaft.
L'importanza dell'opera di Tönnies non sta nella mera classificazione analitica, nè nella semplice filosofia della storia, ma nel fatto che, attraverso la differenziazione di Gemeinschaft e Gesellschaft come tipi di organizzazione sociale ed attraverso l'uso storico e comparato di tali tipi, viene proposta una spiegazione sociologica del sorgere del capitalismo, dello stato moderno e dell'intero atteggiamento intellettuale modernista.
Tönnies ha esteso la propria influenza su Durkheim ma tuttavia è su Max Weber che la tipologia di Tönnies ha avuto un'influenza profonda e creativa.
L'etica comunitaria occupa un posto centrale nel pensiero di Weber; anche lui come Tönnies, concepìla storia europea come una specie di deterioramento dalle forme del patriarcalismo e della fraternità ce avevano caratterizzato la società medioevale. Per Tönnies questo deterioramento si esprimeva nella Gesellschaft, considerata come un processo; per Weber è la conseguenza del processo di «razionalizzazione». I due processi appaiono sorprendentemente simili. Caratterizzazione di Weber dei quattro tipi di azione sociale, rispettivamente orientati verso:
(1) scopi interpersonali, (2) scopi-valori assoluti, (3) stati emotivi ed affettivi, e (4) tradizione e convenzione
.................
Nonostante la superiorità della classificazione di Weber, non si può negare il suo rapporto con l'analisi di Tönnies.
Concetto di «comunità» in Weber e sua antitesi, che troviamo dove egli tratta dei tipi di «rapporto sociale solidale», facendo la fondamentale distinzione fra:
- «comunitario», quando si basa sul sentimento soggettivo delle parti di appartenersi reciprocamente => deriva da un fattore emotivo.
- «associativo», quando poggia su un «regolamento di interessi razionalmente motivato, o su un accordo motivato in modo analogo» => deriva da un calcolo razionale di interesse o da un atto volitivo.
Un rapporto sociale, a prescindere dal suo carattere comunitario o associativo, verrà definito come:
-> "aperto" ad elementi esterni se la partecipazione all'azione sociale, nel suo significato soggettivo, non è negata a nessuno che desideri parteciparvi e sia effettivamente in condizioni di farlo;
-> "chiuso" ad elementi esterni nei limiti in cui la partecipazione di certe persone venga esclusa, limitata o sottoposta a condizioni.
Nb: L'essere aperto o chiuso non ha nulla a che fare con la sua natura comunitaria o associativa.
Tuttavia è il tipo comunitario che tende più frequentemente a manifestare le qualità sociali e morali dell'ordine chiuso. La più chiara dimostrazione di quanto detto si trova in Weber a proposito della città. Il suo studio comparato della struttura e del comportamento urbano rimane una pietra miliare, fondamentale per il suo studio sul capitalismo, come lo è il suo lavoro sull'etica protestante.
La comunità come metodologia. Durkheim
In Durkheim la comunità diventa una struttura analitica. Nonostante l'influenza esercitata da Freud sia stata riconosciuta come prevalente, la reazione di Durkheim al razionalismo individuale è di fondamentale importanza. Freud non ha maimesso in dubbio la priorità delle forze individuali nella sua analisi del comportamento umano; i Durkheim invece è la comunità a avere la priorità ed è dalla comunità chederivano gli elementi essenziali della ragione. In Durkheim i prsupposti dell'individualismo sono capovolti. La prospettiva individualistica aveva infatti ridotto tutti gli elementi tradizionali e corporativi della società a meri e immutabili atomi della mente e del sentire individuale; Durkheim al contrario concepisce questi ultimi come manifestazione dei primi.Si tratta quindi di un riduzionismo opposto che tende a spiegare alcuni dei più profondi elementi dell'individualità, quali la fede religiosa, le categorie mentali, la vocazione, l'impulso suicida, in termini di ciò che è esterno all'individuo stesso, cioè la comunità e la tradizione morale => aspra critica all'individualismo utilitarista. Per Durkheim la radice autentica della parola società è communitas, non societas.
Da questo approccio comunitario alla natura della società deriva il concetto importantissimo di coscienza collettiva. Per Durkheim la società è semplicemente la comunità con la lettera maiuscola.
La divisione del lavoro è sociale e consiste nella integrazione, che significa avvento di nuovi rapporti e leggi. I tipi tradizionali di rapporti e leggi, bsati sulla repressione, sul costume e sulle sanzioni comunitarie, vengono gradualmente eliminati.
Durkheim distingue due tipi di solidarietà sociale:
-meccanica, sempre esistita, basata sulla morale e sulla omogeneità sociale, è rinforzata dalla disciplina della piccola comunità.
-organica, si basa sulla priorità della divisione del lavoro. Col sorgere della tecnologia, si verifica la possibilità che l'ordine sociale si basi su un insieme organicamente articolato di liberi individui con differenti funzioni, uniti dalla cvomplementarietà dei loro ruoli. Generale liberazione dell'uomo dalle tradizionali restrizioni connesse alla parentela, alla classe, al localismo. La giustizia tende a essere basata sulla riabilitazione piuttosto che sulla punizione (conclusione sorprendente somigliante a quella di Spencer)
Ma Durkheim andò oltre: Si accorse della debolezza dei propri argomenti e, sottilmente ma efficacemente, andò alterando la propria tesi. Come Weber anche durkheim si rese conto che, per quanto eistesse una reale distinzione concettuale fra i due tipi di solidarietà o di associazione, la stabilità istituzionale della seconda doveva basarsi, in una forma o in un'altra, sulla continuazione della prima.
Passaggio fondamentale: «La divisione del lavoro», scrive Durkheim, «può prodursi soltanto nell'ambito di una società preesistente. La divisione del lavoro presuppone una vita sociale fuori di sé» .. «società la cui coesione è essenzialmente dovuta ad una comunità di credenze e sentimenti, ed è proprio da queste società che sono emerse quelle la cui unità è assicurata dalla divisione del lavoro». E' importante sottolineare quell'aspetto della Divisione del lavoro sociale che è costituito dall'«inversione» dell'argomentazione di Durkheim; esso è un elemento determinante per la comprensione di tutto il suo lavoroNei suoi studi sucessivi, non utilizzò più in nessun modo la distinzione fra i due tipi di solidarietà, né la divisione del lavoro come una forma di coesione né, tantomeno, nessuna razionalizzazione di conflittoed anomia nella società come mere «forme patologiche di divisione del lavoro». In tutte le sue opere successive, la società, nelle sue diverse forme, funzioni, ruoli storici, diventa un un insieme di elementi sociali e psicologici, in un primo momento relegati nell'ambito delle organizzazioni sociali primitive.
=> La norrmale società si fonda su caratteristiche come la coscienza collettiva, l'autorità morale, la comunità ed il sacro, e il solo modo appropriato di reagire alle condizioni moderne è di rafforzarle.
ne Le regole del metodo sociologico, che cronologicamente sta fra La divisione del lavoro sociale e Il suicidio, la tesi fondamentale è che i fenomeni sociali non si possono scomporre o ridurre a dati individuali, psicologici o biologici e ancora meno, a pure conseguenze di eventi di natura geografica o climatica.
Continuità nelle opere di Durkheim: La metodologia messa in rilievo nelle Regole del metodo sociologicoaffonda le sue radici nella Divisione del lavoro sociale ed, analogamente, il contenuto empirico concreto del Suicidioe la sostanza dottrinaria delleForme elementari di vita religiosa derivano chiaramente dalle intuizioni formulate in astratto nelle Regole. Ciò che queste quattro opere hanno in comune è una metafisica sociale ed una metodologia fondata sulla convinzione, che ogni comportamento umano, eve essere considerato come emanazione diretta, di un forte condizionamento della società, cioè della totalità dei gruppi, norme, istituzioni nel cui ambito ciascun essere umano coscientemente o incoscientemente viene a trovarsi dal momento della sua nascita. Istinti sociali, complessi prepotenti, sentimenti naturali sono tutte cose che possono essere presenti nell'uomo, ma che paragonate agli effetti determinanti della società su fenomeni ccome morale, religione e comportamento sociale, hanno una influenza trascurabile e formano poco più di una base organica.
Il modo migliore per capire le conclusioni sostanziali raggiunte da Durkheim è quello di rivolgersi ai problemi empirici reali di cui si è occupato e che ha cercato di spiegare (come Durkheim utilizza il concetto di comunità, in quali contesti):
1. La morale
Se ogni forma di vita sociale sparisse, insieme sparirebbe anche la vita morale, per mancanza di un obbiettivo. La morale di ciascun popolo è in rapporto diretto con la struttura sociale del popolo che la pratica.
Gli elementi essenziali della morale sono tre:
a) Lo spirito di disciplina. Il dominio della morale è quello del dovere; il dovere è un comportamento obbligatorio. Qual'è la fonte di questo elemento coattivo? E' solo la società a possedere l'autorità necessaria per creare il senso del dovrei che costituisce una delle spinte direttive più forti della vita umana.
b) I fini della morale. E' indispensabile che la morale abbia dei fini invariabilmente impersonali. La moralità comincia solo nell'ambito dell'appartenenza ad un gruppo umano, qualsiasi esso sia.
c) Autonomia e autodeterminazione ovvero autocoscianza. La coscienza, la consapevolezza più chiara possibile, delle ragioni della nostra condotta, è necessaria, fondamentale, per il comportamento morale.
2. La teoria del contratto
Attacco profondo a tutta la corrente di pensiero, razionalistico-utilitaristica, che riteneva l'unione sociale come prodotto necessariamente di qualche forma di contratto. Secondo questa concezione il contratto è il microcosmo della società, l'immagine stessa dei rapporti umani. Questa è proprio l'immagine che Durkheim rifiuta. Egli sostiene che un contratto è basato su convenzioni, tradizioni, codici, in cui sia chiaramente presente l'idea di un'autorità al di sopra del contratto stesso.Il concetto di contratto nasce soltanto nel contesto di costumi consolidati che non possono ridursi a mero interesse personale. Tali costumi traggono la loro origine e la loro attualità dalla comunità e non dalla coscienza individuale.
3. Il suicidio
Grande prova di audacia: sottoporre un atto come il suicidio, il più personale ed individule di tutti, alla metodologia usata per lo studio della società. «Il metodo sociologico, poggia interamente sul principio basilare che i fatti sociali devono essere studiati come oggetti, cioè realtà esterne all'individuo». Il suicidio «è precisamente una delle forme attraverso cui si trasmette la malattia collettiva di cui soffriamo; studiare l'uno ci aiuterebbe a comprendere l'altro».
Quali sonoi modi specifici in cui una società diventa l'elemento determinante di un atto così individuale come il suicidio? Ce ne sono tre in particolare:
a) Suicidio egoistico. Si verifica quando la coesione dei gruppi cui i singoli appartengono diminuisce al punto di non offrire più all'ego il sostegno offertogli normalmente. Il «suicidio è inversamente proporzionale al grado di integrazione dei gruppi sociali di cui l'individuo fa parte».
b) Suicidio anomico. Determinato dalla improvvisa disorganizzazione dei sistemi normativi, dal crollo dei valori o dal conflitto fra mete ambite e possibilità di conseguirle. L'anomia esprime la caduta della comunità morale, così come l'egoismo esprime la caduta della comunità sociale.
c) Suicidio altruistico. Si manifesta quando il coinvolgimento in un rapporto sociale è così intenso che l'individuo è portato a togliersi la vita perchè crede che un suo atto abbia disonorato il rapporto sociale stesso (auto-punizione).
4. La trattazione della natura dell'uomo
«La società esiste e vive solo negli e attraverso gli individui. ... Se l'idea di società si estinguesse nella mente degli individui, e questi non condividessero più le credenze, le tradizioni e le aspirazioni del gruppo, la società morirebbe». La natura umana è duplice: biologica e sociale. «L'uomo sociale si sovrappone all'uomo fisico. .... L'uomo sociale è la vera essenza dell'uomo civilizzato; è il capolavoro dell'esistenza».
La comunità molecolare. Simmel
Simmel guarda al microscopio la società, affascinato da ciò che in essa vi è di piccolo e di intimo. La sua trattazione di insiemi come la coppia e la triade e di legami sociali come l'amicizia, l'obbedienza e la lealtà, è da considerarsi una ricerca degli elementi molecolari della società, cioè delle più piccole unità concepibili nell'ambito delle quali possano essere analizzate istituzioni e associazioni.
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IV - L'autorità
Lo spettro del potere
Nella società tradizionale l'autorità è a mala pena riconosciuta come identità separata e distinta. E come potrebbe essere altrimenti? Profondamente radicata nelle funzioni sociali, parte inlienabile dell'ordine interno della famiglia, del vicinato, della parrocchia e della corporazione, ritualizzata in ogni particolare, l'autorità è così strettamente radicata nel tessuto della tradizione e della moralità da risultare poco più percettibile dell'aria da respirare. Tuttavia quando l'uomo si separa, o si sente separato, dalle istituzioni tradizionali, ecco sorgere, insieme con lo spettro dell'individuo, lo spettro della perduta autorità.
Per i conservatori, a cominciare da Burke, ciò che i rivoluzionari avevano tolto all'autorità tradizionale della corporazione, del comune, della chiesa e della famiglia ed avevano precariamente attribuito alla volontà individuale e popolare finiva, di fatto, per diventare una enfatizzazione del potere politico che non aveva precedenti nella storia europea.
Dal punto di vista della sociologia del diciannovesimo secolo, quattro aspetti degli ordinamenti rivoluzionario e napoleonico sono particolarmente rilevanti:
1. Il potere rivoluzionario è totale => fede nella assoluta moralità dei fini e convinzione che il potere di realizzare tali fini fosse altrettanto morale
2. La base di massa del potere rivoluzionario => la legittimità può essere conferita solo dalla massa del popolo
3. La centralizzazione del potere rivoluzionario => dall'ideale di una partecipazione di massa al potere ne derivò la centralizzazione della amministrazione
4. La razionalizzazione del potere => razionalizzazione della valuta, del sistema dei pesi e delle misure, del calendario; quella dell'istruzione, dalle elementari alle università. E soprattutto l'intero sistema della burocrazia fu razionalizzato.
L'autorità contro il potere
L'importante distinzione fra autorità e potere cominciò ad essere compiuta durante la rivoluzione, distinzione che trasse dal conflitto fra conservatorismo e radicalismo una definizione politica edun rilievo morale.
