sabato 6 febbraio 2010

Sociologia Economica

Carlo Trigilia‭ ‬-‭ ‬I.‭ ‬Profilo storico
Sintesi di Serafin Marilisa


Presentazione

Dal pensiero dei classici della disciplina ai suoi sviluppi contemporanei
‎«‏una scienza che esiti a dimenticare i suoi fondatori e‭' ‬perduta‭»‬.‭ ‬Non è però così per le scienze sociali,‭ ‬anzi,‭ ‬in un certo senso è vero il contrario.
Il riferimento ai classici‭ ‬-‭ ‬ai padri fondatori‭ ‬-‭ ‬è utile non solo per ragioni metodologiche,‭ ‬perchè vi si può individuare una continuità e una coerenza nel modo di guardare ai rapporti tra economia e società,‭ ‬ma anche per ragioni sostanziali,‭ ‬perchè mostra il contributo della sociologia economica alla comprensione delle origini e dei caratteri di particolari forme di organizzazione delle attività economiche nei loro rapporti con il contesto sociale.
Certamente,‭ ‬Durkheim,‭ ‬come Weber o Polaniy,‭ ‬hanno da dirci poco se vogliamo leggere con le loro analisi la società contempornea,‭ ‬ma sono ancora importanti per comprendere i problemi delle società sulle quali hanno lavorato.‭ ‬Chi vuole per esempio comprendere le origini del capitalismo moderno in Occidente‭ ‬-‭ ‬un classico tema di sociologia economica‭ ‬-‭ ‬non può non misurarsi con le tesi di Weber.
Lo scopo è mettere in evidenza come i classici,‭ ‬partendo da posizioni diverse,‭ ‬contribuiscano a sviluppare una teoria dell'azione economica come azione socialmente orientata.‭ ‬Essi hanno contribuito ad alimetare un serbatoio di ipotesi sul funzionaamento del mercato,‭ ‬sullo sviluppo economico,‭ ‬sui comportamenti di consumo,‭ ‬che ritroviamo nei tentativi della sociologia economica contemporanea di interpretare il modo in cui la cultura e le istituzioni sociali e politiche influenzano le attività economiche.
-‎> ‏La visione della sociologia economica su cui si basa questo lavoro tende a legare strettamente le scienze sociali all'analisi storica.‭ ‬Tutti i tentativi di studiare la società come la natura hanno dato esiti deludenti sul piano conoscitivo e preoccupanti sul piano politico.‭ ‬La sociologia economica nasce con Weber proprio in contrasto con tale concezione totalizzante delle scienze sociali.‭ ‬Questa visione assegna alle scienze sociali non il compito di indicare ciò che si deve fare‭ ‬,‭ ‬ma di chiarire i problemi e le scelte,‭ ‬di contribuire quindi alla costruzione consapevole della società.
Origini della sociologia economica:‭ ‬Inizialmente,‭ ‬nel pensiero degli economisti classici,‭ ‬e soprattutto in quello di Adam Smith,‭ ‬economia e sociologia economica erano strettamente legati in una visione che aveva al centro il problema dello sviluppo economico.‭ ‬E‭' ‬con l'affermarsi dell'economia neoclassica che l'economia si ritrae dall'indagine sulle istituzioni e da quella sullo sviluppo.‭ ‬Lo spazio che così si apre viene ricoperto dalla sociologia economica.‭ ‬In quegli stessi anni,‭ ‬in Germania con Sombart e Weber,‭ ‬si gettano le fondamenta della nuova disciplina.‭ ‬e sarà Weber a tracciarne con forza e lucidità il progetto scientifico.
Con le grandi opere sulle trasformazioni del capitalismo i Polaniy e Schumpeter,‭ ‬apparse negli anni‭ '‬40,‭ ‬si chiude la stagione dei classici e si apre una nuova fase‭ (‬ripresa di interesse per un approccio sociologico ai problemi dell'economia,‭ ‬che si manifesta sia con la political economy comparata che con la‭ ‬«nuova sociologia economica‭»‬ affermatasi negli ultimi decenni.‭
Introduzione. che cos'è la sociologia economica
Sociologia economica:
Campo: caratterizzato da un insieme di studi e ricerche volti ad approfondire i rapporti di interdipendenza tra fenomeni economici e sociali.
Obiettivo: affrontare questo obbiettivo con metodo scientifico, quindi con maggiore rigore e controllo, ove però la scientificità ha una connotazione diversa da quella delle scienze fisiche e naturali. Le scienze sociali possono solo sperare di accrescere la consapevolezza: aiutare a chiarire le scelte collettive.
1. DUE DEFINIZIONI DI ECONOMIA
1. Insieme delle attività stabilmente intraprese dai membri di una società per produrre, distribuire e scambiare beni e servizi.
2. L'accento è posto sulle attività che hanno a che fare con la scelta individuale di impiego di risorse scarse, che potrebbero avere usi alternativi, al fine di ottenere il massimo dai propri mezzi di produzione.
La prima definizione è più generale ed è la definizione più diffusa tra gli economisti (influenza dei movimenti della domanda e dell'offerta sulla formazione dei prezzi e sull'allocazione delle risorse). Tuttavia emergono difficoltà quando occorre misurarsi con contesti in cui il mercato autoregolato ha un ruolo limitato, o addirittura nullo.
E' proprio su questo terreno che la seconda definizione presenta dei vantaggi: essa apre infatti maggiormente allo studio dll'interazione tra economia e società. e per questo motivo sembra più adatta alla prospettiva con cui la sociologia economica, ma anche l'antropologia e la storia economica guardano all'economia; una prospettiva più volta a indagare i caratteri specifici dell'economia di un dato periodo storico o di determinati luoghi. Le generalizzazioni richiedono sempre cautela, tuttavia, un elemento che accomuna le discipline citate, e le distingue dall'economia,sembra individuabile in un'ottica che guarda all'attività economica come processo istituzionalizzato.
Per istituzioni si intende un complesso di norme sociali che orientano e regolanoil comportamento e si basano su sanzioni (positive e negative, formali e informali) che tendono a garantirne il rispetto da parte dei singoli soggetti. => il concetto di istituzione si riferisce, nel linguaggio sociologico, a un insieme di fenomeni più ampio di quello ce viene di solito preso in considerazione dal linguaggio comune, perchè include anche il sistema di regole che fondano le collettività e rendono possibile il loro funzionamento, per esempio le norme che regolano il diritto di proprietà o i rapporti di lavoro. E' opportuno non confondere le istituzioni con le organizzazioni, cioè le collettività concrete che coordinano un insieme di risorse umane e materiali per il raggiungimento di un determinato fine (es: imprese, sindacati, camere di commercio..) Mentre alle organizzazioni possono essere imputate delle azioni, ciò non è possibile per le istituzioni.
Guardare alle istituzioni equivale a gettare un ponte tra economia e società.
Il concetto di sistema economico acquisisce un rilievo cruciale in questa prospettiva: esso tende a sottolineare le diverse modalità, nello spazio e nel tempo, attraverso le quali le istituzioni orientano e regolano le attività economiche.
2. LA SOCIOLOGIA ECONOMICA SECONDO SCHUMPETER E WEBER
Schumpeter attribuisce alla sociologia economica il compito di spiegare «come le persone sono giunte a comportarsi in un certo modo», specificando che le azioni devono essere messe in rapporto con le istituzioni che sono rilevanti per il comportamento economico, come le stato o la proprietà privata e i contratti. La definizione di Schumpeter riciede però un'integrazione: ilsociologo dell'economia non si soffermerà soltanto sull'influenza del contesto istituzionale sull'economia, ma egli tenderà a prendere in considerazzione ance il condizionamento inverso. Così, si interesserà alle conseguenze sociali, culturali e politiche dello sviluppo o del sottosviluppo economico.
In questo modo sarà possibile formulare ipotesi per l'interpretazione del cambiamento istituzionale.
La bidirezionalità dell'indagine – dalla società all'economia e dall'economia alla società – consente di mettere a fuoco il cambiamento delle strutture economiche.