Il punto fondamentale della differenza tra conservatori e radicali risiede, come Comte suggerisce, nel contrasto fra una concezione pluralistica ed unaa centralizzazione. La filosofia conservatrice, che traeva la propria origine dai valori medioevali, fece della «ripartizione dei centri politici» il proprio fondamento: cioè, pluralismo di autorità fondato prima di tutto sulla comunità locale, la famiglia, la corporazione e le varie altre fonti del costume e della tradizione. I radicali d'altra parte, non potevano fare a menodi vedere la rivoluzione come un meccanismo, o per lo meno il primo passo verso un meccanismo destinato a liberare l'uomo dalla oppressione delle autorità e ad incorporarlo in un nuovo sistema di potere basato sul popolo e diretto dal pensiero razionale.
E' in questi termini, nei termini imposti dall'urto della rivoluzione sulla società tradizionale, che si fa la fondamentale distinzione fra autorità e potere. L'immagine dell'autorità sociale deriva dagli schemi del vecchio regime, l'immagine del potere politico dai modelli legislativi della rivoluzione.
Nell'Illuminismo francese, l'odio per l'autorità tradizionale eguagliò quella per la comunità tradizionale => due facce della stessa medaglia. Il risultato di due secoli di interesse peril problema della sovranità era stato quello di far apparire il potere politico come qualcosa che fosse o indipendente dalla tradizione morale e dall'autorità sociale o in antitesi con esse. Si era sostenuto, da obbes a Rousseau, che questo avesse le proprie origini non nella tradizione, ma nella natura dell'uomo e nell'assenso contrattuale, e derivasse la propria forza e razionalità dalla sua indipendenza da tutti gli altri tipi di autorità. E' su questopunto che possiamo riconoscere la portata delle teorie sociologiche sull'autorità che appaiono nel diciannovesimo secolo.
La scoperta delle élites
La rivoluzione ebbe inoltre come conseguenza quella di dare inizioall'interesse intellettuale per le élites politiche.
Tocqueville: l'opera di centralizzazione e razionalizzazione era, così come il suo egualitarismo, il risultato di processi iniziati secoli prima.
Ma allora, come si poteva spiegare il carattere violento ed improvviso della rivoluzione?
Secondo Burke: la risposta consisteva chiaramente nelle macchinazioni dei philosophes nella loro lotta peril potere.. Dietro l'attacco di Burke agli intellettuali politici sta, ovviaamente, una profonda diffidenza verso tutto ciò che, ai suoi occhi, sembrava opporsi alla tradizione sociale, al cristianesimo e, forse, soprattutto alla classe terriera che trovava il suo simbolo nel gentiluomo. Ciò che ha rilievo dal punto di vista storico è il modello dell'intellettuale laico e dei suoi rapporti con ilpotere, che Burke delineò e da cui presero spunto non soloil pensiero inglese e francese del diciannovesimo secolo, ma anche, più tardi, gran parte della sociologia.
Le parole di Comte sull'intellettuale politico si collocano in un più ampio contesto di condanna della politicizzazionedel pensiero, che, a suo avviso, costituiva una delle peggiori manifestazioni del suo stadio metafisico.
Tocqueville: perchè nacque l'intellettuale politico? per combattere le «ridicole, sgangherate istituzioni, sopravvivenze di un'epoca precedente, che nessunoaveva pensato a coordinare o aggiustare alle condizioni moderne» .. «era più che naturale che i pensatori contemporanei.. desiderassero rimodellare la società sulla base di un disegno completamente nuovo» => gli intellettuali politici diventavano così gli strumenti inconsapevoli di una nuova forma di despotismo. «i nostri letterati... diedero forma al carattere nazionale, ... tentativo di plasmare le menti secondo modelli ideali fu facilitato dal fatto che i francesi non avevano alcuna esperienza di politica, cosa che lasciava loro campo libero»
Le radici del potere. Tocqueville
La Democrazia in America di Tocqueville è il primo esempio di uno studio sistematico ed empirico degli effetti del potere politico sulla società moderna. In L'antico regime e la rivoluzione, egli analizza le origini del moderno potere politico, e i suoi aspetti paralleli di centralizzazione e burocratizzazione. Tesi centrale tocquevilliana: il potere della moderna democrazia ha le sue radici nell'opinione pubblica; il declino della comunità aristocratica e la liberazione dell'uomo dalle antiche autorità sono i requisiti storici necessari perchè il potere faccia la sua apparizione nello stato democratico nazionale. Tq concepì la democrazia non come un sistema di libertà, ma di potere. Le fonti del potere democratico risiedono prevalentemente nelle forti tendenze della storia moderna al livellamento degli status e dei ranghi. Il processo si è svolto con gradualità nella storia moderna. Si è basato in primo luogo sullo sgretolmento delle identità sociali medioevali degli individui e, secondariamente, sulla centralizzazione del potere politico. Fra uguaglianza e centralizzazione c'è, quindi, una inevitabile affinità.
In una democrazia, cosa porta alla centralizzazione?
Cause della variabile intensità del processo:
1) In una democrazia, il grado di maggiore o minore centralizzazione è principalmente condizionato dal fatto che la sua esistenza sia determinata da un processo graduale, come negli Stati Uniti, o da un'improvvisa rivoluzione => il bonapartismo era inevitabile in Francia.
2) Tq nota un legame fra classi inferiori e potere centralizzato. Le classi inferiori tendono ad esercitare un'influenza nella prima fase della rivoluzione, ma, questo equilibrio in seguito cambia => di solito è l'aristocrazia conquistata che tenta di affidare allo stato la conduzione di tutti gli affari, perchè teme la tirannia del popolo divenuto suo pari e non di rado suo padrone.
3) opposto effetto che ha l'ignoranza della massa sotto un regime aristocratico o democratico. In un'aristocrazia, l'ignoranza della massa non porta necessariamente alla centralizzazione. Molto diverso è il caso in una democrazia, dove non esistonopoteri intermedi e in cui l'ignoranza del popolo lo pone più direttamente alla mercé del governo centrale. Il che facilita ulteriormente la concentrazione di tutti i poteri.
4) Il quarto fattore è la guerra, che ha un effetto fortemente centralizzante sull'amministrazione democratica. E' principalmente in occasione di una guerra che le nazioni desiderano, e ne hanno bisogno, di aumentare i poteri del governo centrale.
5) Ma il fattore più importante che, in una democrazia, porta alla centralizzazione del potere, è la nascita e il carattere del capo. Il popolo non è mai così felice di trasferire tutti i poteri al suo capo come nel caso in cui senta che questi per origine e natura è uno dei suoi. La sola condizione necessaria per la centralizzazione del supremo potere in una comunità democratica è quella di amare l'uguaglianza, o di indurre gli altri a credere che la si ami.
Effetti del potre democratico sulle istituzioni sociali: mina il localismo e la gerarchia.
Effetto del potere popolare sull'autorità della famiglia: conflitto fral'autorità tradizionale del padre ed emergere di altri membri della famiglia.
Religione, chiesa e professioni: impoverimento della loro funzione di mantenere la tradizione o di servire come contesto culturale. Solo la professione legale sembra mantenere la stessa autorità tradizionale.
Tq fu il primo sociologo del militarismo: egli nota un profondo conflitto interno fra la preferenza della democrazia civile per la pace e la preferenza per la guerra degli eserciti democratici => fra tutti gli esrciti del mondo, quelli in cui la carriera tende a essere più lenta, in tempo di pace, sono gli eserciti dei paesi democratici. I militari tendono ad essere ignorati, perfino disprezzati, in tempo di pace => si verifica il fenomeno opposto di quello che avveniva in aristocrazia: gli uomini che entrano nell'esercito non appartengono più alle classi superiori, ma a quelle inferiori.
Conseguenze della democrazia sulla amministrazione, che distingue nettamente dalla sovranità => passaggio storico da un'amministrazione di volontari non pagati ad una di impiegati salariati. Questo processo di burocratizzazione ha subito con la democrazia una rapida accelerazione. Tq sostiene che è possibile misurare il progresso della democrazia in un paese, sulla base del grado in cui una burocrazia salariataha rimpiazzato la precedente attività volontaria.
Conflitto tra lo sviluppo della democrazia e l partecipazione popolare: l'amministrazione pubblica è sempre più confinata in un unico luogo e concentrata nelle stesse mani.
Esiste uno stretto rapporto fra centralizzazione e il tipo di proprietà che predomina nella democrazia: la proprietà industriale ha contribuito ad intensificare la tendenza verso un'amministrazione sempre più irregimentata e centralizzata.
Tq colse nella democrazia anche una fatale affinità fra «razionalismo cartesiano» ed opinione pubblica: eliminare i dogmi tradizionali in tutte le loro forme rafforza l'opinione pubblica, rende il senso comune di ciascuno una guida adeguata per la soluzione di tutte le difficoltà e di tutti i misteri => come la combinazione di egualitarismo e potere tende a ridurre le distinzioni sociali, la combinazione di razionalismo cartesiano con la pubblica opinione tende a ridurre le distinzioni intellettuali. Questi sono processi, a lunga scadenza, verso l'esaltazione del potere politico nella democrazia => col tempo, può apparire non più come potere, ma come libertà. Tale potere sarebbe simile all'autorità di un genitore se, avesse per fine quello di preparare gli uomini alla maturità, ma esso si sforza, al contrario, di mantenerli in una condizione di perpetua fanciullezza...
Necessità di controlli sulpotere politico, come avviene negli Stati Uniti (Democrazia in America.
Ancora più importante è la libertà di associazione. Tq distingue tra associazioni politiche e associazioni civili. «Se si vuole che gli uomini rimangano civili o diventino tali, l'arte di associarsi deve crescere e progredire in modo proporzionale all'uguaglianza delle condizioni».
Gli usi del potere. Marx
L'interpretazione data da Marx al problema del potere nella società differisce radicalmente da quella di Tocqueville.
La filosofia di Marx è la conseguenza lineare e concettuale delle quattro fasi del potere rivoluzionario: totalizzazione, massificazione, centralizzazione e razionalizzazione.
Differenze con Tq:
Per Tq le più gravi minacce del poterepolitico non possono che verificarsi nellesocietà più individualiste, cioè atomizzate e livellate; per Marx le uniche minaccie si verificano in società strutturate nel modo opposto, dove classi ed altre forme di differenziazioni sociali sono forti. Tq era convinto che fosse lasciato più spazio alla libertà personale in un regime aristocratico che in uno democratico; per Marx la forma democratica rappresentail primo passo per l'emancipazione dell'uomo che diventerà completa solo con la rivoluzione socialista. Per Tq il potere politico è contemporaneamente una causa di alienazione ed un rifugio dall'alienazione; per Marx il potere politico è alienazione (nel senso propriamente marxiano in riferimento alla classe, proprietà, religione). Alienazione e potere politico avranno entrambi termine quando l'uomo, con il socialismo, sarà completamente emancipato da ogni costrizione. «L'emancipazione umana sarà completa solo quando l'individuo reale avrà riconosciuto ed organizzato i suoi stessi poteri sociali, sìda non separare più da sé questo potere sociale sotto forma di potere politico», Cit. tratta da Sulla questione ebraica. In questo saggio, scritto cinque anni prima del Manifesto, è espressa la concezione marxiana della natura e del ruolo avuto dal potere politico nella storia europea.
Marx rivolge la propria attenzione al conflitto fra società civile e stato che, era già stato colto, anche se in termini diversi, da Tq. Per Marx ciò che ha un'importanza decisiva non è lo stato, ma piuttosto la società civile con le sue varie combinazioni di egoismo materialistico e forme di alienazione. Lo stato offre all'uomo (forte influenza di Rousseau) una concezione della comunità contrastante con tutto quello che rappresenta la società civile.
In breve, ciò che Marx, come Rousseau, vuole sottolineare è la ten sione rivoluzionaria fra qualità di cittadino e qualità di membro della società civile. Dalla sua concezione politica della cittadinanza, Marx deriva forse un modelle della sua apocalittica visione della finale emancipazione «umana», mediante la quale l'uomo si libererà dalla alienazione politica così come da quella economica, religiosa e sociale.
Marx condivideva l'avversione di Rousseau per tutto ciò che accentua nell'uomo un'identità separata, differenziata e l'amore di Rousseau per tutto ciò che sottolinea l'identità fra l'uomo e la comunità o, come dice Marx la «specie». Nel suo Contratto sociale, aveva dichiarato che una volta che l'uomo fosse entrato nella vera comunità politica, avrebbe rinunciato a tutti i suoi diritti individuali e ne avrebbe acquistati di nuovi, basati sulla qualità di cittadino.
Ne La sacra famiglia Marx scrisse «è stato dimostrato che il riconoscimento dei diritti dell'uomo da parte dello stato moderno ha lo stesso significato del riconoscimento della schiavitù da prte dello stato antico. Il fondamento dello stato antico era la schiavitù, quello dello stato moderno è la società civile e l'individuo della società civile, cioè loschiavo del lavoro e del salario, dei suoi e degli altrui bisogni egoistici».
«Nei periodi in cui lo stato politico viene violentemente alla luce nella società civile, e in cui gli uomini lottano per la loro liberazione tramite l'emancipazione poitica, lo stato può e deve procedere all'abolizione ed eleminazione della religione; ma solo allo stesso modo in cui procede alla distruzione della proprietà privata» ... «In questi momenti in cui lo stato raggiunge la massima coscienza di sé, la vita politica cerca di soffocare i suoi stessi presupposti fondamentali - la società civile e i suoi elementi - e di imporsi come la vita autentica e armoniosa della specie umana. Può raggiungere questo scopo soltanto ponendosi in violenta contraddizione con le sue stesse condizioni di esistenza, dichiarando uno stato di rivoluzione permanente». Marx deve a Rousseau (che a sua volta aveva influenzato Hegel) il senso dello stato come struttura fondata sui legami diretti di lealtà, fedeltà, e dedizione di individui liberati da ogni altro vincolo conflittuale.
In Marx, come in Rousseau, è implicita una concezione dell'uomo come naturalmente dotato di sentimenti e facoltà che, nel corso dello sviluppo della società, si sono alienati in istituzioni a lui esterne che lo rendono schiavo. Il solo mezzo per porre fine a questa alienazione e restituire all'uomo le sue facoltà è la rivoluzione, che assume così una funzione politica essenziale. «L'aspetto politico di una rivoluzione sta nel movimento delle classi politicamente subalterne teso ad eliminare la loro esclusione dalla vita politica e dal potere».
=> «La rivoluzione, cioè il rovesciamento della struttura di potere dominante, .. è un atto politico senza il quale il socialismo non si può realizzare. La sua realizzazione richiede questo atto politico .., ma non appena comincia la sua attività organizzatrice, .. il socialismo si libera di questa copertura politica». Questo passo fu scritto cinque anni prima della pubblicazione del Manifesto ed è, sotto molti aspetti, l'enunciato più importante che Marx abbia scritto a proposito della politica futura del socialismo.
«Il potere centralizzato dello stato ha origine ai tempi della monarchia assoluta e costituisce un'arma potente al servizio della nascente classe media nella lotta contro il feudalesimo». (In questo passo come nel successivo Marx si avvicina a Toqueville). Napoleone, dice Marx, capì chiaramente la natura dello stato moderno e rappresentò l'ultima fase di quel terrorismo instaurato dalla rivoluzione contro la società civile e la sua politica. Comprese l'importanza tattica dei provvedimenti presi da Napoleone per nazionalizzare, monopolizzare e centralizzare la via economica ed intellettuale francese.
Marx formulò valutazioni altamente sofisticate sul ruolo della burocrazia nello sviluppo delle strutture governative europee:
(Analogie con Tq: l'organizzazione burocratica sorse ai tempi della monarchia assoluta, con la rivoluzione francese si sviluppò la centralizzazione e con Napoleone si perfezionò questo meccanismo statale).
Allo stesso modo in cui il potere politico è destinato a perdere il suo carattere politico una volta rovesciata la classe dei capitalisti, si può presumere che anche l'amministrazione governativa sia destinata a perdere la sua natura burocratica.
Engels:«L'autorità del singolo individuo dovrà sempre essere subordinata, il che significa che ogni questione sarà risolta in modo autoritario.. Per lo meno per quanto riguarda le ore di lavoro, sui cancelli di queste fabbriche si potrebbe scrivere: lasciate ogni autonomia, voi che entrate [in italiano nel testo]» .. «Voler abolire l'autorità della grande industia equivale a voler abolire l'industria stessa, a distruggere il telaio meccanico per ritornare all'arcolaio». In Engels c'era poco dell'utopista. E' da ritenere che le sue parole abbiano espresso nella sostanza quelle di Marx, dato che egli stesso non le ha mai ripudiate.
Per Marx, ciò che il capitlismo ha fatto di positivo è stato il sistema industriale e tecnologico. Il capitalismo, come sistema di rapporti sociali, è destinato ad estinguersi e con lui il potere politico, ma non la grande industria, la tecnologia e la disciplina ad esse connesse.
La razionalizzazione dell'autorità. Weber
La contrapposizione fra società tradizionale e moderna costituisce per Weber , come per Tocqueville e Marx, la base fondamentale della teoria del potere. Tuttavia, in termini morali, le posizioni di Weber e Tq sono diverse da quelle di Marx. E Weber è ancora più pessimista di Tq per ciò che riguarda il futuro politico occidentale. Nucleo fondamentale dell'analisi weberiana dello studio del pensiero politico è l'affinità tra il principio di razionalizzazione, (per Tq lo è l'uguaglianza sociale) e la centralizzazione del potere politico.
Il termine"ristocratico" in Tq = "tradizionale" in Weber.
La superiore rilevanza culturale dello sforzo compiuto da Weber è testimoniata dal fatto che le sue categorie sono state quasi universalmente assunte come fondamentali dagli studiosi contemporanei.
- 3 tipi di dominio, che Weber riscontra in tutte le società:
1) Il tipo tradizionale........... Le persone designate all'esercizio dell'autorità sono designate secondo regole stabilite dalla tradizione.
2) L'autorità razionale.......... E' caratterizzata dalla burocrazia.
3) L'autorità carismatica........... Leadership carismatica.
- Principio di razionalizzazione:
Proprio come Tq concepì la struttura del potere moderno nei termini della influenza formativa dell'uguaglianza, Marx in quelli dello scontro dialettico, Tönnies nella transizione da Gemeinschaft a Gesellschaft, così Weber l'epitomizza in un processo di razionalizzazione cominciato nell'alto Medio Evo, continuato fino al giorno d'oggi, la cui conclusione non è più prevedibile di quella dell'egualitarismo, della dialettica o della Gesellschaft.
La razionalizzazione delle forme di governo - implicante la centralizzazione, la generalizzazione e l'astrazione del potere - ha portato l'Europa dal feudalesimo, attraverso le monarchie assolute, all'organizzazione democratica dello stato contemporaneo.
La differenza più profonda fra Weber e i marxisti: Per Weber il socialismo non costituisce l'antitesi del capitalismo, ma anzi rappresenta l'estensione delle sue proprietà essenziali (razionalizzazione, burocrazia e meccanizzazione sono destinate ad assumere un ruolo ancora più dominante).
- Burocrazia (rientra nell'ambito della categoria weberiana del dominio razionale):
E' la forma di gerarchia che si sostituisce all'autorità patrimoniale, carismatica o tradizionale, quando (l'economia, il governo, la religione, l'educazione, l'esercito..) qualsiasi istituzione sociale si struttura nei seguenti modi:
Secondo «il principio delle aree giurisdizionali fisse ed ufficiali, generalmente ordinate da leggi o regolamenti amministrativi», provvedendo «all'adempimento regolare e continuo di questi doveri e all'attuazione dei diritti corrispondenti».
La burocratizzazione è, per Weber, una importante manifestazione del principio storico della razionalizzazione. Mentre Tq presentava la democrazia come una fase dello sviluppo verso la collettivizzazione e centralizzazione del potere, Weber la presenta come una espressione del processo di burocratizzazione.
Weber è il sociologo della «rivoluzione organizzativa»; ivoluzione che Marx non ha colto, data la sua tendenza a concentrarsi sul dominio della proprietà privata. Weber dimostra che nella storia moderna vi èuna forte tendenza alla graduale sostituzione di un ordine basato sullo status di proprietario con un ordine basato sull'organizzazione. => Weber aveva notato che molti dei privilegi, poteri ed obbligazioni prima connessi alla proprietà eranopassati all'amministrazione.
La figura del demagogo: è stato il tipico leader politico dell'occidente. Anche la demagogia moderna fa uso della oratoria, se si considerano i discorsi elettorali. Tuttavia la carta stampata ha effetto più duraturo, il pubblicista politico e soprattutto il giornalista sono oggi i rappresentanti più importanti della specie demagogica.
Di qui il conflitto fra democrazia e burocrazia: come Tq, anche Weber si è reso conto che, malgrado il rapporto funzionale fra le due forze, sarebbe arrivato il momento in cui l'obbiettivo morale della democrazia, non avrebbe più potuto essere mantenuto, data la crescente centralizzazione. Il robot si sarebbe ribellato al suo padrone. Questo fenomeno disumanizzante era, per Weber, fonte di sempre maggiore preoccupazione ed apprensione.
R. Michels: (allievo di Weber) Lo spirito burocratico corrompe il carattere e genera povertà morale. Col progresso dell'organizzazione, la democrazia declina. L'evoluzione della democrazia ha un andamento prabolico. Regola ferrea: «l'aumento del potere dei capi è direttamente proporzionale con l'estensione dell'organizzazione».
L'analisi di Michels si pone in linea alla più genuina tradizione di Tq e Weber.
«Le correnti democratiche della storia sono simili ad ondate ce si succedono, si rompono sempre sullo stesso fondale e sempre si rinnovano. ... E' probabile che questo gioco crudele sia destinato a continuare in eterno».
La funzione dell'autorità. Durkeim
Il concetto di autorità dopo quello di comunità è il tema dominante della sua sociologia. All'inizio considera la legge come l'unica reale forma di solidarietà sociale. Successivamente abbandona questa rigida posizione.
La disciplina è un bene: punto centrale dell'Educazione morale. Disciplina significa autorità all'opera e l'autorità è inseparabile dalla struttura della società. La società si manifesta soltanto nelle diverse forme di costrizione che salvano l'individuo dal vuoto. L'autorità e la disciplina formano il vero tessuto della personalità; senza l'autorità, per l'uomo non esiste senso del dovere e nemmeno reale libertà.
«Non c'è forma di attività sociale che possa fare a meno della appropriata disciplina morale. Gli interessi dell'individuo non coincidono con quelli del gruppo cui appartiene e, anzi, c'è spesso un reale antagonismo fra gli uni e gli altri». => Di qui la necessità di un qualche sistema che glieli imponga.
Disciplina morale: «è un codice di regole che indica all'individuo quello che deve fare per non danneggiare gli interessi collettivi e per non disorganizzare la società di cui fa parte».
«La libertà è il frutto della regolamentazione. Praticando le regole morali noi sviluppiamo la capacità di governare e regolare noi stessi, che è la vera realtà della libertà».
Il profondo interesse teorico di Durkheim per il concetto di autorità ha spesso suscitato accuse, peraltro ingiuste, di «collettivismo», «autoritarismo» e «nazionalismo». Tale identificazione è errata => il pensiero politico di Durkheim tende all'estremo opposto. Egli facev propri principi come quelli dell'uguaglianza legale, dei diritti civili, del dominio della legge e della libertà politica. Durkheim deve essere collocato, come Tq, frai pluralisti. L'autorità è il fondamento dllo stato, tuttavia essa è plurima, presente in egual misura nei corps intermédiaires (associazioni mediatrici).
Critica allo stato: netta distinzione tra società e stato - comune a tutti i pluralisti - pone l'accento sull'autorità compatibilmente con una posizione politica incontestabilmente liberale.
Solo quando l'individuo è ben radicato in un sistema di autorità sociale e morale è possibile la libertà politica.
L'autorità, per Durkheim, affonda le proprie radici in valori morali che, alla fine, tendono alla legittimità, altrimenti non è autorità, ne è solo l'apparenza.
Un primo serio interesse per il triplice rapporto fra lindividuo, l'autorità sociale e il potere dello stato (pagine finali del Suicidio): egli riflette sulle misure necessarie alla restaurazione di un tipo di autorità sufficiente a controllare la disorganizzazione morale di cui il suicidio è una manifestazione rilevante.
Il problema del suicidio e l'attuale situazione della famiglia coniugale sono entrambi esempi del declino dell'autorità.
A questo proposito neanche l'educazione ha un ruolo rilevante.
L'unico rimedio «è ridare consistenza ai gruppi sociali in modo che facciano più presa sull'individuo, il quale deve sentirsi più solidale con una esistenza collettiva che lo precede nel tempo, sopravvive alla sua morte e lo circonda in tutte le parti. Rendendosi conto di essere lo strumento di un fine più generale, farà di tutto per esserne degno. .. Ma su quali gruppi si può fare affidamento per rafforzare costantemente nell'uomo questo salutare sentimento di solidarietà?».
Non sulla società politica, non sullo stato, non sulla società religiosa.
Siamo preservati dal suicidio egoistico, conclude Durkheim soltanto «nella misura in cui siamo socializzati».
Risposta: Riproposizione di una forma adattata di corporazione, cioè di una associazione professionale specificamente adattata al carattere dell'industria moderna. Tali corporazioni sarebbero dei depositi di autorità morale sufficienti a frenare gli impulsi egoistici (e quindi suicidogeni) degli uomini. Sia il suicidio di tipo anomico che quello di tipo egoistico sarebbero in tal modo controllati.
Il nostro sviluppo storico, scrive Durkheim in un passo alla Tq, ha spazzato via tutte le precedenti forme di organizzazione sociale mediatrice. Solo lo stato è sopravvissuto alla tempesta della storia. L'azione dello stato moderno implica un paradosso: assorbendo funzioni precedentemente svolte da altri gruppi, e così ampliando ulteriormente una già ampia burocrazia, ha teso ad un livellamento dei ranghi sociali e ad una atomizzazione dei gruppi sociali, facendo delle popolazioni una specie di banco di sabbia.
L'uomo non può aderire a superiori finalità e sottomettersi ad una regola se non vede al di sopra di sé qualcosa cui appartenere.
=>Le associazioni professionali: sono destinate ad essere le unità essenziali della società.
Impostazione teorica del rapporto fra autorità e potere. La società politica implica «poteri intermedi, subordinati e dipendenti». Se non ci sono gruppi secondari (famiglia, chiesa, corporazione..), non c'è autorità politica.
Conflitto sempre presente in potenza e talvolta in atto, fra lo stato e queste stesse autorità. L'individuo rappresenta il terzo vertice del triangolo che esprime questo rapporto di forze.
«L'istituzione di un'autorità dispotica non deve essere considerata come l'eliminazione dell'individuo, ma, al contrario, essa rappresenta il primo passo verso l'individualismo».
Fuori dalla società, l'uomo non avrebbe conseguito la posizione che lo distingue dagli animali. Bisogna, tuttavia, considerare anche un'altro aspetto, quello repressivo. E' caratteristico di ogni forma di associazione tendere al dispotismo, in mancanza di forze esterne che lo impediscano. L'unico mezzo per impedire alle autorità secondarie, vecchie o nuove, di fagocitare i loro singoli membri, privandoli delle diversità rese possibili dalla individualizzazione, è la presenza di una più grande e vasta forma di associazione capace di creare la possibilità legale di una identità individuale distinguibile dai gruppi sociali cui gli uomini in prima istanza appartengono. Quanto è sottratto ai gruppi sociali va, in parte, allo stato, ed entra a far parte del suo nuovo sistema giuridico, ma va anche, in parte, ai singoli cittadini sotto forma di diritti loro concessi.
Funzione fondamentale dello stato: «liberazione delle personalità individuali».
=> conclusione: è da questo conflitto di forze sociali che nascono le libertà individuali. Nb: importanza dei gruppi, che non si limitano solo a regolare e governare gli interessi ma costituiscono una delle condizioni essenziali della emancipazione dell'individuo.
Le forme di autorità. Simmel
Nonostante le notevoli differenze fra Simmel e Durkheim, si può notare una similarità delle loro concezioni della funzione dell'autorità nell'orrdine sociale e dell'origine e del mantenimento della personalità (nonostante vi sia in Simmel una definizione e una priorità dell'individuo).
Prescindendo dal contenuto della legge morale, la «pura coazione giuridica a stare insieme sviluppa valori individuali di natura eudemonistica ed etica che .. senza coazione, non si potrebbero mai realizzare».
L'autorità svolge una funzione integrativa, è il vincolo costituente della lealtà umana. La lealtà e le obbligazioni verso il gruppo sarebbero fluttuanti, se non fosse per la rigida, inflessibile struttura dell'autorità, che serve non soltanto le finalità del gruppo ed i suoi valori ma anche il legame vitale fra gruppo ed individuo.
La società segreta offre esempi di cieca ed incondizionata obbedienza ai capi => tanto più criminali sono i suoi scopi, tanto più illimitato è il potere dei capi e la crudeltà del suo esercizio.