La consapevolezza della duplice direzione d'indagine della sociologia economica emerge con chiarezza nella formulazione di Max Weber: per Weber una scienza economico-sociale è sostanzialmente una scienza dei rapporti di interdipendenza tra fenomeni economici e sociali. Mentre l'economia si concentra soprattutto sulla «formazione del mercato e dei prezzi nella moderna economia di scambio», la sociologia dell'economia si preoccupa principalmente di mettere in luce i fenomeni «economicamente rilevanti» (che riguardano l'influenza esercitata da istituzione non economiche, come per es. quelle religiose o politiche) e quelli «economicamente condizionati» (che mettono in evidenza come anche gli aspetti della vita apparentemente molto lontani da quelli economici, ad es. quelli estetici o religiosi, siano influenzati da fattori economici). => Nel formulare questo programma scientifico, Weber si confronta esplicitamente con Marx.
La formulazione di generalizzazioni, che Weber chiama idealtipi, ha specifiche limitazioni spazio-temporali ed è essenzialmente finalizzata al miglioramento della conoscenza storica.
3. SOCIOLOGIA, ANTROPOLOGIA E STORIA ECONOMICA
In che cosa differiscono le prospettive analitiche di queste discipline tra di loro?
Si prendano in considerazione 3 aspetti:
a) l'oggetto d'indagine privilegiato
b) gli strumenti utilizzati
c) il grado di generalizzazione teorica.
Antropologia economica: a) studio delle strutture economiche delle società primitive; b) ha rilievo l'osservazione partecipante; c) generalizzazioni teoriche che hanno origine dall'esperienza di ricerca.
Storia economica: a) si concentra tradizionalmente sul passato; b) si serve dell'analisi documentaria; c) limitata e spesso considerata con diffidenza.
Sociologia economica: a)prevalentemente costituito dalle società contemporanee, pur non mancando un'importante tradizione di studio sul processo di modernizzazione; b) analisi documentaria, indagine empirica basata su interviste o sulla raccolta diretta di informazioni trattabili anche quantitativamente; c) l'ottica tende ad essere più generalizzante di quella della storia, si punta cioè a elaborare generalizzazioni teoriche sui rapporti tra fenomeni economici e non economici -> nella pratica prevale la formulazione di modelli teorici limitati a paarticolari contesti spazio-temporali.
4. LO STATUS SCIENTIFICO DELLA DISCIPLINA
In una visione diffusa, un obiettivo essenziale dell'attività scientifica è costituito dalla ricerca di «leggi» generali. Ma proprio questa finalità era ritenuta impraticabile da Weber.
Conviene partire da un esame dei problemi che la concezione «monista» dell'attività scientifica incontra se applicata ai fnomeni sociali => secondo tale concezione non esistono differenzequalitative tra scienze fisiche e naturali e scienze sociali. Alcuni esempi suggeriti da Boudon ci mostrano la difficoltà di formulare leggi deltipo «se A, allora B» nello studio dei fenomeni sociali. Emergono due aspetti: la complessità delle condizioni che influenzano l'azione; il ruolo essenziale degli orientamenti normativi degli attori, mutevoli nello spazio e nel tempo in relazione al contesto. In questa situazione è pur sempre possibile formulare leggi generali, ma occorre fondarle su condizioni restrittive che ne limitano l'applicabilità empirica.
Una strada di questo tipo è invece seguita più frequentemente dall'economia (tendenza a privilegiare modelli analitico-deduttivi in cui è possibile determinare a priori il comportamento dell'attore, che consentono anche l'applicazione di sofisticate tecniche di analisi matematica. Nondimeno la sociologia economica risente dell'importanza assegnata alle forme istituzionali dell'economia per la determinazione dei comportamenti individuali.
Teorizzazione astratta o empirismo senza possibilità di generalizzazioni?
I contributi migliori, più efficaci in termini di risultati conoscitivi, tendono a sfuggire a questi estremi. Si tengono dunque lontani dall'orientamento nomologico del «monismo positivistico», ma anche da quello radicalmente individualizzante del «dualismo storicistico».
L'applicazione del metodo scientifico, basato in ultima istanza sulla verificabilità delle ipotesi, non richiede necessariamente la formulazione di leggi generali. Le scienze sociali possono invece aspirare alla formulazione di modelli, cioè ricostruzioni ideali di situazioni particolari, definite da specifiche condizioni che ne limitano la validità nello spazio e nel tempo.
Boudon chiama questa concezione delle scienze sociali «teoria formale», richiamandosi a Simmel. Essa è vicina anche alle costruzioni idealtipiche di Weber.
Questa prospettiva rientra nel cosiddetto «individualismo metodologico», che cerca di spiegare i fenomeni sociali partendo dalle motivazioni individuali. L'individualismo metodologico si contrappone nel suo complesso all'«olismo metodologico», che è invece più tipico di quelle concezioni monistiche di ispirazione positivista secondo le quali le scienze sociali devono seguire il modo di procdere di quelle naturali.
L'olismo metodologico non si identifica solo con l'analisi empirica delle variazioniconcomitanti legata al comportamentismo. Esso ha una storia complessa e può assumere forme diverse: dalla tradizione sociologica positivista di Comte, a quella funzionalista, a certe forme del marxismo. In genere ciò che accompagna questi approcci è la tendenza a ricercare leggi naturali della società e della sua evoluzione, e quindi principi univoci ai quali collegare l'ordine e il mutamento sociale, siano essi i valori o le strutture economiche, o le esigenze funzionali del sistema sociale.
5. IL PLURALISMO INTERPRETATIVO: SCIENZA E VALORI
La linea di frattura tra individualismo e olismo metodologicoalimenta il pluralismo interpretativo, cioè la coesistenza di diversi modelli interpretativi in concorrenza tra loro. A tale fenomeno contribuiscono gli stessi approcci che si richiamano alla metodologia individualistica => l'obiettivo dello studio scientifico dei fenomeni sociali consiste nel ricostruire l'interazione tra condizioni esterne dell'azione e motivazioni degli attori, al fine di trarne indicazioni sugli effetti aggregati che ne discendono, determinando un particolare fenomeno. Questo obiettivo, molto difficile da raggiungere si presta a soluzioni diverse, soprattutto per due motivi:
a. complessità dell'oggetto su cui si vuole indagare -> riuscire a ricostruire gli orientamenti normativi degli attori non è facile.
b. ampliandosi il margine di discrezionalità, assumono uno spazio rilevante i valori del ricercatore -> ne discende un più accentuato pluralismo interpretativo.
=> da questopunto di vista il pluralismo interpretativo è una caratteristica ineliminabile, anche se riducibile.
Weber: il problema del rapporto tra teoria e prassi va impostato in modo diverso nel momento in cui si rinuncia all'illusione delle leggi generali della società. Nel delineare lo spazio della sociologia economica, Weber mette in guardia dal ricercare una fondazione scientifica dei giudizi di valore. Egli distingue tra:
-«relazione ai valori» nella selezione del tema di ricerca e nell'individuazione di connessione causali tra i fenomeni il ricercatore non può essere guidato dai propri valori
-«giudizi di valore» si riferiscono alla desiderabilità di determinati fini
In una famosa conferenza Weber riprende l'interrogativo di Tolstoj: «Se dunque non è la scienza a farlo, chi risponde alladomanda: che cosa dobbiamo fare?» ma avverte: «la risposta spetta a un profeta oaun redentore».
Quale compito resta allora alla scienza?
Essa deve essere soprattutto al servizio della chiarezza..I valori ultimi, i fini da seguire, non possono essere fondati per via scientifica. In questa prospettiva il compito della sociologia economica è di chiarire le implicazioni e le conseguenze di un determinato modo di organizzare l'economia nella società. Chiarire le origini di certe scelte aiuta a evitare la tentazione di facili trapianti e imitazioni.
La sociologia economica – e le scienze naturali in genere – chiarendo le implicazioni e le conseguenze di determinati fini possono aiutare i membri di una società a modificare i fini stessi.
Perchè questo accada sono necessarie due condizioni:
-libertà di ricerca e di discussione scientifica
-le istituzioni in cui esse crescono vanno valorizzate e protette
Ma questo può avvenire solo in una società aperta e democratica.