Conflitto fra società segreta e più vasto sistema di autorità legale o potere da cui è circondata. Quando una forte centralizzazione (particolarmente politica) è lo scopo della società in generale, questa entra in urto con tutte le associazioni particolari, prescindendo dai loro fini e contenuti. Il semplice fatto di essere unità, mette questi gruppi in competizione col principio di centralizzazione che vuole la prerogativa esclusiva della fusione degli individui in una forma initaria. Tutta la storia delle sette religiose e dei movimenti rivoluzionari è un esempio di questo fenomeno. Simmel, nonostante si interessi principalmente ai più profondi caratteri dell'autorità, non trascura di considerare il rapporto che essi hanno con le istituzioni di più vasta portata e le norme più generali della società. Studio dell'«autorità»: essa può derivare direttamente dagli individui , dalla naturaparticolare della personalità, oppure può essere raggiunta perchè un potere sovraindividuale investe una persona di una reputazione, un potere, che non potrebbero mai scaturire dalla sua individualità.
Caratterizzazione della massa politica: In The Individual's Superiority over the Mass, Simmel enuncia tutte le essenziali caratteristiche del moderno stato di massa, al quale si riferisce come ad una «tragedia sociologica». La massa, egli scrive, è «un nuovo fenomeno, formato non dalla totalità dei suoi membri, ma soltanto da quei frammenti di essi in cui ciascuno coincide con tutti gli altri. Tali frammenti, di conseguenza, non possono essere che i più bassi e primitivi» => Simmel colloca la massa politica in un modello più universale e categorico.
Tertius gaudens: il potere esercitato da una terza persona, o partito, puramente in virtù del fatto di essere terzo => collegata a questo è la sua elaborazione in termini sociologici del divide et impera, nota tattica politica trasformata ora in un modello astratto, un terzo guadagna potere promuovendo abilmente un contrasto fra gli altri due.
L'opera più importante di Simmel sulla natura dell'autorità è Superordination and Subordination: troviamo lo stesso rapporto contestuale fra i suoi tipi formali di autorità ed il concreto sviluppo storico dell'Europa moderna già osservato in Weber (nelle categorie di autorità tradizionale e razionale).
Autorità sulle persone è in contrasto col dominio sulle cose => presuppone la presenza di un certo grado di libertà nella persona soggetta all'autorità. Agendo «autoritariamente», la quantità della sua importanza si traforma in una nuova qualità => assume per il suo ambiente la consistenza fisica di obbiettività. La reciprocità è l'essenza dell'autorità personale (altrimenti: tirannia). Dovunque ci sia confronto formale c'è interazione; e, per principio, l'interazione contiene sempre delle limitazioni per ciascuna parte del processo.
I tre tipi fondamentali di sovraordinazione e subordinazione:
1) Centralizzazione individuale di autorità:
- livellamento (analogie con Tq) => rapporto di interazione con la centralizzazione. Due tipi di livellamento:
per differenze di rango, che resiste fortemente al dispotismo; per differenze di caratteri, ma offre debole resistenza.
- piramide => i subordinati sono disposti rispetto al capo in posizioni di potere gradualmente ordinate. Due origini: potere autocratico del sovrano che lascia «scivolare verso il basso»; conversione di autorità, precedentemente autonome in fasi ordinate della piramide del potere.
2) Subordinazione ad una pluralità. Tre tesi:
- maggiore impersonalità
- crescente corporativismo
- problema del pluralismo culturale, etnico e geografico
3) Subordinazione ad un principio: «transizione fondamentale del rapporto di obbedienza dal personalismo all'oggettivismo». => Potere oggettivo, metropoli, alienazione (modello moderno. Es: status di lavoratore). Analogia con la tesi di Durkheim dell'autorità della coscienza collettiva. Es: non uccidere, ha assunto forza impersonale, oggettiva.
Rapporto tra dominio e libertà: Libertà come possibilità di utilizzarla per dominare sugli altri.
Ambiguità del rapporto tra libertà e uguaglianza: Uguaglianza come prima conseguenza della libertà, ma è solo uno stato transitorio => nessuno è soddisfatto della posizione che occupa rispetto ai suoi simili. Ciascuno desidera conseguirne una che sia, in qualche modo, più favorevole. L'impulso che, in nome della libertà, genera le prime lotte per diventare uguale al potere dominante, continua a generare il desiderio di superare quel potere stesso ed altri simili.
V - Lo «status»
L'emergere della classe
Punto centrale dell''interesse della sociologia per la stratificazione è la netta distinzione, operatasi da Tocqueville in poi, fra classe e status sociale. L'interesse per una gerarchia social non si era certo sviluppato solo nel diciannovesimo secolo: L'idea largamente diffusa della «grande catena dell'essere» aveva affascinato i filosofi europei, da Platone fino all'Illuminismo. Nulla però in paragone alla profondità e all'ampiezza con la quale il problema della stratificazione è stato trattato dopo che le forze della democrazia rivoluzionaria e dell'industrialismo si eranoimposte nel diciannovesimo secolo. Conservatori, liberali e radicali in egual misura hanno fatto del concetto di classe sociale uno dei temi fondamentali dei loro scritti => nodo centrale è il problema del futuro sviluppo delle classi sotto la spinta delle forze storiche. Cambiamento basilare del modo di concepire la società e della sociatà stessa. Nuova terminologia, nuova concezione della gerarchia sociale, nuove forme di subordinazione.
Il modello della classe
Importante ruolo svolto dalla classe terriera inglese -> tipo ideale. Essa ha rappresentato l'elemento noto sulla cui base molti studiosi della stratificazione - Marx incluso - hanno tracciato il proprio itinerario nell'ignoto della società industriale. Rilevante è la sua base sia economica (fondata sulla proprietà della terra) sia politica (dei grandi non pagati) =>alto senso di responsabilità, classe modello per tutti i conservatori.
C'era ben poco delle caste: nessuna barriera divideva le classi, tuttavia le possibilità diaccedervi erano poche.
Funzioni principali della classe terriera inglese: politica nazionale, amministrazione locale, giustizia e servizio nelle forze armate.
Vi era un alto grado di convergenza dei vari attributi dello status sociale, i caratteri che distinguevano una persona educata erano chiari e riconosciuti da tutti. L'idea del gentleman era una realtà inequivocabile, egli stabilì lo stile di tutto ciò che possedeva prestigio e potere (modo di vestire, gusto, convinzioni).
Conclusione: Se la struttura era dominata dalla norma sociale del gentleman, ilmonopolio quasi assoluto del potere politico e le sue profonde radici nella proprietà ne costituivano le fondamenta. La forza della classe terriera è deducibile dal grado in cui le sue proprietà puramente culturali hanno mantenuto in Inghilterra il loro potere evocatore anche dopo che le sue basi concrete economiche e politiche sono state messe in crisi dai mutamenti economici e dalle riforme politiche => la fonte storica della cultura in Inghilterra è indubbiamente la classe terriera.
La sfida della classe
Data la forma astratta dell'analisi economica, l'influenza rafforzante e spesso vitale della classe terriera fu raramente compresa. Gli economisti,per la maggior parte, erano prigionieri di categorie ereditate da Smith e Ricardo. Per chi aveva un interesse sociologico, tuttavia, il profilo dlla vecchia classe terriera appariva distinto. Il capitalismo porterà allo sviluppo di una classe superiore e di una inferiore, distinte politicamente, socialmente e culturalmente, qunto quelle dell'ordine pre-capitalista?
Principale controversia nello studio della stratificazione sociale:
classe sociale contro status sociale.
Due principali tipi di valutazione della stratificazione europea:
a) Borghesia del mondo industriale = aristocrazia terriera (posizione dei radicali, di cui il maggior sostenitore è Marx)
b) Il rimescolamento delle categorie sociali avrebbe determinato l'affermarsi dello status sociale, più mobile, autonomo e diversificato della classe. (posizione dei conservatori, di cui Tocqueville è il principale sostenitore)
Nb: non vi è una contrapposizione netta,nessun sociologo ha mai trascurato completamente la classe.
La differenza fra conservatori e radicali per ciò che riguarda la natura e la realtà della classe sociale è una specie di anagramma della differenza che passa tra la realtà e l'utopia.
Queste due posizioni ideologiche costituiscono gli opposti poli magnetici per lo studio della stratificazione nel diciannovesimo secolo. Tocqueville ne rappresenta perfettamente un polo, mentre Marx quello opposto, la dominante concezione sociologica della stratificazione, che alla fine emerge - specialmente in Weber - deve essere vista come il risultato dell'incontro delle due forze rappresentate da Tocqueville e Marx.
Il trionfo dello status. Tocqueville
La base dell'ordine moderno è costituita per Tq dal livellamento => forte tendenza verso l'uguaglianza. Tema di fondo della sua sociologia della stratificazione: dissoluzione dellaa classe sociale, centralizzazione politica e individualismo, dispersione del potere nella massa democratica, burocrazia politica, virtuale santificazione della normaa dell'uguaglianza, incessante competizione per la ricchezza e forte stimolo al conseguimento dello status in una società in cui ciascuno si considera uguale a tutti gli altri. Queste ed altre forze rendono impossibile l'esistenza di una vera classe sociale. Lelinee di classe che persistono sono evanescenti testimonianze della moderata influenza una volta esercitata dalla classe terriera (Stati Uniti)
Sotto un unico aspetto Tq vede le linee di una classe, cioè della classe industriale. Tq non ha considerato il sistema della divisione del lavoro con lo stesso ottimismo dei suoi contemporanei liberali. Egli non vede progresso, ma degradazione dalla specializzazione del lavoro=> caratteristico esempio della sua visione alienata della società moderna. La degradazione è un aspetto permanente della società, destinato solo a rafforzare la superiorità e l'influenza della classe industriale nella democrazia. Quest'ultima diventa più potente e, come categoria, meglio difesa, in proporzione alla degradazione della classe lavoratrice.
Importante accento sul ruolo del denaro nella società democratica.
La diffusione dell'uguaglianza politica e morale porta ad un distruttivo ed ansioso interesse per lo status. Ma gli uomini non saranno mai capaci di instaurare un'uguaglianza che li soddisfi => il desiderio di uguaglianza diventa tanto più insaziabile quanto più l'uguaglianza tende ad essere completa. L'importanza del ruolo giocato dal denaro acutizza il fenomeno.
Il sistema degli status negli Stati Uniti (il nuovo riccoamricano..)
Il rapporto servo padrone nella moderna società democratico-commerciale:
-Nella comunità aristocratica, nella classe di servitori vi era concezion di onor, dedizione, virtù e fama, come in quella dei padroni. «Nell'aristocrazia il padrone spesso esercita, anche senza rendersene conto, una straordinaria influenza sulle opinioni, le abitudini ed i modi di coloro che gli obbediscono; tale obbedienza è persino più estesa della sua autorità... servo e padrone.. il tempo finisce per legarli insieme».
-In democrazia, «le leggi dichiarano che non vi sia una inferiorità naturale o permaneente delservitore ni confronti del padrone. .. tuttavia .. dentro di se il padrone è convinto di ppartenere ad una razza particolare e superiore, non osa dirlo, ma rabbrividisce all'idea di abbassarsi allo stessolivello dei servi». La loro autorità diventa aspra e timida, e non usano più verso i servi quei sentimenti di gentilezza che sempre produce un potere lungo e incontestato. E si sorprendono che inseguito al loro cambiamento anche il servitore sia cambiato, perseguiato quest'ultimo da quello che Tq chiama il «confuso ed imperfetto fantasma dell'ineguaglianza».
«E' in atto una segreta guerriglia interna fra poteri sempre rivali e sospettosi gli uni degli altri. .. Nessuno capisce esattamente cosa potrebbe o dovrebbe fare. .. Una situazione del genere non è democrazia, ma rivoluzione. ..Tale situazione, secondo Tq, caratterizza la Francia dopo la rivoluzione.
La società americana, a suo parere, si situa invece in qualche modo fra i due estremi del rapporto servo padrone.
Rapporto negri-bianchi negli Stati Uniti, emancipazione e schiavitù. Il fattore che rende più difficili le condizioni dei neri è in particolare la loro visibilità. In un ultima esplosione di pessimismo: «Il pregiudizio razzista appare più forte negli stati che hanno abolito la schiavitù che in quelli in cui essa tuttora esiste ed in nessuna è così intollerante come in quelli in cui la schiavitù non è stata mai conosciuta ».
Nota su Le Play, Taine e Durkheim
In questi autori, la concezione dlla stratificazione di Tq costituisce uno degli elementi fondamentali.
Le Play: la sua trattazione, tuttavia, non va al di là dell'analisi della famiglia e della comunità. Il trionfo della fluidità dello status: l'inuguaglianza è talmente radicata nella condizione umana, che l'eliminazione delle classi può solo avere come conseguenza una accentuazione dello status. L'irrazionale opposizione politica ed intellettuale alla vera gerarchia come elemento essenziale dell'ordine e della libertà, può portare solo ad espliosioni di competizione e sfruttamento di status, spesso peggiori di qualsiasi fenomeno possa accadere in società chiaramente aristocratiche.
Nelle classi inferiori la falsa nozione di uguaglianza determina nel modo più diretto l'antagonismo sociale. Produce sentimenti di ambizione che non possono essere soddisfatti se non in persone di qualità non comuni.
Taine: Nel vecchio ordine la struttura di classe della società era come una «grande scala sociale» => malgrado questa visibile separazione di piani, la gente aveva accettato l'abitudine di restare nella condizione in cui era collocata. Nell'ambito di questo sistema, gli individui dotati di talento, non riuscendo ad impiegare il loro talento in patria perchè per nascita era loro preclusa l'ascesa alla scala sociale, tendevano ad andare all'estero.
Durkheim: Ci colpisce la sua quasi totale mancanza di attenzione per la classe sociale.
La cristallizzazione della classe. Marx
Quello che Marx ci offre è una visione della società moderna basata su una solida realtà classista, una realtà in cui il potere, la ricchezza e lo status sono fondati sulle classi come nel feudalessimo. La nostra epoca, l'epoca della borghesia, possiede, tuttavia, questa caratteristica: ha semplificato l'antagonismo classista. La società nel suo insieme si va sempre più scindendo in due grandi campi ostili, in due grandi classi l'una contrapposta all'altra:
la borghesia e il proletariato
Era ovvio che tutto quanto era esistito per secoli come aristocrazia terrierra prendesse ora la forma di una aristocrazia industriale, la borghesia. Al fondo della teoria di Marx c'è il fascino esercitato su di lui dalla borghesia. Nessuno a parlato di questa classe in modo più laudativo di quanto abbia fatto Marx nelle prime pagine del Manifesto. Dietro l'elogio di Marx si nasconde naturalmente una specifica intenzione rivoluzionaria. Tutta l'importanza rivoluzionaria che egli attribuisce alla borghesia nella creazione dell'Europa moderna, viene poi attribuita al proletariato impegnato nella creazione dell'Europa futura: la società socialista senza classi destinata, secondo Marx, a realizzarsi con la stessa inesorabilità con cui si sono realizzati tutti i precedenti stadi sociali. Al momento presente, tuttavia, la salute della borghesia è assolutamente essenziale per lo sviluppo embrionale del proletariato. Il proletariato può esistere solo su una base storicamente mondiale, così come il suo movimento, il comunismo, può avere soltanto una esistenza "storicamente mondiale". La borghesia è per Marx quello che la democrazia è per Tocqueville: la causa e la forma dell'essenza del regime moderno. Netto contrasto con Tq. Per Marx la lotta di classe è il principio, è la più fondamentale manifestazione sociale della dialettica nella storia, è la «causa efficiente» del movimento della società da uno stadio all'altro.
Il lavoro: dato il ruolo centrale giocato dal lavoro nella vita dell'uomo, ne consegue che la sua posizione nella stratificazione sociale del lavoro e della remunerazione relativa deve per forza determinare non soltanto il grado del suo potere, ma anche il suo status sociale e perfino la sua identità.
conclusione generale: «nella produzione sociale che li coinvolge, gli uominientrano in una serie di rapporti definiti che sono indispensabili ed indipendenti dalla lorovolontà; questi rapporti di produzione corrispondono ad uno stadio di sviluppo dei loro mezzi materiali di produzione. La somma totale di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, le fondamenta reali su cui sorgono le sovrastrutture legali e politiche e cui corrispondono forme definite di coscienza sociale. I modi materiali di produzione determinano il carattere generale dei processi sociali, politici e spirituali della vita».
E' il sistema di produzione che divide le antiche economie in padroni e schiavi, la società feudale in nobili e servi, il capitalismo moderno in capitalisti e lavoratori. I sommovimenti sociali, nella storia, sonosempre stati determinati da rivoluzioni il cui elemento centrale è la lotta fra le classi. Tale lotta è invariabilmente la conseguenza di una contraddizione che si sviluppa fra «forze materiali di produzione» (tecnologia) e «rapporti di produzione» (le classi sociali).
=> «I rapporti borghesi di produzione sono l'ultima forma antagonistica del processo sociale di produzione, .. le forzeproduttive che si creano i seno alla società borghese creano le condizioni materiali per la soluzione di questo antagonismo». La classe che detiene il potere materiale nella società, detiene allo stesso tempo quello intellettuale => le idee dominanti sonorappresentazioni borghesi. Soltanto attraverso una coscienza disciplinata della necessità della rivoluzione e della identificazione con gli interessi della classe lavoratrice, è possibile sottrarsi al totale dominio culturale della borghesia. Ne consegue la necessità di sviluppare un pensiero, una cultura ed una concezione del mondo proletarie.
Le armi con cui la borghesia ha abbattuto il feudalesimo si sono ora rivolte contro la borghesia stessa.
Dalla consapevolezza del lavoratore della condizione di classe in cui si trova costretto verrà, deve venire, una coscienza proletaria collettiva.
Soltanto il conflitto può determinare la struttura classista dei vincoli di fedeltà e di consapevolezza ed impedire la frammentazione dei legami di classe che, in mancanza di conflitto, ridurrebbero la classe ad un semplice «livello». «I singoli individui formano una classe in quanto devono combattere una comune battaglia contro un'altra classe, altrimenti si vengono a trovare in competizione ed ostilità fra loro». Distinzione tra classe in sé e classe per sé: «Il dominio del capitale ha creato per la massa una situazione comune e comuni interessi. Di fronte al capitale questa massa è perciò già una classe, ma non lo è ancora per sé».
Il compito dei comunisti è anche di creare, o aiutare a creare, una coscienza di classe.
Il problema della stratificazione sociale in Marx quindi si risolve nel concetto di classe. Elemento centrale e costitutivo della società che lo circonda non è la frammentazione, ma il congelamento dei vincoli classisti.
L'influenza avuta da Marx sulla teoria della stratificazione è stata straordinariamente simile a quella di Darwin sulle idee della evoluzione e selezione naturale.
Le differenze tra l'ordine moderno e la concezione marxista di quell'ordine erano troppo grandi per essere contenute in una teoria tendente a fondere tutti i complessi elementi di potere, status e ricchezza in una semplice teoria della classe sociale. In Germania nel pensiero sociologico della generazione successiva a Marx si osserva la graduale separazione di ciascuno di questi elementi dagli altri e la formazione di nuove e più complesse teorie della stratificazione, fra le quali quella di Max Weber sarebbe risultata la più notevole.
La classe come Gesellschaft. Tönnies
Fu tuttavia la ricca tipologia di Gemeinschaft und Gesellschaft operata da Tönnies a preparare il terreno.
La lotta di classe poteva soltanto portare ad un fatale aumento della disorganizzazione, che coinvolgeva la vera e propria distruzione della cultura. Principale conseguenza della lotta di classe non era l' emancipazione della classe ma la disgregazione finale della Gemeinscahft. Le masse acquistavano coscienza di questa posizione sociale tramite l'educazione scolastica ed i giornali. Per Tönnies l'essenza del modernismo - cioè la Gesellschaft - consiste nella attenuazione della società tradizionale e dei rapporti morali, con conseguente spersonalizzazione della società, perdita di identificazione comunitaria e sempre maggiore influenza sull'uomo delle forze del diritto politico e dell'economismo egoistico. La concezione della classe che troviamo in Tönnies è straordinariamente simile a quella di Tq: piuttosto una categoria o un livello, che non un gruppo sociale permeato da autocoscienza o identità culturale. Nell'opera principale di Tönnies, Comunità e società, vi è ben poco sulla stratificazione. La classe, nel senso di insieme politico, sociale e culturale in cui Marx usa il termine, per Tönnies non esiste nella società moderna. La distinzione fra stato sociale e classe è altrettanto netta quanto quella fra Gemeinschaft e Gesellschaft. Gli stati sono concepiti come collettivi comunitari e le classi come collettivi socialitari. Altro elemento che li contraddistingue è la maggior rigidità degli stati contrapposta alla spesso estrema fluidità delle classi. Ne segue, che più uno stato s'identifica con una classe, più si disintegra, cioè più aumenta la mobilità dei suoi membri. Gli stati hanno vincoli culturali e religiosi oltre a quelli derivati dalla nascita e dalla occupazione. La classe, invece, è il prodotto di una società in cui predominano valori contrattuali e pecuniari. «La caratteristica determinante della classe è la coscienza di classe, proprio come quelladello stato è la coscienza di status». C'è un vero conflitto di classe allora, come ha sostenuto Marx? C'è, ma Tönnies mette accuratamente in rilievo che l'estendersi del suffragio politico ha fortemente contribuito a questa lotta, e ne resta il contesto. Tönnies è scettico, tuttavia, su fino a che punto i poveri possno sviluppare interessi politici comuni. I poveri votano spesso come pensano che i ricchi desiderino che loro votino. Il conflitto di classe è ulteriormente mitigato dai conflitti che si verificanoall'interno delle singole classi.
conclusione: «E' opportuno riconoscere che la lotta di classe stessa è in via di sviluppo e soggetta a continui cambiamenti».
Classe contro status. Weber
La distinzione fra potere politico, classe economica e status sociale raggiunge una completa chiarificazione teorica nell'opera di Weber. La burocrazia e partiti politici hanno ereditato la componente politica che una volta era parte della struttura gerarchica dello stato sociale e del rango. I partiti politici «vivono nella dimora del potere». «La giusta collocazione delle "classi" è nell'ambito dell'ordine economico, quella dei "gruppi di status" in quello dell'ordine sociale»
=> classe: sfera economica; status: ordine sociale; potere: partiti politici, anche se questo non significa isolamento ermetico tra i tre elementi.
Subordinazione aduna struttura piùmampia: La diversificazione è stata possibile soltanto attraverso «una societarizzazione di vasta portata e specialmente una struttura politica di azione comunitaria nell'ambito della quale operano»
Classe ha, chiaramente, un significato molto diverso in Weber e in Marx: Per Weber la classe si basa interamente sull'interesse economico -> la classe non è comunitaria (concetto che Weber definisce come il sentimento fondamentale dei membri di appartenere gli uni agli altri). «Porre, dal punto di vista concettuale, la "classe" sullo stesso piano della "comunità" porta a conclusioni deformanti».
Riepilogando. Weber. La moderna stratificazione sociale (3 elementi):
1) partiti politici -> potere
2) classi sociali -> fattori puramente economici. le lotte di classe appartengono al passato. Oggi la questione principale è la determinazione del prezzo del lavoro.
3) gruppi di status -> onore e desiderio di comunità, sua identificazione in uno stile di vita. si dividono in Positivamente privilegiati e negativamente privilegiati. La dignità è strettamente connessa all'onore. «Soltanto con i gruppi di status negativamente privilegiati il "senso di dignità" subisce una caduta specifica. Il senso di dignità è il riflesso individuale dell'onore sociale e delle esigienze competitive che un gruppo di status positivamente privilegiato impone ai suoi membri».
Vi sono 2 importanti aspetti dell'analisi di Weber:
1- aspetto metodologico. Loperazione di Weber consiste nel convertire i concetti di potere, classe e status in una struttura analitica abbastanza flessibile che possa essere usata come prospettiva comparativa nello studio di tutte le società.
2- il secondo elemento consegue direttamente al primo. Il concetto di status è usato da Weber su scala mondiale e rappresenta il punto di partenza indispensabile dello studio di istituzioni specifiche: in particolare la religione. Lo status diventa uno strumento di analisi.
Causa del tramonto dell'idea marxista: (Russia di Stalin). graduale sostituzione della «classe» con lo «status» come concetto chiave degli studi sociologici sulla stratificazione.
L'autonomizzazione dello status. Simmel
Due principi di organizzazione sociale (applicabili ance in altre sfere):
1- Autonomizzazione. es: la conoscenza, la legge, lo status sociale.
2- Oggettivazione. Tutta la cultura moderna tende a diventare sempre più «oggettiva» rispetto all'uomo, ad essere sempre meno intimamente o «soggettivamente» parte dell'uomo. Solo oggettivando i vari uffici, ranghi, posizioni che compongono un ordine sociale è possibile che individui, di diversa origine e formazione, possano occuparli. E' proprio questo processo di oggettivazione di rango e posizione politica, di condizione imprenditoriale e cittadinanza, di guerra ed educazione che rende lo status così relativo e fluttuante, così mobile e vario; lo status infatti rimane in larga misura personale mentre i fenomeni economici ed il potere si sono andati collocando in strutture oggettive ed impersonali.
Problema del rapporto fra superiorità che deriva dalla persona o dalla posizione si divide in due importanti aspetti sociologici:
-campo dell'aristocrazia: quello che Simmel chiama «dominio del migliore» è un antico sogno ed «esprime opportunamente il rapporto profondo ed ideale fra gli uomini in forma istituzionale». Questa è la ragione per cui «gli artisti hanno così spesso inclinazioni aristocratiche. Infatti l'atteggiamento dell'artista si basa sul presupposto che il significato interiore delle cose si riveli in modo adeguato nel loro aspetto esteriore solo se questo aspetto esteriore è visto correttamente e completamente. .. Perciò, il rapporto psicologico e storico fra concezione aristocratica e quella artistica può, almenoin parte, basarsi sul fatto che soltanto un sistema aristocratico conferisce ai rapporti interiori di valore fra gli uomini una forma visibile, col loro simbolo estetico».
Tuttavia un'aristocrazia, in senso puro, è sociologicamente impossibile, perchè «gli uomini raramente accettano la superiorità anche dei migliori fra loro». Inoltre il possesso del potere tende a corrompere => se anche non corrompe l'individuo che lo detiene, ha questo effetto sulla classe o l'organizzazione.
Di qui l'idea astratta che «l'uguaglianza generale rappresenti il male minore».
Quando un'aristocrazia immette nuova linfa di solito apre la strada alla sua fine.
-campo dell'uguaglianza nelle cose umane: ha carattere chimerico ed illusorio (come per Tq). E' irrealizzabile. «In genere nessuno è soddisfatto della posizione che occupa rispetto ai suoi simili; ciascuno desidera raggiungere una posizione sotto qualche aspetto più favorevole». Il raggiungere una posizione di parità rispetto al proprio diretto superiore è il primo obbiettivo per una persona che voglia elevarsi. Infatti l'odio del proletariato si rivolge contro i borghesi, come primo gradino da salire nella scala della fortuna.
VI -Il sacro
Il recupero del sacro
Quello che caratterizza l'inserimento del sacro-religioso nella sociologia non èl'attenzione descrittiva ed analitica dedicata da uomini come Durkheim e Weber a fenomeni religiosi; è piuttosto l'utilizzazione del sacro-religioso per la comprensione di fenomeni di aspetto non-religioso, come l'autorità, lo status, la comunità e la personalità.
Illuminismo. Su un punto tutti i philosophes si trovavano d'accordo: il disprezzo perle religioni rivelate ed istituzionalizzate di qualsiasi tipo. Secondo la tradizione critica razionalista ogni religione deriva da una sospensione della ragione, dall'assenza della scienza o della vera conoscenza, dalla superstizione. I philosophes erano accomunati dalla convinzione che la religione rivelata era un insieme di superstizioni sopportabile solo fintanto che l'uomo ignorasse la verità che la filosofia e la scienza moderne gli potevano rivelare. La rivoluzione, specialmente nei suoi spettacolari decreti di de-cristianizzazione del 1793-1794, accentuò questa condanna. Il brivido di orrore che sollevarono agì sicuramente come potente stimolo nel determinare l'immensa reazione al razionalismo secolare nel diciannovesimo secolo. Ciò non significa però che la tradizione secolare diminuisse. In Bentham e Marx, i due più rilevanti discendenti dei philosophes, troviamo lo stesso disprezzo per la religione. Nei suoi primi scritti Bentham si era limitato ad attaccare la religione rivelata, ma, verso il 1822 era arrivato a ripudiare perfino la religione naturale. Si era convinto che la religione, in qualsiasi forma, fosse dannosa «non soltanto per il credente, ma, tramite questo, anche per gli altri». Anche Marx non trovava nella religione nessuna utilità concreta, nulla che la rendesse funzionale ai fini della associazione umana. Nonostante questo, il cristianesimo lo affascinava:
Per Marx ogni aspetto fondamentale della scienza della società derivava dalla sfera materiale ed in particolare da quella economica. La religione ha le proprie radici nell'oppressione sociale, così come l'alienazione. La religione è l'oppio dei popoli.