PARTE PRIMA
Dall'economia alla sociologia economica

1 – Economia e istituzioni nella formazione dell'economia classica
Come e quando si è giunti a studiare i fenomeni economici in quanto tali.
1. QUANDO NASCE L'ECONOMIA
L'economia come disciplina nasce quando le attività economiche si emancipano da controlli e vincoli sociali e sono regolate dal mercato.=> si tratta di un passaggio cruciale per comprendere anche i rapporti tra economia e sociologia economica. Per illustrare questo passaggio ci serviremo del contributo di Karl Polanyi: è uno degli autori che hanno più insistito sul legame originario tra indagine economica e mercato:
«La ragione principale dell'assenza del concetto di economia è la difficoltà di individuare il processo economico quando questo si trovi incorporato in un sistema di istituzioni non-economiche».
Economie primitive e arcaiche: I questi contesti la produzione e lo scambio possono essere organizzati sulla base del principio di «reciprocità» o di quello di «redistribuzione», ma non dello scambio di mercato.
Questi 2 meccanismi di regolazione dell'attività economica sono essenziali per comprendere anche il feudalesimo europeo.
A seconda del tipo di rapporto si possono individuare 3 tipi di scambio:
Lo «scambio di doni» e lo «scambio amministrato» non creano ragioni di scambio attraverso il mercato.
Lo «scambio di mercato» invece da luogo a fissazioni di ragioni di scambio tra i beni attraverso il gioco di domanda e offerta => Nascita dei «mercati autoregolati» ('800). Il comportamento economico risponde alla «speranza del guadagno» o al «timore della fame».
L'ordinamento politico si limita a garantire dall'esterno i diritti di proprietà e la libera contrattazione. E' in questo quadro che si può sviluppare un'indagine economica autonoma basata sulle leggi del mercato.
Secondo Polanyi solo l'emancipazione e l'autonomizzazione delle attività economiche dai condizionamenti sociali e politici rende possibile l'economia come scienza. Ma occorre evitare di sovrastimare il ruolo dello scambio di mercato anche in quei contesti in cui esso è particolarmente sviluppato.. Questo avvertimento vale a maggior ragione per le società contemporanee, che , per reagire agli effetti destabilizzanti del mercato, hanno cercato di sviluppare nuove forme di regolmentazione politica e sociale delle attività economiche: si apre uno spazio per un'«analisi istituzionale dell'economia», che possiamo considerare come lo spazio della sociologia economica, col compito di chiarire il «posto delle economie nelle società» => Se l'indagine economica tenderà a ragionare «come se» le attività economiche fossero regolate solo dai mercati, la sociologia economica si sforzerà di mostrare come tali attività – anche quelle di mercato – siano collegate alle strutture sociali.
L'economia classica, soprattutto nella versione di Smith, aveva una sua sociologia economica.
2. LA FORMAZIONE DELL'ECONOMIA POLITICA
Obiettivo: Mettere in evidenza come la formazione dell'economia politica si accompagni a una riflessione esplicita e consapevole sui rapporti tra economia e società. Vi è dunque una sociologia economica che precede quella poi sviluppatasi all'interno della tradizione sociologica, e in un certo senso ne costituisce il presupposto. Il confronto con l'economia politica sarà infatti una componente essenziale della prospettiva sociologica. Solo verso la fine dell'800, con gli economisti neoclassici, la divisione del lavoro tra economia e sociologia diventa più netta.
Considerazioni sulle attività di produzione e distribuzione di beni si trovano già dal '500, ma anche in periodi molto antecedenti: tra le più influenti quelle di Aristotele e degli Scolastici medioevali, in particolare San Tommaso=>per Aristotele o per i dottori della Scolastica il comportamento economico costituiva sostanzialmente un problema etico-giuridico).
L'economia di mercato assume un ruolo crescente a partire dal Medioevo -> disgregarsi delle strutture feudali -> civiltà comunale e successiva affermazione degli stati nazionali.
Nel '600: i commerci avvengono ormai tra gli stati nazionali e ne condizionano la potenza politica. Diffondersi di una pratica di economia politica basata su un'analisi dei caratteri e dei problemi delle attività economiche strettamente finalizzata agli obiettivi di rafforzamento dei stati nazionali -> mercantilismo -> valutazione più autonoma e «scientifica» dei fenomeni economici => comportamento economico guidato dall'interesse personale e ruolo dello scambio di mercato (D=O=p).
Protezionismo: I mercantilisti sono stati spesso accusati di avere una concezione sbagliata della ricchezza nazionale, identificata con la moneta metallica disponibile => necessità di avere una bilancia commerciale in attivo. Sostegno a una politica protezionistica tendente a limitarele importazioni e a sostenere le esportazioni => visione dell'economia poco sistematica e molto pragmatica, orientamento di tipo induttivo e concreto, in sintonia con l'empirismo della tradizione culturale inglese.
Seconda metà del '700, con i fisiocratici e con l'opera di Adam Smith -> Si fa strada l'idea di una sfera economica come sistema autonomo.
Fisiocrazia: governo della natura=> esistono leggi naturali della società simili a quelle che governano il mondo fisico (ne è un es il diritto di proprietà). Orientamento di tipo deduttivo e sistematico, fortemente influenzato dal razionalismo dominante nel contesto intellettuale francese (clima intellettuale degli anni che precedono la Rivoluzione). I fisiocratici sostengono un progetto di riforma dell'agricoltura e sviluppano una critica severa nei confronti delle politiche mercantilistiche. Se si esclude l'eccessivo ruolo attribuito all'agricoltura, nella fisiocrazia sono presenti una serie di elementi che confluiranno nel patrimonio dell'economia classica: leggi naturali, comportam economico motivato dal guadagno, conseguenze economiche e anche sociali del perseguimento dell'interesse individuale, ruolo delle istituzioni politiche limitato a funzione di garante del diritto di proprietà e sicurezza dei traffici.
3. LA «GRANDE SINTESI» DI ADAM SMITH
La ricerca dell'interesse individuale e il funzionamento del mercato possono favorire il benessere collettivo solo se sono controllati da precise regole istituzionali => economia e sociologia economica sono strettamente collegate nell'opera di Smith .
3.1. I fondamenti sociali dell'azione economica
L'azione sociale è un'azione istituzionalizzata: è cioè influenzata dai valori e dalle norme che prevalgono storicamente in una determinata società. Questa concezione sarà sviluppata da Adam Ferguson, ma è già presente nella Teoria dei sentimenti morali di Smith, in cui egli si propone di applicare il metodo scientifico, basato sull'esperienza, al comportamento umano => il perseguimento dell'interesse individuale è una molla importante del comportamento umano -> questa spinta tende ad essere regolata da norme condivise dai membri della società. Ma in che modo l'interesse individuale è socialmente disciplinato?
Il meccanismo della «simpatia», identificabile col processo di socializzazione, si basa sull'identificazione con i valori condivisi. Si realizza in 2 modi:
le reazioni di approvazione e disapprovazionedegli altri al nostro comportamento ci spingono ad adeguarci alle norme sociali prevalenti.
l'interiorizzazione delle norme sociali forma la coscienza morale, che influenza a sua volta il comportamento individuale.
Dove le norme sociali incoraggiano vincoli di solidarietà, la società è più integrata.
Una società basata sullo scambio di mercato richiede il rispetto di regole di giustizia per poter funzionare=> è evidente che per Smith il mercato può funzionare solo in presenza di un quadro istituzionale appropriato.
Se l'azione umana è influenzata dalle norme sociali => il guadagno individuale è uno strumento per ottenere approvazione sociale =>Il desiderio di migliorare le proprie condizioni è alimentato dal bisogno di approvazione sociale. Il desiderio di affermazione individuale si esprime in diverse forme, definite dai valori dominanti.
Teoria dello sviluppo storico -> si tratta della teoria dei «quattro stadi» (caccia, pastorizia, agricoltura e commercio), che Smith condivide con altri pensatori scozzesi e francesi. Ad ogni stadio corrispondono istituzioni diverse e costumi differenti.
In La teoria dei sentimenti morali viene messa a punto una più generale teoria del comportamento individuale come socialmente condizionato.
Nella Ricchezza delle nazioni invece egli esplora le conseguenze economiche che discendono dal diffondersi dei nuovi comoprtamenti. Ciò avviene in due modi:
-il primo in cui prevale una prospettiva statica: modalità in cui avviene la produzione e la distribuzione della ricchezza in una società capitalistica);
-il secondo in cui prevale una prospettiva dinamica: le istituzioni sono considerate come una variabile, ove, dalle caratteristiche concrete che esse assumono, ne discende una maggiore o minore crescita economica delle nazioni Qui analisi economica e analisi istituzionale tornano a congiungersi e Smith si muove sul terreno della sociologia economica.
3.2. Produzione dei beni e distribuzione dei redditi in una «società commerciale»
Prospettiva di statica economica:
Nelle pagine iniziali della Ricchezza: «non è certo dalla benevolenza del macellaio, del birraio, o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del proprio interesse».
Ma in che modo la «cura del proprio interesse» in un contesto di libero mercato porta a risultati ordinati e prevedibili dal punto di vista economico? La risposta va ricercata prendendo in considerazione due questioni:
a) la determinazione della quantità di beni prodotti (capitalismo concorrenziale => O=D distinzione tra prezzo di mercato, che riflette le oscillazioni di breve periodo, e prezzo naturale, che si afferma nel lungo periodo e riflette il costo di produzione);
b) la determinazione dei redditi distribuiti ai partecipanti all'attività economica ( - salario -> teoria del salario di sussistenza; - profitto -> il saggio di profitto è naturalmente basso nei paesi ricchi e viceversa; - rendita -> in una società che si sviluppa la rendita tenderà a crescere).
Se non è possibile applicare una teoria del valore in una società «commerciale», è vero però che il lavoro resta, in ultima istanza, la fonte primaria della ricchezza e quindi la vera causa del valore. Smith, al contrario di Marx, non considera il lavoro come fonte di conflitti ma ha piuttosto una visione ottimistica dell'economia capitalistica e sembra ritenere che, a certe condizioni, le istituzioni capitalistiche siano le più appropriate per assicurare insieme benessere ed equità, efficienza economica e consenso.
Per chiarire meglio questo concetto occorre lasciare la prospettiva di statica economica e assumere quella di sviluppo economico.
3.3. Lo sviluppo economico e le istituzioni
Prospettiva di dinamica economica:
- Perchè le istituzioni del capitalismo possono assicurare efficienza economica e consenso? E a quali condizioni?
Smith era fortemente interessato all'efficienza dinamica => contributo del mercato non solo alla ripartizione efficiente delle risorse date, ma anche alla creazione di nuove risorse. Il tema dello sviluppo economico è al centro della sua indagine sulle cause della ricchezza delle nazioni. Il ruolo delle istituzioni diventa una variabile. Il mercato può avere una funzione dinamica, può sostenere lo sviluppo economico, se è regolato da istituzioni appropriate.
Inoltre:
-Vantaggi del capitalismo concorrenziale su quello monopolistico nelle manifatture e nel commercio.
-Contrarietà al modello della società per azioni-> lo stimolo a reagire alla concorrenza e ad accrescere la produttività con innovazioni tecnologiche e organizzative sarà più elevto nelle imprese direttamente gestite dal proprietario.
-Considera negativamente l'organizzazione sindacale.
-Il ruolo dello Stato nello sviluppo economico è particolarmente importante -> l'efficienza delle istituzioni pubbliche è dipendente, per Smith, dalla capacità di organizzare l'attività di chi vi lavora sulla base di meccanismi di responsabilizzazione (remunerazione in proporzione all'impegno professionale).
=> Perchè le istituzioni del capitalismo concorrenziale sono in grado di conciliare efficienza economica e consenso? Per 2 motivi:
Producono più sviluppo e con lo sviluppo aumenta il benessere di tutte le classi sociali.
Il mercato concorrenziale riduce le disuguaglianze e le fa dipendere maggiormente dall'impiego individuale nel lavoro.
Questa visione di Smith è poi rinforzata dal fatto che egli credeva nella capacità diffusiva dello sviluppo.
Il suo modello costituisce un punto di riferimento non solo per la costruzione dell'economia ma anche per quella della sociologia economica.