Egli si discosta dall'idea dei philosophes che la religione possa essere rimossa semplicemente da nuove credenze razionali. è necessaria la trasformazione di un intero ordine sociale. La religione «è la coscienza di sé ed il senso dell'uomo, che o non ha ancora trovato o ha già perso se stesso. .. L'uomo è il mondo dell'uomo, lo stato, la società e questo stato, questa società producono la religione. .. La religione è la teoria generale di quel mondo. .. E' la realizzazione fantastica dell'essenza umana poichè l'essenza umana non ha vera realtà».
Marx riteneva che tutto quello che l'uomo dà a Dio sotto forma di culto, lo sottrae a sé stesso. L'eliminazione della religione come «felicità illusoria» del popolo è, secondo Marx, necessaria alla realizzazione della sua vera felicità.
Il sacro e il secolare
Nello sviluppo del pensiero sociologico, tuttavia, la religione è tutt'altro che un'illusione; o anche se di illusione si tratta,essa è funzionalmente necessaria e non destinata a scomparire facilmente. In Forme elementari di vita religiosa Durkheim doveva scrivere: «C'è nella religione qualcosa di eterno destinato a sopravvivere a tutti i simboli particolari di cui si è contornato il pensiero religioso. Non ci può essere una società che non senta il bisogno di sostenere e riaffermare, a intervalli regolari, i sentimenti e le idee collettive che formano la sua unità e la sua personalità».
La religione è raadicata in modo insopprimibile nella vera e propria natura della vita intellettuale e sociale. Ha lo stesso grado di efficacia costitutiva e causale delle forze politiche ed economiche. Comte, Tocqueville, Weber, Durkheim e Simmel si sono tutti arroccati fermamente su queste posizioni, costituendo così ancora un fronte nella rivolta della sociologia contro il razionalismo individualistico del secolo.
Durkheim,il cui Foorme elementari è forse lapiù interessante dimostrazione della indispensabilità funzionale della religione per la società, era rigorosamente agnostico. Così, senza dubbio, erano Weber e Simmel, anche se in modo menorigido. Tocqueville era credente e cattolico, ma così scettico che può mala pena essere definito come una persona religiosa.
Il diciannovesimo secolo, per quanto riguardagli scritti religiosi, è uno fra i più ricchi della storia dell'Europa occidentale, a cominciare da Chateaubriand nel 1802, Lamennais, Balmes, Feuerbach, Buber. Negli scritti di Coleridge e Southey in Inghilterra, di Hegel in Germania, di Sant-Simon e Comte in Francia. Per quanto diverse siano le premesse di questi autori, essi hanno in comune il riconoscimento della necessità di un qualche tipo di religione nella società.
Comte: Il cristianesimo è stato superato dal positivismo, ma questo non significa che la religione si sia estinta. Al contrario, il positivismo, nato da una tensione scientifica, diventerà esso stesso la nuova religione dell'uomo, in cui l'Essere Supremo è la società e i suoi sacerdoti sono gli scienziati.
Troviamo quattro prospettive fondamentali, tutte rilevanti, nei confronti di quella speciale concezione della religione destinata ad essere caratteristica della sociologia:
Primo: la religione è necessaria alla società, come un indispensabile meccanismo di integrazione degli esseri umani.
Secondo:la religione è un elemento chiave e fondamentale per la comprensione della storia e dei cambiamenti sociali.
Terzo: la religione non è solo fede, è anche rituale e cerimonia, comunità ed autorità, gerarchia ed organizzazione.
Quarto:maestà della religione nel pensiero. I conservatori l'hanno considerata come l'origine di tutte le idee fondamentali delle credenze e del pensiero umano.
Quello di cui dobbiamo occuparci ora , èla trasformazione graduale del contesto dalla polemica all'analisi intellettuale e l'utilizzazione di queste prospettive a scopo di comprensione piuttosto che di predicazione evangelica.
Dogma e democrazia. Tocqueville
La fede è l'unico stato permanente dell'umanità. La funzione più importante della religione nella società è quella di fornire una struttura di fede. La religione è un fattore di integrazione e la sua improvvisa scomparsa può portare alla disorganizzazione sociale e anche al dispotismo politico. La religione è sostegno vitale.
Dogma (principio a priori):Al fondo della religione e di ogni fenomeno sacro, sta il dogma. E' la sorgente fondamentale del pensiero. «Perchè una società esista e sia prospera, è necessario che elementi di tutti i suoi cittadini siano unite e cementate da certe idee dominanti; il che non si può verificare, a meno che ciscuno non tragga le proprie opinioni da una fonte comune ed accetti a priori certi atti di fede».
In America, dice Tocqueville, l'opinione pubblica diventa una nuova forma di religione. Prescindendo dalla natura specifica delle leggi che governano gli uomini, «in periodi in cui dominano principi di uguaglianza, si può prevedere che la fede lell'opinione pubblica finirà per diventare una specie di religione e la maggioranza il suo ministro ed il suo profeta». Si verifica quindi una specie di panteismo democratico. (Panteismo: la natura di Dio coincide con la natura dell'universo).
Tocqueville è molto interessato al ruolo svolto dal cattolicesimo negli Stati Uniti. Lo colpiscono due tendenze:
-i cattolici americani gli sembrano più esposti degli europei alla perdita della fede.
-un notevole numero di protestanti continuano a convertirsi al cristianesimo.
Spiegazione: gli uomini del nostro tempo sono naturalmente poco disposti a credere, ma se sentono una qualsiasi esigenza religiosa sono istintivamente spinti verso il cattolicesimo.
Se il cattolicesimo potesse finalmente liberarsi dalle animosità politiche cui ha dato origine, lo stesso spirito dell'epoca gli diventerebbe cos' favorevole da permettergli un grande ed improvviso progresso.
A quel tempo, ai più appariva certo che il cattolicesimo, per il suo credo e la sua struttura, fosse meno adatto del protestantesimo alla democrazia politica. Tocqueville dimostra la tesi opposta.
«Nella chiesa cattolica la comunità religiosa si compone di solo due elementi: i preti e i fedeli. Soltanto il rango del prete supera quello del suo gregge e sotto di lui tutti sono uguali. Da un punto di vista dottrinale, la fede cattolica colloca tutte le capacità umane allo stesso livello».
Rapporto religione potere: Perchè si mantenga la libertà in una democrazia è necessaria l'assoluta separazione della religione dallo stato e dalla sua politica -> e nulla è più difficile da realizzare. Alleandosi col potere politico, la religione accresce la sua autorità su pochi e rinuncia alla speranza di regnare su tutti.
In Europa, contrariamente che in America, il cristianesimo è considerato dai non credenti come una struttura politica piuttosto che religiosa. I non credenti europei odiano la religione cristiana molto più in quanto espressione di un partito che non in quanto errore di fede.
Il sacro come prospettiva. Fustel de Coulanges
L'importanza di Fustel sta anche nel fatto di essere stato uno dei maestri di Durkheim. Razionalista, nella sua opera, Città antica non ci sono traccie di fede religiosa.
Tema: «..fu la religione primitiva a costituire la famiglia greca e romana, adinstaurare ilmatrimonio e l'autorità paterna, a fissare una gerarchia di rapporti e a consacrare il diritto di proprietà e quello ereditario. Questa stessareligione, dopo aver allargato ed esteso i confini della famiglia, ha contribuito aformare un'associazione ancora più vasta, la città, sulla quale ha dominato come aveva dominato nella famiglia; dalla religione sono derivate tutte le antiche istituzioni, così come tutto il diritto privato; dalla religione la città ricevette tutti i suoi principi,le sue regole, le sue usanze e le sue magistrature. Tuttavia, col tempo, questa antica religione andò modificandosi fino a scomparire; il diritto privato e le istituzioni si modificarono di conseguenza. Venne poi la serie di rivoluzioni, e allo sviluppo della conoscenza seguirono, con regolarità, mutamenti sociali». Segue un'analisi dettagliata della struttura dell'antica comunità, del suo sistema di parentela, delle classi sociali, della religione e del sistema di governo... fino alla scomparsa della comunità perchè assorbita dall'impero politico.
Il nucleo fondamentale di tutta la trattazione sta nell'importanza da lui attribuita al sacro e a tutto ciò che ha a che fare con esso.
La comunità antica derivava la sua natura e la sua autorità dal fuoco sacro. Questo fuoco, che devesempre restare puro, era qualcosa di divino, era la provvidenza della famiglia. Dall'originale, esclusiva santità del fuoco domestico andarono gradualmente emergendo manifestazioni religiose più complesse.
Ogni elemento della struttura della famiglia antica può essere spiegato soltnto con l'assoluta autorità esercitata dal sacro sulla mente umana.
Quanto vale per le origini della famiglia vale per le associazioni più ampie che le stavano intorno. Altrettanto decisivo è il ruolo svolto dalla religione riguardo alla natura della classe sociale nella comunità antica. I patrizi possedevano il fuoco sacro ed i plebei no; esso erainfatti loro interdetto. Senza fuoco sacro non avevano riti matrimoniali, né sicurezza di proprietà. «Per i plebei non c'era legge, non c'era giustizia, poichè il diritto era espressione della religione e la procedura era costituita da un insieme di riti». Questa distinzione di classi deriva dalla religione. Dopo di chè ci furono le rivoluzioni. Il trionfo dei plebei consistette prima di tutto nell'ottenere il diritto ad adorare le divinità. I plebei avevano una religione. I benefici politici vennero dopo.
Quando Fustel cominciò La città antica il suo scopo non era certo quello di offrire una spiegazione del grande quinto secolo a.C., ma questo fu il risultato che seguì inevitabilmente alla sua analisi del ruolo del sacro nella società greca, del suo rapporto con l'organizzazione sociale e dei fenomeni conseguenti alla secolarizzazzione del sacro tramite la rivoluzione, la guerra e il commercio.
Il sacro e il profano. Durkheim
Da Faustel de Coulanges al suo discepolo, Durkheim, il passo è breve. La distinzione di Durkheim fra sacro e profano e la correlazione da lui operata fra sacro e sociale non sono che un ampliamento e una sistematizzazione di quanto Fustel aveva riferito alla città-stato classica.
Durkheim usa il sacro per spiegare la coesione della società. Egli considera la differenza fra sacro e profano la più fondamentale di tutto il pensiero umano. Come Tocqueville, Durkheim dichiara che la religione è l'origine non soltanto di tutte le idee-base del pensiero umano, ma della sua stessa struttura.
La distinzione fra sacro e profano è assoluta. La assolutezza ed universalità del contrasto non significa che cose ed esseri non possano passare da una sfera all'altra. L'erosione e la spartizione di un insieme di regole sacre sono invariabilmente seguite dall'apparizione di nuove entità, cose o situazioni in cui sia garantito uno status sacro. Questo è spesso il destino anche di quei sistemi intellettuali e sociali poggianti su basi utilitaristiche o razionalistiche. Durkeim ricorda il destino che ebbe il razionalismo durante la rivoluzione: fu infatti trasformato nel culto pubblico della dea Ragione per la quale urono istituite nuove feste commemorative.
Il contratto: poggia su basi pre-contrattuali derivate dalla comunità. E'un riflesso del sacro, cioè della capacità di una società di santificare un rapporto in un modo in cui non santifica altri rapporti. Il linguaggio ne è lo strumento.
La formula giuridica è soltanto un sostituto delle formalità e dei riti sacri.
Proprietà: L'idea del sacro è ugualmente applicabile alla istituzione della proprietà. Le credenze religiose sono qualcosa che appartiene al gruppo e che lo rende unitario. L'essenza della religione è la comunità sacra -> l'indispensabile sentimento di unicità collettiva nel culto e nella fede. L'essenza della religione è ciò che fa per rendere possibile l'azione, sopportabile la vita -> il credente che ha comunicato con Dio èun uomo più forte.
Il culto: La cosa fondamentale quindi è il culto. E' il culto a dare origine a quelle sensazioni di gioia, di pace, di serenità, di entusiasmo, che sono, per i credenti, una prova sperimentale della loro fede. Il culto è un insieme di mezzi con cui la fede viene creata e ricreata periodicamente.
La religione è comunità sacra. Il culto è altrettanto importante per gli dei che per gli uomini => rapporto reciproco fra uomo e Dio. Gli dei non sono che manifestazioni e personificazioni della società. La società non può fare ameno degli individui più di quanto questi possano fare a meno della società. Tutti i culti sono costruiti. Questa è la ragione del loro persistere fin da quando sono esistite societàumane.
I riti: Sono le manifestazioni visibili della comunione degli spiriti.
Tipi di rito:
-sacrificali
-imitativi
-rappresentativi
-espiatori
Conclusioni: fra religione e società vi è una "reciproca" azione funzionale.
Carisma e vocazione. Weber
Nessun sociologo prima o dopo di lui ha raggiunto la portata e la varietà dell'interesse di Weber per la religione. Nonostante la vastità del suo affresco, quello che ci interessa è il modo in cui egli utilizza il sacro-religioso come prospettiva nello studio della società.
Vi sono profonde analogie con Durkheim. L'unica differenza significante tra W e D si può notare nel diverso rilievo che essi danno ai mutamenti sociali. In Weber l'interesse per il mutamento è molto più profondo che in Durkheim.
Due sono le principali dimostrazioni weberiane che hanno tuttora grande influenza nell'analisi sociologica:
1- Natura del carisma. Il carisma può essere visto sotto due aspetti diversi.
a) secondo le condizioni della sua origine. Lo porta a considerare i grandi personaggi della storia. Il carisma si riferisce «a certe caratteristice di una personalità individuale, in virtù delle quali questa occupa un posto a parte rispetto agli individui normali. .. Tali caratteristiche, inaccessibili alle persone normali, sono considerate di origine divina o modelli». Nelle culture primitive questo riconoscimento è dato ai profeti, ai leader militari e politici (Gesù, Cesare, ..), provvisti di eccezionale saggezza o poteri curativi.
Non si deve, tuttavia, supporre che il carisma sia inerente soltanto alle grandi e «buone» figure della società. Si può trovare il carisma in ogni sfera e ad ogni livello della società. In sostanza esso consiste semplicemente nel fatto che un individuo possegga, o creda di possedere, qualità sovra-razionali variamente considerate come profetiche, sacre e trascendentali. La capacità di attrazione che esercita è di importanza fondamentale. L'autorità carismatica si oppone nettamente sia all'autorità razionale, in particolare a quella burocratica, che a quella tradizionale. Nella sua forma originaria, l'autorità carismatica è, dunque, anti-tradizionalista quanto anti-economica o anti-utilitarista, perchè «l'autorità carismatica ripudia il passato ed è, in questo senso, una forza specificamente rivoluzionaria».
b) riguarda il suo passaggio nelle strutture e nei codici sociali => quello che egli chiama la «routinizzazione» del carisma. Quando l'individuo originariamente carismatico muore, ha inizio il sottile, ma potente processo che provvede alla trasmissione. Estendendosi da una generazione all'altra il processo di routinizzazione non può fare a meno di diventare tradizionale. (Come caso tipico di carisma ereditario Weber cita le caste in India). Gradualmente si sviluppa un diverso rapporto fra carisma e fatti economici. L'effetto immediato del carisma è rivoluzionario; il suo ripudio della ricchezza e del possesso materiale è un fenomeno classico. «Ma nel caso in cui il processo di routinizzazione porti nella direzione del tradizionalismo, l'effetto può finire per essere esattamente opposto». Si crea allora una ricchezza «sacra», in contrasto con quella «profana» (es: il denaro che diventa elemosina). Perfino nell'avvento della democrazia moderna c'è un elemento carismatico => la validità dell'autorità carismatica si basa interamente sul riconoscimento. Quando è in atto un processo di razionalizzazione, è possibile che il riconoscimento divenga la fonte della legittimità stessa. La legittimità, cioè, diventa "democratica".
E' utile un paragone con Durkheim: D ha visto nell'aumento dell'incidenza dell'anomia nell'Europa moderna la prova di un declino a lunga scadenza dei valori sacri, causato dall'individualismo e dalla secolarizzazione.
Per Weber, invece, la causa immediata del declino del carisma è la sua ipertrofia organizzativa realizzata sotto forma di burocratizzazione. La burocrazia è il punto centrale. Ma se Weber fosse vissuto fino ai tempi di Hitler, avrebbe certamente modificato questa sua opinione.
C'è una differenza fondamentale fra le posizioni di Weber e di Durkheim sul concetto di sacro. Per Durkheim il sacro ha le sue origini nella società collettiva. Per Weber l'immagine del carisma resta personale e storicament discontinua.
2- L'etica protestante e lo spirito del capitalismo (magistrale interpretazione del sorgere del capitalismo europeo)
Tesi: «Uno degli elementi fondamentali dello spirito del capitalismo moderno, e non solo di questo ma di tutta la cultura moderna, cioè il comportamento razionale sulla base dell'idea della vocazione, è nato dallo spirito dell'ascetismo cristiano» -> «vogliamo solo accertarci se, e fino a che punto, le forze religiose abbiano preso parte all'espansione qualitativa e quantitativa di quello spirito nel mondo».
La grandezza di Weber sta anche nell'aver rovesciato la teoria marxista. Per Marx la forza motrice essenziale della storia e la sua causa specifica del sorgere del capitalismo europeo sta nella tecnologia.
Weber non fece l'errore di sostituire, come fonte principale dei cambiamenti storici, il fattore religioso a quello tecnologico. Che i mutamenti tecnologici avessero influenzato il sorgere del capitalismo era un fatto incontestabile.
-> ma la tecnologia di per sé era insufficiente.
Weber ha esaminato il ruolo avuto dal fattore religioso nel plasmare quella disposizione mentale più generale di cui lospirito capitalista è una parte rilevante. Egli cerca di spiegare una certa mentalità capitalistica per cui lavoro, ricchezza e profitto tendono non soltanto ad essere tollerati e goduti ma a trasformarsi in una sorta di impulso etico moralmente sovrano. «Come avrebbe potuto un'attività, a mala pena tollerata dal punto di vista etico, diventare una vocazione nel senso attribuitole da Benjamin Franklin?» Ridotto alla sua sostanza essenziale, il background era l'idea calvinista della vocazione: che cioè nella continua ricerca dellaricchezza, o piuttosto del capitale, nella consacrazione a quelle attività materiali in cui soltanto si manifesta laa grazia, l'individuo serve Dio e realizza una vocazione che non è meno divina per il fatto di essere orientata verso questioni economiche.
Nel paragrafo finale del libro, scrive: «Il mio scopo non è di sostituire ad una interpretazione causale della cultura e della storia unilateralmente materialistica un'altra altrettanto unilaterale interpretazione spiritualistica. Sono entrambe ugualmente possibili» ma entrambe servono solo come preparazione ad una ricerca e non mirano erroneamente ad esserne la conclusione.
La funzione della pietà. Simmel
La pietà ha in Simmel sostanzialmente la stessa connotazione che il sacro ha in Durkheim ed il carisma in Weber.
Il sociale e il religioso sono strettamente legati.
Ci sono valori religiosi autonomi in tutti gli stati ed i rapporti sociali durevoli. In questi rapporti c'è una «strana mescolanza di devozione priva di ego e di desideri, di umiltà e di esaltazione, di immediatezza sensuale e di astrazione spirituale». Sono precisamente questi elementi emotivi che compongono quello che comunemente chiamiamo la struttura religiosa della mente. =>troviamo in Simmel lo stesso ripudio della filosofia utilitarista, individualista-razionalista, che vi è nella tradizione sociologica, da Comte e Tocqueville in poi .
«Questa particolare struttura emotiva della mente può forse definirsi, genericamente parlando, come pietà». Come ci sono per Weber individui carismatici, così ci sono per Simmel «uomini pii». Tali uomini sono capaci di investire rapporti ed oggetti "non religiosi" di un carattere religioso. Senza la pietà, e senza la fede religiosa che la pietà richiama, la società sarebbe impossibile.
Ruolo della religione nella società: la fede religiosa ha un valore puramente sociale, la nostra incrollabile fede negli esseri umani è uno dei solidi legami che tengono insieme la società. L'obbedienza si basa in quella "fede" nel potere, nei meriti, nella irresistibilità e nella bontà dell'altro => la fede è un fenomeno spirituale molto particolare che agisce tra gli uomini.
VII - L'alienazione
Il significato dell'alienazione
Presentimenti di crollo morale e di estraniamento sociale: Gran parte del pensiero del diciannovesimo secolo ha intuito, come in quelle condizioni che alla maggior parte degli illuministi sembravano promettere, l'emergere dell'uomo alla luce della vera libertà e dell'ordine razionale, fossero presenti le possibilità di decadenza sociale ed estraniamento individuale.
La concezione di Marx del rapporto dell'uomo con l'ordine sociale ha in generale più punti in comune con quella dell'Illuminismo che con quella di autori come Tocqueville, Weber, Durkheim e Simmel: questi sono i maggiori responsabili del contenuto assunto dalla parola «alienazione» nel ventesimo secolo.
Per alienazione si intende qualcosa che non va al di là della mera disaffezione nei confronti del contesto sociale. Perciò non si potrebbe qualificare l?Illuminismo come un epoca alienata, per quanto la sua opposizione all'ordine istituzionale prevalente sia stata quasi totale. Nel pensiero sociologico del diciannovesimo secolo si trovano due prospettive di alienazione fondamentali:
1) La prima si basa su una concezione alienata dell'individuo: l'uomo moderno è sradicato, solo, senza uno status sicuro. La perdita della comunità isola l'uomo e la crescente pressione di vaste istituzioni ed organizzazioni non fa che intensificare il processo di alienazione, lasciandolo in un vuoto d'azione esistenziale.
2) La seconda si basa su una concezione alienata della società ed è strettamente connessa alla prima: la società moderna è lontana, inaccessibile, spaventosa per le sue pesanti strutture organizzative, ma priva di significato per la sua complessità impersonale.
L'inversione del progresso
L'alienazione è l'antitesi del progresso e dell'individualismo razionalista, poichè le conclusioni sull'uomo e sulla società dei sociologi dell'alienazione si fondano sul rovesciamento delle premesse su cui si basava il concetto di progresso e d'individualismo.
Il progresso:
Comte ->il progresso è la legge fondamentale della dinamica sociale.
Marx -> il progresso della nazione verso il socialismo.
Spencer -> il progresso è una necessità... affinchè l'uomo possa diventare perfetto.
Malgrado le notevoli differenze, Comte, Marx e Spencer erano d'accordo su un punto: passato = male; presente = bene; futuro = ottimo. Questa certezza scaturiva dalla fede nella legge dello sviluppo progressivo.
Nonostante l'idea di progresso possa rappresentare il carattere peculiare del diciannovesimo secolo, non lo esaurisce completamente. Accanto ad essa troviamo una concezione che arrivava a conclusioni opposte => non libertà politica, ma tirannia imposta della massa; non autonomia individuale, ma isolamento morboso; non razionalismo della mente, ma razionalizzazione dello spirito; non liberazione laica, ma sterile scetticismo.
A cominciare dai conservatori con la loro generale diffidenza nei confronti del modernismo -> concezione tragica della vita. Questa concezione vede la storia come periodicamente affetta da profonde crisi morali, che non si risolvono automaticamente. Concezione alienata della storia -> il senso di un inevitabile e tragico conflitto fra bene e male => nella lotta fra il nuovo e il vecchio ordine, quest'ultimo era certamente predestinato alla sconfitta.
Anche in Tocqueville, Weber e Durkheim non mancano elementi di questo pessimismo nei riguardi del futuro.
L'inversione dell'individualismo
L'alienazione sociologica, come è l'antitesi ed il rovesciamento del progresso, così è l'antitesi ed il rovesciamento dell'individualismo.
Dal XVII al XIX secolo si mantiene inalterata un'immagine della natura umana composta da tre elementi essenziali:
1° I caratteri innati
2° La potenziale bontà
3° L'indistruttibilità a lunga scadenza
Quello che interessava i grandi filosofi del diciassettesimo e diciottesimo secolo era l'ordine naturale, l'uomo naturale, come distillato delle migliori qualità dell'ordine istituzionale che avevano ereditato.
I filosofi del diciannovesimo secolo sostennero con entusiasmo che le qualità morali di cui Rousseau aveva dotato il suo uomo naturale, lungi dall'essere innate negli esseri umani, erano il risultato di secoli di civilizzazione e, più specificamente, di una civiltà e di un decoro le cui radici si trovavano nelle convenzioni del cristianesimo e del feudalesimo, non nella natura.
La Volontà Generale (cioè la società razionale, che è destinata a prevalere) scrive Rousseau in un celebre passo, «è sempre nel giusto, ma il giudizio che la guida non è sempre illuminato». => di qui l'eterna necessità di proteggere gli uomini dall'influenza dei pregiudizi delle istituzioni tradizionali.
Nella realtà l'uomo non è fatto dalle istituzioni; le istituzioni sonofatte dall'uomo, e sono quindi un genere di consumo.Questa teoria era appena stata formulata dai philosophes e dai capi della rivoluzione francese, che si scatenò la reazione.
Comte: definisce l'individualismo come «la malattia del mondo occidentale» che porta alla «disorganizzazione morale». Sostiene che l'uomo, privato delle istituzioni e di strette comunità corporative, non sarebbe solo indifeso ed impaurito, ma non potrebbe nemmeno realizzare la sua essenziale umanità.
Lammennais, il cui Saggio sull'indifferenza, uno dei capolavori del pensiero religioso, fu colpito da scomunica da parte della chiesa, passa tutta la vita a cercare qualcosa che possa sostituire la chiesa stessa.
Comte vedeva nel positivismo l'antidoto contro il male dell'individualismo e il Système de politique positiveespone questa tesi con una sicurezza e ricchezza di argomenticaratteristici di un trattato medioevale su Dio, l'uomo e la società. Nel diciannovesimo secolo, molti pensarono che in un modo o nell'altro potessero essere superate le tendenze verso la disorganizzazione morale, l'alienazione sociale, e l'esaltazione del potere politico nate dalle due rivoluzioni. Marx pensava che bastasse abolire la proprietà privata; James Mill, eliminare la religione; Herbert Spencer, diffondere l'educazione. Tuttavia, in Tocqueville, Weber, Durkheim e Simmel troviamo un'alienazione troppo profonda perchè possa essere curata con la fede in simili principi laici.
Il livellamento dell'uomo verso il basso. Tocqueville
«Quando osservo questa moltitudine di esseri... la vista di questa uniformità mi dà un senso di tristezza e un brivido di gelo e sono tentato di rimpiangere la società che ha cessato di esistere. .. Ciò non accade a quell'Essere Onnipotente ed Eterno il cui sguardo abbraccia l'intera crazione. .. Quello che a me appare come il declino dell'uomo, ai Suoi occhi è un progresso; quello che mi affligge, per Lui è accettabile. L'uguaglianza è forse uno stato meno elevato, ma più giusto: e la sua giustizia costituisce la sua grandezza e la sua bellezza».
Considerazioni sull'individualismo democratico -> Ha un posto centrale la sua convinzione che l'idividuo abbia perso paradossalmente e tragicamente il suo significato:
1) in seguito alla secolarizzazione => volgarizzazione dei temi culturali
2) al grande potere dell'opinione pubblica => tirannia della maggioranza invisibile => il grande paradosso della democrazia.
3) per gli effetti della divisione del lavoro => individuo = macchina. Proporzionalmente al suo progresso come lavoratore, si degrada come uomo. Lo spirito commerciale favorisce le crisi di panico cui sono soggette le economie democratiche.
4) per l'eliminazione dei vincoli comunitari e l'allentamento dei vincoli morali => deterioramento della cultura e della moralità. Alla lunga, l'individualismo diventa egoismo. L'uguaglianza può essere, specialmente in periodi di tumulti, causa di vizi, può provocare invidia, odio. Anche i valori morali, come la fiducia, la responsabilità, i vincoli di fedeltà, la dedizione, l'onore, soffrono dell'erosione dei processi democratici.
Il declino dell'aristocrazia ha anche un altro effetto morale quello di ridurre il rispetto per la qualità in rapporto alle realizzazioni. Nella democrazia, dove le ricompense sono forzatamente limitate e la via per conseguirle aperta a tutti, l'avanzamento risulta necessariamente ritardato (Tocqueville fa notare la somiglianza col sistema degli esami in Cina). Così, quando un ambizioso ha in mano il potere, non c'è nulla che non sia capace di osare; e, se lo perde, si mette a fare macchinazioni per rovesciare lo stato e riconquistarlo.
Nella democrazia si nota anche un gusto esagerato perle gratificazioni fisiche.
Nella democrazia «l'uomo è esaltato in teoria, ma degradato nella pratica». Il successo della democrazia dipende dalla capacità di conservare in qualche modo l'immagine dell'uomo nata nella società aristocratica, ma uno stuolo di forze sono attivamente all'opera per impedirlo. Nel 1848 Tocqueville si domandava: «Saremo in grado?», e si schierava dalla parte della rivoluzione.
L'alienazione del lavoro. Marx
Non manca di ironia il fatto che, nonostante la parola alienazione sia pervenuta al pensiero comtemporaneo tramite Marx, il significato che essa ha assunto ha ben poci rapporti con quello che Marx le aveva dato.