2 – La svolta economicista e i suoi critici: storicismo e marxismo
Lo storicismo tedesco e il marxismo ripropongono, in forme diverse, un'analisi istituzionale dell'economia; intendono contrastare, sebbene con motivi ed esiti differenti, il tentativo di separare radicalmente economia e società.
1. LA SCIENZA TRISTE
Malthus e Ricardo. Vena pessimistica.
2. LO STORICISMO TEDESCO
Le critiche si concentrano sulle differenze territoriali dello sviluppo economico e sulle difficoltà per colmarle.

3. LA CRITICA DI MARX
Marx critica gli economisti classici per l'incapacità di rendere adeguatamente conto del conflitto tra capitalisti e lavoratori che caratterizza l'economia capitalistica. Egli condivide la visione più pessimistica che si era fatta strada con Malthus e Ricardo. Ma, mentre questi autori avevano messo in luce dei limiti naturali alla crescita economica, Marx sottolinea anche l'esistenza di vincoli sociali legati alle istituzioni fondamentali dell'economia capitalistica, cioè la proprietà privata dei mezzi di produzione e il lavoro salariato come strumenti che regolano la produzione dei beni e la distribuzione dei redditi.
3.1 - Gli ingredienti intellettuali
Idealismo tedesco (Hegel in particolare), socialismo francese (Saint-Simon, Proudhon, Fourier, Blanqui) ed economia classica inglese confluiscono dunque nel pensiero di Marx e si combinano in una miscela complessa e potente in cui non è possibile separare l'economia (analisi economica) dalla sociologia (contesto istituzionale) ed entrambe da una teoria generale dello sviluppo storico.
L'obiettivo di Marx:
Egli vuole gettare le basi per una scienza complessiva della società in cui aspetti economici e aspetti istituzionali sono strettamente legati e non separabili.
Il motore del cambiamento deve essere cercato nel modo in cui gli uomini organizzano la produzione e permettono quindi alla società di mantenersi nel tempo (i «modi di produzione»).
3.2 - La teoria generale dello sviluppo storico:
-non è possibile separare analisi economica e contesto istituzionale (strutture economiche e strutture sociali si combinano nel funzionamento dell'evoluzione capitalistica)
-3 classi sociali: capitalisti, proprietari terrieri e lavoratori
Insistendo sul ruolo delle istituzioni si pone 2 obiettivi: storicizzare l'analisi economica, individuando stadi differenti dello sviluppo storico, e mettere in evidenza il ruolo del conflitto di classe e il mutamento che esso imprime all'intera società.
PREMESSA:
La produzione è sempre un processo sociale e non solo economico.
CONSEGUENZE:
1. Lo scambio tra salario e lavoro è forzato e diseguale => l'ordine sociale si basa sulla coercizione delle classi dominanti.
2. I rapporti di produzione corrispondenti a un determinato grado di sviluppo delle forze produttive costituiscono la «struttura» economica della società, che condiziona a sua volta l'organizzazione sociale e politica, l'ordinamentogiuridico e le forme di sviluppo culturale, religioso e artistico, cioè la «sovrastruttura». La cultura diffusa legittima il modo di produzione (crea consenso) => finchè la classe dominante svolge un ruolo economico di sostegno allo sviluppo delle forze produttive, l'ordine sociale non si mantiene solo sulla coercizione ma anche sul consenso.
3. Di tutti gli strumenti di produzione la più grande forza produttiva è la classe rivoluzionaria stessa -> la nuova classe emergente lotta contro la vecchia classe dominante –> con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura.
4. La storia di ogni società finora esistita è storia di lotte di classi -> Ruolo attivo nel processo storico della coscienza di classe e dell'azione politica, ma: nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza.
5. Vengono individuati 4 tipi di società: antica ( schiavitù), feudale ( servi della gleba), borghese (lavoro salariato) e asiatica (subordinazione dei lavoratori agricoli allo stato).
3.3 – Lo sviluppo capitalistico
Quali conseguenze ha l'applicazione della teoria dello sviluppo storico alla società capitalistica e alla sua evoluzione? -> E' su questo aspetto che si concentra tutta l'opera di Marx..
Egli vuole dimostrare che lo sviluppo capitalistico crea, nel corso della sua evoluzione, le condizioni economiche per il rafforzamento della classe operaia.
Ma quali sono le origini del profitto? Il pluslavoro è fonte di plusvalore=> L'origine del profitto è nel plusvalore, la cui entità rispetto al salario anticipato dal capitalista dà la misura del tasso di sfruttamento.
Ma l'accumulazione capitalistica non ha solo conseguenze sociali negative per la classe operaia, ha anche conseguenze economiche negative per i capitalisti => infatti, la spinta alla meccanizzazione, se inizialmente favorisce il singolo capitalista a spese degli altri, più tardi, quando le innovazioni si diffondono, determina un abbassamento del saggio di profitto dovuto al maggior peso del capitale costante rispetto a quello variabile, e quindi al minor plusvalore. => Nel lungo periodo il destino del capitalismo è tuttavia segnato e il suo compimento è anche segnalato dall'intensificarsi di crisi cicliche. I limiti dell'economia capitalistica non sono più naturali, come per Malthus e Ricardo, ma sono sociali: legati ai rapporti di classe che connotano il processo produttivo.
Tuttavia non portano automaticamente alla crisi. Essi comportano piuttosto le premesse che determinano la progressiva trasformazione della classe operaia da classe in sé a classe per sé => la classe operaia può organizzarsi politicamente.
3.4 Il circolo vizioso della sociologia di Marx
La sociologia economica di Marx sfocia in un circolo vizioso -> La crisi economica dipende dal conflitto di classe, ma questo rimanda nuovamente alla crisi economica.
Come si manifesta questa circolarità:
Marx: - aveva sopravvalutato il conflitto di classe.
- aveva fortemente sottovalutato il ruolo dello stato.
Se dunque la critica storicistica all'economia politica, cercando di valorizzare il ruolo delle istituzioni, portava all'indeterminazione teorica e alla descrizione storica, la critica marxiana, nel proporre un'analisi istituzionale dell'economia, conduce invece a una teoria troppo rigida, in cui si riduce drasticamente il ruolo delle istituzioni non economiche. Marx vuole sostituire all'economia classica una sociologia economica del capitalismo, ma la sua formazione filosofica lo spinge irrimediabilmente verso la formulazione di leggi dello sviluppo storico che si sottraggono al controllo scientifico effettivo, nonostante egli vi attribuisca lo stesso valore delle leggi naturali.
Questa operazione risponde a due esigenze:
quella di trovare leggi generali della società e della sua evoluzione (tendenza tipica del positivismo ottocentesco) e
la convinzione della necessità della rivoluzione. La rivoluzione non poteva però contraddire le leggi oggettive della società.
Il combinarsi di queste due esigenze spingeva dunque Marx a ricercare delle leggi che mostrassero l'inevitabilità della rivoluzione.
La soluzione viene trovata nelle leggi dell'economia classica, modificate con l'innesto dell'elemento storico costituito dal conflitto di classe. Il tentativo di sviluppare una teoria ad elevata generalizzazione che servisse anche a fondare scientificamente l'azione politica compromette la sociologia economica di Marx.
Il suo contributo resta però fondamentale per lo sviluppo di un'analisi istituzionale dell'economia perchè:
Ha riconosciuto i condizionamenti sociali dell'azione economica
Ha attirato l'attenzione su una variabile cruciale che collega economia e società: le classi sociali.
3 – Economia neoclassica e sociologia economica
1. LA «RIVOLUZIONE MARGINALISTA»
2. DUE DIFESE DELL'ECONOMIA NEOCLASSICA
La via analitica: Menger e Pareto.
La via empirica: Marshall.
3. LA SOCIOLOGIA PRIMA DELLA SOCIOLOGIA ECONOMICA
Auguste Comte e Herbert Spencer
4. PERCHE' LA SOCIOLOGIA ECONOMICA NASCE IN GERMANIA
Grazie soprattutto a Max Weber

PARTE SECONDA
I classici e la sociologia del capitalismo

4 - Origini e sviluppi del capitalismo: Simmel e Sombart
Prima formulazione di Simmel e apporti più specifici di Sombart e Weber, i due autori che più contribuirono all'affermazione della sociologia economica agli inizi del '900.
Elementi comuni: insistenza sulle condizioni culturali e istituzionali che influenzano il capitalismo, e l'attenzione per il ruolo dell'imprenditorialità.

1. IL CAPITALISMO COME PROBLEMA
In breve:
L'economia classica voleva studiare le leggi di funzionamento dell'economia. Non ne indagava però le origini (con la relativa eccezione di Smith), né si poneva il problema delle spinte verso il cambiamento. Marx e gli storicisti tedeschi avanzarono con forza l'esigenza di storicizzare il quadro istituzionale e cercarono di rispondere al problema delle origini e dell'evoluzione del capitalismo. Oltre all'influenza dell'idealismo tedesco, gli sviluppi stessi dell'economia - il suo diverso grado di maturazione a livello territoriale, l'instabilità sociale e il conflitto di classe – spingevano a mettere in discussione la visione dell'economia classica. La rivoluzione marginalista pose al riparo la tradizione economica dalle critiche del marxismo e dello storicismo. L'indagine economica diventava una teoria della scelta razionale. E' in questo quadro che si apre lo spazio analitico per una sociologia economica autonoma che ha come fuoco l'interazione tra economia e istituzioni.
Sombart, Weber, anche Simmel si sono formati alla scuola storica tedesca => tuttavia, rispetto agli storicisti tedeschi, hanno sviluppato una maggiore consapevolezza teorica. I fondatori della sociologia economica ritengono che sia possibile uno studio scientifico dei rapporti tra economia e società: non rivolto alla formazione di leggi generali, ma che si concretizza in: “modelli analitici di fenomeni storici comee il capitalismo”.

2. LA «FILOSOFIA DEL DENARO» DI SIMMEL
Sembra che la Filosofia del denaro di Georg Simmel, pubblicata in prima edizione nel 1900, sia stato il primo libro letto da Weber dopo la grave crisi psichica che lo aveva afflitto negli anni a cavallo del secolo.
Weber e Sombart collaborarono all'«Archiv». Simmel e Weber sviluppano un rapporto di amicizia e di stima intellettuale. Nel 1909 i tre fondarono anche, insieme, a Tonnies, la Società Tedesca di Sociologia, da cui però simmel uscirà nel 1913, quando i suoi interessi si orienteranno prevalentemente verso la filosofia.

2.1 Filosofia e sociologia economica
SIMMEL (ebreo): La società è formata da un'insieme di istituzioni che nascono dall'interazione tra gli uomini e una volta consolidatesi ne condizionano il comportamento. Si parla in proposito di «forme pure». La sociologia studia dunque le origini e i caratteri di tali forme, ovvero dei modelli di comportamento istituzionalizzati. Il DENARO è una di queste istituzioni (di cruciale importanza) => chiarire le origini dell'economia monetaria è essenziale per comprendere la società moderna.
Intento di integrare l'interpretazione di Marx, con una formulazione, che è molto simile a quella usata da Weber qualche anno dopo, nel tracciare il programma scientifico della sociologia economica.Ad ogni interpretazione della formazione ideale meiante fattori economici, vi è l'esigenza di spiegare questi ultimi.. e così via.Quali sono i presupposti «non economici» dell'economia monetaria?
La fiducia nel denaro, a sua volta sostenuta da fattori istituzionali, che lo rendono un'«istituzione pubblica».
Tra l'economia monetaria e lo stato centralizzato e il sistemagiuridico si stabilisce un rapporto di interdipendenza.
Quali soggetti? Gli stranieri e i gruppi sociali esclusi (ebrei, moriscos, paria, quaccheri)=> sono i principali soggetti del mutamento che prepara le condizioni per lo sviluppo del capitalismo. Condizioni che consentono l'esercizio di tale attività:
Accumulazione del capitale
Dissoluzione dell'economia naturale
2.3 Le conseguenze dell'economia monetaria
Il denaro favorisce la crescita della libertà individuale -> l'allargamento e la pluralizzazione delle cerchie sociali in cui il singolo si inserisce per sua scelta, specie nelle grandi metropoli, è l'espressione e insieme lo strumento attraverso cui si afferma la personalità individuale.
Simmel condivide anche molti elementi dell'ottimismo liberale, ma anche un certo pessimismo che trova espressione nel pensiero di Nietzsche: L'istituzione denaro, una volta consolidatasi, condiziona profondamente le relazioni sociali -> spersonalizzazione crescente dei rapporti.
L'economia monetaria dissolve le vecchie solidarietà tradizionali

2.4 Capitalismo e socialismo
Simmel non vede nel socialismo una soluzione. Per lui il socialismo è una forma di reazione nel tentativo di ricostruire nuove solidarietà collettive -> ma ciò porterebbe inevitabilmente al «socialismo di stato», ben lontano da quegli ideali di nuova solidarietà che pure il socialismo vorrebbe realizzare -> pessimismo storico.
Simmel auspicava un cambiamento del capitalismoin 2 direzioni:
maggiore valorizzazione delle competenze e dei meriti
riduzione dell'«umana tragedia della concorrenza», in 2 modi:
- riduzione dei beni scarsi
- crescita dei beni collettivi