Egliconcepiva lasocietàcome caratterizzata dal soffocamento della classe lavoratrice nellalogica ferrea delplusvalore, ma non considerava questo fenomeno come il presagio di un futuro sempre più nero e disperato, anzi, al contrario, come il primo passo verso l'emancipazionedell'uomo. Egli vedeva i mali del suo tempo come un periodo passeggero di disordini e conflitti destinato a finire presto nello splendore della rivoluzione, per approdare quindi alla terra promessa delsocialismo. Marx aveva una fiducia illimitata nella fondamentale stabilità della societàoccidentale, nutriva la stessa fiducia nella natura umana e nella sua indistruttibilità.
E' interessante paragonare il proletariato di Marx e l'uomo di Dio di Calvino. In entrambi si ha il rapporto dell'uomo con qualcosa di eletto.
Se nel proletariato di Marx c'è una dimensione puritana, ce n'è anche una, e ancora più evidente, derivata dall'Illuminismo. Il suo più chiaro modello è il Rousseau dell'epico Discorso sulle origini dell'inuguaglianza. Fra la concezione di Marx dell'uomo soggetto al capitalismo e quella di Rousseau dell'uomo soggetto alle istituzioni della società tradizionale, le analogie sono evidenti. Marx concepiva il socialismo nell'identico modo in cui Rousseau aveva concepito l'affermarsi dellavolontà generale come il mezzo per liberare l'uomo dall'influenza corruttrice e dispersiva delle istituzioni. Marx prese la parola alienazione da Hegel, per cui l'alienazione era la dissociazione radicale del "sé" in attività e cosa, cioè in un soggetto che lotta per controllare il proprio destino e in oggetto manipolato da altri =Z per questo, l'assoluta libertà,è probabilmente irraggiungibile. Per Se Feuerbach, cui Marx riconobbe il merito di avere per la prima volta applicato il concetto al mondo empirico, concepì l'alienazione come una condizione essenzialmente religiosa, così non fa Marx. Per lui, il contesto dell'alienazione derivava prima dall'economia che dalla religione.
In che cosa consiste questa sua alienazione? Nel processomediante il quale l'individuo fa fuoriuscire da sé una parte di sé, lasciandola diventare cosìun'influenza o un'autorità esterna. «Come nella religionel'azione spontanea della fantasia, del cervello e del cuore dell'uomo reagisce indipendentemente, cioè diventa un'attività aliena di dei e demoni sull'individuo, così l'attività del lavoratore non è spontanea. E' l'attività di un altro e una perdita della sua spontaneità». Per Marx, l'unica causa dell'alienazione è il capitalismo -> l'alienazione è riducibile alla proprietà privata. «La positiva abolizione dellaproprietà privata come appropriazione della vita umana e, quindi, la positiva abolizione di ogni alienazione, è il ritorno dell'uomo dalla religione, dalla famiglia, dallo stato, ecc., alla sua vita umana, cioè sociale».
La nemesi del razionalismo. Weber
La melanconia che caratterizza i suoi saggi più notevoli è di natura tocquevilliana. Nella vita di Weber il socialismo ebbe più omeno lo stesso significato contestuale che ebbe la democrazia per Tocqueville. Weber pensa che capitalismo e socialismo siano entrambi manifestazioni di un impulso fondamentale della società occidentale: la razionalizzazione, cioè la conversione di rapporti e valori sociali dalle forme primarie, comunitarie e tradizionali di una volta a quelle più vaste,impersonali e burocratizzate della vita moderna. La razionalizzazione serve a Weber precisamente come l'egualitarismo serve a Tocqueville. In entrambi notiamo una tendenza storica verso valori comunitari e tradizionali che un tempo avevano dato agli uomini un senso di strettaparentelaed identitàpersonale.
La categoria della razionalizzazione, nelle sue mani, diventa un concetto metodologico di vasta portata. Prima di tutto razionlizzazione come processo nel contrasto fra il tradizionalismo medioevale e la società moderna. Allo stesso modo in cui l'alienazione, in Tocqueville, può essere concepita come il rovesciamento dell'individualismo, l'alienazione, in Weber, scaturisce dal rovesciamento del razionalismo. La razionalizzazione diventa, alla fine, la sua stessa nemesi. => Fin quando il processo di razionalizzazione ha avuto qualcosadi cui alimentarsi - cioè la struttura della società tradizionale - è stato un processo generalmente creativo e liberatorio. Con la graduale decadenza ed isterilimento di questa struttura, la razionalizzazione minaccia ormai di diventare un meccanismo di automazione, di irreggimentazione e, in definitiva, di distruzione della ragione.
Analogie con Tocqueville: notano un mutamento nel carattere dell'uomo; non si schierarono nettamenete contro il modernismo e contro il progresso -> al contrario erano consapevoli della ferrea necessità di quei movimenti; entrambi riconobbero che la storia presenta una qualità irreversibile, e il dovere dell'intellettuale è di affrontarla con rigore e severità, ma anche di astenersi dal ritrarsi in seno alle divinità dell'arcaismo (Weber si preoccupava del rapporto della religione con il mondo creato dalla scienza e dalla burocrazia).
Weber teme l'"iperorganizzazione", cioè un futuro sterilizzato -> mentalità di massa e uniformità culturale.
In L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, Weber insinua che l'altra faccia dell'ascetismo (ce è la forza motrice del capitalismo) consista in una alienazione dalle cose che l'ascetismo porta con sé -> caccia alla ricchezza.
In modo non dissimile Weber considerò le qualità che rendono ascetica l'educazione e l'infausta prospettiva di una «meritocrazia» che, alla lunga, avrebbe portato altrettanto pregiudizio all'ugluaglianza e alla libertà della precedente aristocrazia fondata sulla religione, sulla proprietà e la guerra => monopolio delle posizioni socialmente vantaggiose, come la nascente professione di funzionario statale in Germania (concezione simile a quella di Tq).
«La passione della burocrazia.. basta a portare alla disperazione. .. Un'evoluzione di questo tipo è già cominciata ed il vero problema, quindi, non è di favorire ed accelerare il processo, ma di trovare il modo di opporsi al meccanismo per mantenere una parte dell'umanità libera da questa spartizione dell'anima, da questo supremo dominio della burocrazia sulla vita».
Isolamento ed anomia. Durkheim
Lo spettro dell'isolamento dell'uomo moderno dalla società tradizionale è presente in tutta l'opera di Durkheim.
Conseguenza dell'individualismo moderno è che la liberazione dalla comunità e dalla tradizione porta come risultato una disperazione ed una solitudine insopportabile. Non auto-scoperta, ma paura di sé, non fiducioso ottimismo, ma eccesso di melanconia e di angoscia => ordine sociale ed autorità sono indispensabili.
L'individualismo è la causa di tutte le manifestazioni di disorganizzazione ed alienazione.
Ai suoi occhi le forze coesive e stabilizzatrici della società europea stavano subendo un processo di disintegrazione. Durkheim prende come indice il suicidio: Fino ad un certo livello il suicidio è normale, ma nella civiltà contemporanea «il numero eccezionalmente alto di morti volontarie manifesta lo stato di profonda inquietudine di cui soffrono le società civilizzate e testimonia la sua gravità». L'incidenza è più alta proprio in quei settori della società che sono più «moderni», più «progressisti»: quello protestante, urbano, industriale, secolare. Esiste un rapporto inverso tra lo sviluppo della cultura e la felicità umana => il progresso non tende certo ad aumentare la nostra felicità dato che quest'ultima decresce, e in proporzione molto grave, proprio al momento in cui la divisione del lavoro si va sviluppando con un'energia ed una rapidità prima assolutamente sconosciute.
Durkheim è profondamente pessimista in questo passo: «Quale maggiore mortificazione che avanzare verso un traguardo irraggiungibile, che si va allontanando da noi man mano che noi procediamo per raggiungerlo? .. E' questa la ragione per cui periodi storici come il nostro, che hanno sofferto la malattia di aspirazioni infinite, sono necessariamente pervasi di pessimismo. Il pessimismo accompagna sempre aspirazioni illimitate». (Il Faust di Goethe può essere considerato un esempio di questa visione dell'infinito).
Altro modo per comprendere l'intensità del disagio è la proliferazione di sistemi filosofici basati sullo scetticismo ed il materialismo => La formazione di grandi sistemi del genere è .. un indice del fatto che la corrente di pessimismo ha raggiunto un grado di anormale intensità dovuta a qualche disturbo dell'organismo sociale.
La visione di Durkheim della cultura sociale è chiaramente alienata. Tuttavia egli sapeva che nessun ordine stabile avrebbe potuto esser costruito poggiando direttamente sui pilastri intellettuali del modernismo; che finchè i valori della scienza e della democrazia liberale non si radicassero in contesti sociali altrettanto sicuri e vincolanti come quelli in cui erano state radicate una volta la religione e la parentela, finchè non venissero dotati dell'autorità morale e della socialità una volta attribuite a queste antivhe istituzioni, la società europea avrebbe continuato a dibattersi in uno stato di crisi destinato a sovvertire ogni rimedio politico proposto dai riformatori.
Nb: Aspetto morale e aspetto sociale sono in Durkheim due faccie della stessa medaglia.
La sua visione alienata del progresso occidentale ha preceduto il suo studio empirico sul suicidio.
Incidenza della personalità e delle sue radici nella comunità morale e sociale.
La tirannia dell'oggettivismo. Simmel
In Simmel, il concetto di alienazione costituisce un tipo di approccio epistemologico altrettanto privo di emotività delle sue trattazioni della coppia e della triade o delle sue analisi del segreto e dello straniero. Ciò non vuol dire che egli manchi di coscienza morale; tutt'altro.
L'alienazione ha, per lui, un significato quasi esclusivamente metodologico: lo strumento per un'analisi della personalità umana e del suorapporto con ilmondo più che la base per un qualsiasi tipo di valutazione spirituale o etica. «Vedo» scrisse in Die Religionssoziologie, «uno scontro divasta portata fra la società e l'individuo, che non riguarda interessi particolari, ma, in generale, laforma della vita individuale».
Questo non significa, naturalmente, che l'alienazione sia una condizione costante e immodificabile della storia umana. Lo «scontro fra società ed individuo» attraversa periodi di violenza e di relativa calma.
Scontro fra società ed individuo: Simmel pensava che la nostra epoca, con la sua esaltazione del potere, il suo straordinario acuirsi della dicotomia fra oggettivo e soggettivo e la sua proliferazione di antinomie morali costituisse un terreno particolarmente adatto per questi scontri. La storia moderna per Simmel, è il risultato della scissione del «personale» nel socialmente «oggettivo». Si sente in Simmel un certo gusto per la vita in un'epoca alienata, perchè è allora, scrive, che la sensibilità umana e la capacità di ricevere impressioni si acuiscono al massimo. E' l'allentarsi dei vincoli sociali e morali che rende possibile questo fenomeno.
E' questa sensibilità alla alienazione, nel contesto di un atteggiamento di distacco emotivo e morale, che rende possibili le molte intuizioni dell'opera di Simmel riguardo ai minimi atteggiamenti di estraniamento ed alienazione che devono essere trovati ance nei rapporti più duraturi di amore, fedeltà e gratitudine. Un briciolo di estraneità, egli sostiene, «tende a penetrare anche nelle relazioni più intime».
Lo straniero: Nel suo saggio The Stranger, presenta «la forma sociologica dello "straniero" .. come la persona che oggi viene e domani resta. .. La sua posizione in questo gruppo è essenzialmente determinata dal fatto di non aver appartenuto ad esso fin dall'inizio e di immettere in esso delle caratteristiche che non sono e non possono essere del gruppo stesso».
La metropoli: Per lui l'essenza del modernismo è rappresentata dalla metropoli ed è nella metropoli che ognuno tende ad essere una specie di straniero: il nomade potenziale nella società, ma non veramente partedella società. La metropoli occupa per Simmel il posto occupato dalla democrazia in Tocqueville, dal capitalismo in Marx e dalla burocrazia in Weber.
La vita psichica metropolitana è l'opposto della vita di provincia. La metropoli è la cultura della mente, non del cuore - > l'allontanamento dal mondo esterno, il rifugiarsi in un atteggiamento "blasé", tipico della metropoli, determinato dal rapido succedersi e dalla violenta compressione di stimoli nervosi contrastanti. -> Prima origine dell'elevazione intellettuale metropolitana.
La riservatezza, considerata come forma di alienazione, ha svolto un ruolo creativo nello sviluppo della mente occidentale.
Il conflitto: Quanto vale per l'alienazione vale anche per il conflitto. Simmel attingendo a quelle stesse risorse concettuali per le quali l''alienazione può essere una forza creativa della cultura, pone il conflitto in una luce positiva => valore indispensabile per la struttura del gruppo.
In Durkheim si tende a condannare il conflitto e l'anomia; in Simmel un certo grado di conflitto è assolutamente essnziale per i rapporti umani, così come un certo grado di alienazione è essenziale per la consapevolezza dell'uomo di sé come individuo.
Tuttavia, se l'alienazione può avere un funzione creativa, può anche produrre conseguenze opposte:
-> regressione dell'individuo per ciò che riguarda spiritualità, delicatezza ed idealismo.
Simmel caratterizza l'intero sviluppo della cultura moderna come manifestazione della preponderanza dello «spirito oggettivo» su quello «soggettivo». Egli vede sempre più il proprio io come parte della cultura esterna, oggettiva. L'individuo è diventato nient'altro che una rotella dell'ingranaggio -> la metropoli è l'arena di questa cultura che soffoca col suo sviluppo ogni vita personale.
Qual'è la funzione della metropoli? Essa costituisce l'arena essenziale per la lotta fatale in cui è coinvolto l'uomo.
La maggior parte degli elementi fondamentali delle prospettive dell'alienazione che troviamo in Tocqueville, Marx, Durkheim e Weber è epitomizzata nella visione simmeliana della metropoli. La metropoli, come viene descritta da Simmel, è a un tempo analitica e schematizzata, passata e presente, collettiva ed individuale.
La comunità e l'alienazione non sono, per Simmel, che i due poli dell'eterna identità umana.
EPILOGO
Periodo 1830-1900: Può essere definita un'epoca d'oro. Il suo contesto è stato il conflitto fra due ordini sociali: quello feudale-tradizionale e quello democratico-capitalista. E' chiaro che il conflitto, l'attrito fra questi due ordini, ha prodotto una scintilladi creatività; e non solo fra gli esponenti delle scienze sociali, ma anche fra i filosofi, i teologi e gli artisti.
«Lo scienziato creativo vive nella "giungla della logica" dove la ragione è serva e non padrona. .. Più studio i rapporti fra le atri e più mi convinco che ogni uomo è, in parte, un artista. .. Credo che solo come artista l'uomo possa conoscere la realtà. La realtà è ciò che ama e il perdere il suo amore è la sua sofferenza». Marston Morse, da "Mathematics and the Arts".

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