3. «IL CAPITALISMO MODERNO» DI SOMBART
Scritti: Il capitalismo moderno (1902)

3.1 Elementi di sociologia economica
SOMBART (1863-1941): L'economia è «l'attività umana volta alla ricerca dei mezzi di sussistenza».
Le forme in cui si svolge la vita economica presentano grandissime differenze da tempo a tempo e da luogo a luogo. Concezione diversa da quella adottata dall'economia neoclassica, in quanto permette di cogliere meglio i tratti differenti nello spazio e nel tempo che caratterizzano il comportamento economico e l'organizzazione delle attività volte alla sussistenza. A questo proposito è necessario guardare a 3 aspetti:
La mentalità economica o spirito economico
L'organizzazione economica
La tecnica
Questi aspetti variano nello spazio e nel tempo. Nel loro insieme consentono di individuare un sistemma economico, ovvero «una forma particolare di economia, cioè una determinata organizzazione della vita economica nel cui ambito regna una determinata mentalità economica si applica una determinata tecnica».
Ma come può essere adoperato questo strumento?
Per quanto riguarda il primo aspetto, Sombart distingue tra:
- uno spirito economico volto alla copertura del fabbisogno ed uno di tipo acquisitivo.
- uno spirito di tipo tradizionalistico ed uno di tipo razionalistico
- una mentalità economica di tipo solidaristico e di tipo individualistico
Definizione di economia capitalistica: Il sistema economico capitalistico è caratterizzato da una mentalità acquisitiva, razionalistica e individualistica, ce si esercita nell'ambito di un'organizzazione economica libera, basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e su aziende che producono beni per il mercato utilizzando lavoro salariato.
S. distingue questo sistema da altri 2: economia diretta, contadina e del proprietario terriero, e quella artigianale. Per ogni sistema si possono individuare 3 periodi: albori, maturità e tramonto.

3.2 Le origini del capitalismo
Gli imprenditori sono le forze motrici del cambiamento (portatori di una nuovamentalità economica, di un nuovo spirito).
-Lo spirito capitalistico: E' quello stato d'animo risultante dalla fusione in un tutto unico dello spirito imprenditoriale e dello spirito borghese.
Lo spirito di intrapresa è «aspirazione al potere», intesa come volontà di affermazione e di riconoscimento sociale. «E' lo spirito di Faust».
-La formazione dell'imprenditorialità: L'imprenditorialità borghese costituisce la componente in cui si esplica più pienamente l'imprenditorialità capitalistica – matrice cristiana, ambiente urbano – e la situazione di marginalità – eretici, stranieri, ebrei.
-Il modello dello sviluppo capitalistico:
1. Cruciale contributo dello stato (come per Simmel).
2. L'interdipendenza che si stabilisce tra stato, sviluppo tecnico e politica di acquisizione dei metalli preziosi ha influenze dirette (politiche mercantilistiche, nuova tecnica razionale basata sul processo delle conoscenze scientifiche e politiche coloniali e di conquista)be indirette (che si esercitano soprattutto nel processo di formazione della ricchezza borghese) sullo sviluppo capitalistico.
3.Ma il fattore decisivo è l'imprenditorialità, dove decisivo è l'incontro tra spirito d'intrapresa e spirito borghese, che si forma sotto l'influenza culturale della religione cristiana e nell'ambiente particolare delle città europee, segnate dall'esperienza dei comuni.
4. Processo di dissolvimento degli antichi ordinamenti economici
5. Mutamento dell'ordinamento giuridico e delle politiche statali -> aumentano le spinte per un orientamento più liberista.

3.3 Il capitalismo maturo, dal XIX secolo, fino alla prima guerra mondiale
Lo spirito capitalistico: Processo di crescente razionalizzazione, dovuto a cambiamenti interni (secolarizzazione dello spirito capitalistico -> amore per la propria attività, che spinge gli imprenditori a trascurare interessi diversi dal lavoro) e fattori esterni (specializzazione della funzione imprenditoriale, che consente di delegare ad altri dipendenti una serie di compiti prima poco differenziati).
-> deconcretizzazione dell'attività imprenditoriale -> innovazione economica e socialmente legittimata
-> democratizzazione dell'imprenditorialità -> è più facile accedere al ruolo di imprenditore da tutti i gruppi sociali -> ciò che conta è disporre delle conoscenze.
L'organizzazione del sistema economico: verso una maggiore razionalizzazione dei meccanismi regolativi:
ordinamento giuridico e intervento dello stato in campo economico
lavoro -> spinta alla decomposizione del lavoro
azienda -> spersonalizzazione dell'azienda, che tende a organizzarsi sempre più come una burocrazia -> condensazione aziendale, cioè sfruttamento intensivo di economie di spazio, di materia e di tempo. La grande azienda concentrata permette di sfruttare al massimo le economie di scala.
consumo -> è essenziale che i consumi siano influenzati dalle imprese -> tendenza all'uniformazione dei bisogni (lo strumento principale è la moda) -> crescita del mercato di massa standardizzato.

3.4 Il futuro del capitalismo (la fase del tardo capitalismo)
Nella razionalizzazione che si afferma nel capitalismo maturo sono però già insiti alcuni germi che porteranno al declinio di questo sistema economico. Essi cominciano a manifestarsi nel periodo sucessivo alla prima guerra mondiale.
Differenze tra Sombart e Marx: Sombart era un ammiratore di Marx, ma credeva che egli avesse commesso 2 errori di valutazione:
-Anzitutto Marx sottovalutava il ruolo degli imprenditori.
-Aveva inoltre una visione teleologica dello sviluppo capitalistico, immaginando il suo inevitabile superamento nel socialismo.
Ma il suo lavoro non vuole essere altro che una continuazione e in un certo senso un completamento dell'opera di Marx.
Per Sombart si va verso un capitalismo stabilizzato e regolato. Le differenze tra questo tipo di sistema economico e un socialismo tecnicizzato e razionalizzato sono molto ridotte. Anch'egli ritiene infatti, come Simmel, Weber e Schumpeter, che il processo sia quello della razionalizzazione e della burocratizzazione. Il socialismo potrebbe solo accentuare queste tendenze.
Il sistema economico capitalistico si indebolisce e la mentalità economica vede un attenuarsi dello spirito di intrapresa.. E' quindi probabile «una tendenza generale alla graduale decadenza della mentalità imprenditoriale» -> L'organizzazione del sistema economico capitalistico è caratterizzata da crescenti restrizioni alla libera ricerca del massimo profitto, a causa di:
Burocratizzazione, vincoli come cartelli, concentrazioni, sindacati..
Legislazione sociale
Il risultato di questi cambiamenti sarà un'attenuazioe delle oscillazioni cicliche dell'economia e delle conseguenze sociali in termini di disoccupazione. In particolare, scrivendo alla vigilia della grande crisi degli anni '30, Sombart intuisce chiaramente il rilievo che la nuova politica economica (che sarà poi definita keynesiana) avrebbe avuto per lo sviluppo capitalistico. Essa mirava infatti a stabilizzare l'economia sostenendo la domanda di beni con la spesa pubblica e con il controllo politico dl credito. L'analisi di Sombart si conclude dunque con una previsione straordinariamente lucida del futuro del capitalismo.

5 - Capitalismo e civiltà occidentale: Max Weber
Nella vasta opera di Max Weber la ricerca sulle origini del capitalismo diventa una ricerca sulle origini del razionalismo occidentale. Di solito si insiste sul ruolo del protestantesimo nell ricostruzione che Weber fa del capitalismo. Il suo quadro interpretativo è però più complesso: accanto ai fattori religiosi vanno considerati aspetticome la città occidentale, lo stato, la scienza razionale. Sombart si può considerare un sociologo economico in senso stretto, forseil primo nello sviluppo della disciplina. Molto più coomplessa è la personalità scientifica di Max Weber. La sociologia dell'economia è certamente una componente centrale del suo lavoro, ma essa è andata via via crescendo in un percorso più ricco, articolato e ambizioso di quello di Sombrt, fino a diventare una sociologia della storia dell'Occidente moderno. Sombart aveva chiaramente intuito che all'origine dello sviluppo capitalistico vi erano condizioni culturali e istituzionali specifiche dell'Occidente: la religione, lo stato, l'esperienza comunale. Tuttavia, non aveva approfondito questi aspetti.
1. LE PRIME RICERCHE SULLA SOCIETA' TEDESCA
WEBER (1864-1920). Egli così si definì: «sono un membro della classe borghese». Si orientò verso un liberismo più radicale, critico di quello tdesco tradizionale. La sua formazione fu influenzata dallo storicismo, studiò in particolare storia economica e diritto. I legami con docenti prestigiosi che weber aveva stabilito, favorirono il suo coinvolgimento in importanti attività di ricerca.
Primi studi -> si pongono le basi per il passaggio da un'indagine a livello microsociologico, più centrata sull'esperienza tedesca, alla prospettiva di ricerca macrosociologica.
Studiando la situazione dell'agricoltura nella Germania orientale, Weber rimase colpito dalla tendenza dei lavoratori a lasciare la condizione di contadini fissi per quella di salariati, o addirittura a emigrare, nonostante le loro condizioni fossero certamente migliori -> lavoratori agricoli volevano liberarsi dai pesanti rapporti di dipendenza nei riguardi degli Junker. Anche il comportamento degli operatori di borsa tedeschi (mercato poco regolamentato) non è comprensibile in termini strettamente utilitaristici, diversamente da quelli inglesi (accesso ristretto)
=> Questo conduce a fare particolare attenzione:
- al ruolo cruciale di condizioni non economiche di natura culturale e istituzionale per comprendere il comportamento economico.
- al problema delle differenze territoriali dello sviluppo economico (interne alla Germania ma anche tra Germania e altri paesi, specialmente anglosassoni).
=> Il ruolo delle città nello sviluppo economico è fondamentale -> è essenziale un appropriato quadro istituzionale che sostenga la crescita dell'imprenditorialità -> sviluppo economico.
Le considerazioni di Weber contengono un'implicazione teorica molto importante: se si vogliono comprendere le differenze di sviluppo tra varie aree, non ci si può limitare a prendere in esame la capacità dei soggetti di combinare efficacemente le risorse. A questa prospettiva, più tipica dell'economia, e anche del marxismo, Weber contrappone quella della sociologia economica: l'attività imprenditoriale è considerata una variabile che dipende dal contesto istituzionale in cui i soggetti sono inseriti. => come per il lavoro e per la finanza, anche per la produzione è essenziale un appropriato quadro istituzionale. Solo se esso sostiene la crescita dell'imprenditorialità si può generare lo sviluppo economico.
2. LA FORMAZIONE DELL'IMPRENDITORIALITA'
Come si sviluppano orientamenti culturali favorevoli alla crescita dell'imprenditorialità? La tesi di Weber è che occorre guardare all'influenza della religione protestante sulla diffusione di un'etica economica che alimenta a sua volta lo «spirito del capitalismo», nonchè alla maniera in cui l'ascesi protestante è stata a sua volta influenzata. In questa chiave acquista rilievo soprattutto il ruolo delle città e di alcuni gruppi sociali in esse presenti, come i mercanti e gli artigiani.
Con gli studi sul protestantesimo egli vuole chiarire meglio attraverso quali meccanismi culturali e istituzionali il contesto urbano favorisca la formazione delle motivazioni di un'imprenditorialità specificamente capitalistica.
2.1 Lo spirito del capitalismo
Orientamento economico tradizionalistico. Due aspetti principali:
il profitto non è pienamente giustificato dal punto di vista etico, ma è tollerato => la sua ricerca avviene prevalentemente con gli estranei.
L'acquisività si manifesta nel commercio, ma non investe invece la sfera della produzione, che resta governata da routine tradizionali.
=> Lo spirito del capitalismo si differenzia per profondi mutamenti che investono entrambe le dimensioni.
la ricerca del profitto diventa non solo giustificata, ma addirittura sollecitata sul piano etico. L'impegno nel lavoro diventa un dovere etico.
Penetrazione progressiva della ricerca del profitto, basata sul calcolo razionale del rendimento del capitale. In tal modo viene rotta la staticità dell'economia tradizionale volta all'autoconsumo e viene rivoluzionata la stessa sfera della produzione per il mercato.
Nuovi imprenditori, vengono dal basso, non dispongonodi molto capitale, dispongono però di qualità etiche diverse dal passato, chiarezza di visione, entergia, impegno nel lavoro.
=> la ricerca delle forze motrici dell'espansione del capitalismo moderno è in primo luogo una ricerca sullo sviluppo dello spirito del capitalismo.
Come si è formato tale spirito? Quali sono le sue origini?
2.2 L'etica economica del protestantesimo
La diffusione dello spirito del capitalismo può essere vista come una conseguenza inintenzionale dell'etica economica del protestantesimo, e in particolare della componente calvinista. Un aspetto fondamentale del credo calvinista è l'idea di predestinazione -> non è possibile cambiare il destino.
Giunge così a compimento «quel grande processo storico-religioso di disincantamento del mondo che ebbe inizio con la profezia ebraica antica ..» Tuttavia, il calvinismo determina una tremenda solitudine del credente. -> l'impossibilità di cambiare il proprio destino genera angoscia. L'unico modo per uscire da questo stato è considerarsi eletti -> e impegnarsi nel lavoro professionale per rafforzare la fiducia nella loro condizione di eletti. Ricerca del profitto come dovere etico e impegno ad un impiego produttivo del capitale. Condanna del consumo di lusso e dei piaceri.
=> orientamento verso l'attività economica che favorisce «la formazione del capitale attraverso la costrizione ascetica al risparmio».
Weber integrò queste considerazioni nel suo successivo saggio Le sette protestanti
-> profonda differenza per il comportamento individuale che discende dall'essere membro di una chiesa o di una setta.-> nella chiesa si nasce, nella setta si è ammessi.
Situazione americana: l'eclusione da una setta è economicamente penalizzante => interesse anche materiale a mantenere un comportamento eticamente qualificato => le sette hanno una forma organizzativa ce tende a stimolare un comportamento più rigoroso di quanto non accada con la chiesa. (una spinta analoga proviene dalla particolare organizzazione delle sette protestanti).
Weber ha dunque mostrato le affinità tra etica protestante e spirito del capitalismo, ma è consapevole di non aver presentato una vera dimostrazione causale del rapporto tra i due fenomeni. => l'influenza del protestantesimo è rilevante per la fase della genesi del capitalismo, mentre si attenua successivamente.
La tesi di Weber è stata oggetto di un intenso dibattito. Le critiche si sono però spesso accompagnate fraintendimenti della posizione. Tuttavia, il sociologo tedesco, nella riedizione dell'Etica e nella Sociologia della religione, sottoplinea in risposta che la ricerca sulle origini dello spirito del capitalismo non coincide con quella delle cause dello sviluppo capitalistico, che sono ben più complesse.
Questa consapevolezza spinge Weber ad allargare le sue ricerche. Ed è in questo quadro che sarà chiarito meglio il rapporto tra protestantesimo e città nella formazione dell'imprenditorialità capitalistica.
3. CARATTERI E ORIGINI DEL CAPITALISMO MODERNO
3.1 La definizione del capitalismo moderno: forma di organizzazione economica che consente il soddisfacimento dei bisogni attraverso imprese private che producono beni per il mercato sulla base di un calcolo di redditività del capitale da investire 8aspettative di profitto), e che impiegano forza lavoro salariata formalmente libera. => 3 elementi rilevanti per distinguere il capitalismo moderno da altre forme di organizzazione economica:
soddisfacimento dei bisogni tramite il mercato
razionalizzazione del calcolo del capitale
organizzazione razionale del lavoro salariato formalmente libero => un calcolo razionale del capitale è possibile solamente quando i costi dei prodotti possono essere calcolati in anticipo in modo univoco attraverso accordi.Ciò che distingue il capitalismo moderno è che la ricerca di profitto (presente in ogni tipo di società) si concntra nella sfera della produzione per il mercato con forza lavoro slariata.
Distinzione tra capitalismo economico e politico. Ma in conclusione, è il capitalismo industriale il vero tratto distintivo del capitalismo moderno (sfera della produzione)
Dunque non ci può essere capitalismo moderno senza classe operaia.
Il problema centrale non è quindi in ultima analisi il sorgere dell'attività capitalistica in quanto tale, è invece piuttosto quello della genesi del capitalismo d'impresa borghese con la sua organizzazione razionale del lavoro libero.
=> necessità di chiarire la specificità dello sviluppo storico occidentale rispetto ad altre aree del mondo che hanno conosciuto il capitalismo, ma non il capitalismo moderno, che è proprio solo dell'occidente. Strategia di ricerca di Weber: Nei suoi numerosi saggi affronta un'imponente indagine comparata che ha per scopo di individuare i fattori causali cruciali, isolando quelli che sono presenti nell'esperienza occidentale, fornendocosì uno straordinario affresco delle specificità culturali e istituzionali della civiltà occidentale. Questa impresa fu però interrotta dalla morte prematura nel giugno 1920.
Ricostruzione della formulazione più matura della teoria del capitalismo (IV cap. della Storia economica) Presupposti -> 6 condizioni:
Appropriazione dei mezzi di produzione da parte dell'imprenditore
Libertà di mercato
Forza lavoro libera
Tecnica razionale
Commercializzazione dell'economia
Diritto razionale
Queste condizioni hanno carattere idealtipico => non sono mai pienamente realizzate. Sono solo uno strumento per spiegare meglio perchè il capitalismo moderno è un fenomeno tipicamente occidentale.
3.2 Le condizioni del capitalismo moderno
Perchè i caratteri del capitalismo moderno si sono affermati in occidente?
SCHEMA CONCETTUALE:
condizioni specificamente occidentali -> entrambe influenzate da fattori di tipo religioso (ruolo della profezia etica)
culturali -> riguardano l'influenza dell'etica economica
istituzionali -> città occidentale; stato razionale; scienza razionale
altri fattori complementari
vicende belliche
conquiste coloniali e afflusso di materiali preziosi
domanda di beni di lusso delle corti
condizioni geografiche favorevoli
4. IL CONTRIBUTO TEORICO DI WEBER
La costruzione del modello idealtipico di un individuo storico: il capitalismo moderno. => restava radicatain Weber l'idea della fondamentale storicità della società umana. -> non si può prevedere il futuro sulla base di leggi che pretendono di trattare la società come la natura -> questo era stato il limite più grande della costruzione di Marx. Per questo motivo non c'è una trattazione sistematica del futuro del capitalismo nelle opere di Weber. Un ricco serbatoio di strumenti concettuali che devono però essere concretamente applicati nell'indagine storico-scientifica: non concludono l'analisi, la preparano.
Questa apertura e flessibilità delle categorie analitiche weberiane ha finito per essere la fonte della sua persistente influenza sulle scienze sociali contemporanee.
«Il socialismo razionale non sarebbe mai sorto senza le crisi» -> Conclusioni marxiane, dunque, quelle di Weber, ma non lo è altrettanto la sua prognosi sul capitalismo. Nonostante la sua prudenza metodologica, una prognosi sul capitalismo in effetti Weber la formula, ma è significativo che lo faccia soprattutto nei suoi interventi politici-> Prognosi frammentaria che va considerata con cautela.
Weber critica l'idea di Marx che le crisi ricorrenti del capitalismo portino al crollo del sistema economico e a un processo rivoluzionario. Esse innestano piuttosto «una trasformazione graduale della vecchia economia» -> si formano dei cartelli industriali volti a regolare i prezzi e la produzione e quindi a controllare la concorrenza, mentre le banche si organizzanoper controllare la concessione di credito, e quindi limitare anche per questa via il rischio di sovrapproduzione; si formano aziende statali, espressione di un più esteso impegno dello stato per sostenere il livello di vita della popolazione.
PROGNOSI SUL CAPITALISMO DI WEBER:
Aumento complessivo della burocratizzazione -> maggiore organizzazione significa anzitutto imprese più grandi. Si manifesta così anche nel campo economico quel paradosso della razionalizzazione che per Weber caratterizza tutte le sfere della società moderna -> il processo di razionalizzazione della condotta di vita tende ad aumentare il controllo degli uomini sul mondo; il coordinamento burocratico che investe le attività economiche politiche militari scientifiche e culturiali acresce enormemente l'efficienza, ma allo stesso tempo finisce per minacciare la libertà degli uomini sottoponendoli al dominio burocratico -> indebolendo così anche il ruolo dell'imprenditorialità.
CONSEGUENZE:
Deresponsabilizzazione. Perchè il burocrate, quando rischia, lo fa col denaro pubblico.
RISCHI:
-capitalismo politico: è un capitalismo fragile, sempre esposto al tracollo finanziario e incapace di darsi basi solide stabili.
-socialismo di stato: corrisponde all'avvento del socialismo. Rischio sia di stagnazione economica che di limitazione della libertà individuale.
Weber daun lato era d'accordo con Marx, dall'altro formulava prognosi opposte.
Il capitalismo, non era inevitabilmente condannato da problemi economici, come riteneva Marx, ma era seriamente minacciato da pericoli politici: dal carattere pervasivo della burocratizzazione che esso stesso tendeva a stimolare.
Previsioni:
Weber, nel prefigurare una linea di resistenza del capitalismo basata sull'equilibrio e il bilanciamento tra burocrazie private delle imprese e burocrazie pubbliche =>ha intravisto quel processo di riassetto istituzionale del capitalismo democratico verso un «pluralismo organizzato» o addirittura un «neo-corporativismo», che si sarebbero effettivamente affermati nei decenni sucessivi.

CONTRIBUTO DI WEBER (in breve):
Il compito della scienza non era per lui predire il futuro, individuare leggi, ma contribuire a chiarire le scelte. Chiarire i caratteri, i presupposti, le origini serve a metterein luce i problemi, ma anche a comprendere meglio quali azioni possono essere congruenti con questi obiettivi.
Le origini del capitalismo: Dalconflitto, ma anche dall'interdipendenza tra stato e borghesia economicamente autonoma è nato il capitalismo moderno. Dove lo stato ha dominato la società, l'esito è stato un dispotismo redistributivo. Dove lo stato è troppo debole l'esito è stato un capitalismo poco tradizionale, e non il capitalismo economico moderno.
Questa prospettiva resta di grande rilievo anche per affrontare i problemi dello sviluppo economico contemporaneo. Il carattere strategico delle variabili istituzionali: Lo sviluppo non è un mero problema di politica economica, ma una costruzione istituzionale, che si basa sulla maturazione di un equilibrio tra stato e società.
Infine, il funzionamento e l'evoluzione del capitalismo:
Problema cruciale: l'erosione delle basi normative di tipo religioso, i problemi funzionali connessi alle crisi, e alla conseguente destabilizzazione delle relazioni sociali, lo sviluppo e tanti altri, sono tutti elementi che rendono cruciale per il capitalismo il contributo regolativo dello stato. Però una crescita ecessiva della burocratizzazione può portare alla stagnazione economica e sociale, o peggio alla fuoriuscita dal capitalismo moderno verso quello politico o verso il socialismo di stato.
Anche il problema della riproduzione del capitalismo è pertanto un problema di equilibrio, di bilanciamento tra intervento dello stato e autonomia della società e del mercato.

6 – Le conseguenze sociali del capitalismo: Durkheim e Veblen

7 – La Grande Crisi e il tramonto del capitalismo liberale: Polanyi e Schumpeter

L'800 fu il secolo d'oro del capitalismo liberale. Per circa cento nni l'Europa non fu segnata da una grande guerra. Ma già negli ultimi decenni del secolo cominciano a manifestarsi i primi segnali. Il protezionismo industriale e agrario contribuiva a frenare gli scambi internazionali e spingeva a una più intensa politica coloniale. Aumentarono le tensioni politiche, fino a sfociare nella prima guerra mondiale. Il conflitto comportò costi economici e sociali altissimi e accelerò il mutamento istituzionale. Nonostante i tentativi di ricostruire l'ordine prebellico, le condizioni economiche e sociali restarono estremamente instabili. Negli anni '20 l'Europa è duramente provata: deve far ricorso a ingenti prestiti dagli Stati Uniti, il commercio internazionale stenta a riprendersi, mentre la produzione di manufatti cresce a ritmi elevati, trainata dalle innovazioni tecnologiche. Il persistente protezionismo doganale ostacola gli scambi. La dipendenza dai prestiti americani dell'economia europea - e in particolare quella tedesca, gravata anche dai danni di guerra da ripagare - è molto elevata. Situazione di alto rischio perchè l'interruzione dei flussi creditizi americani, avrebbe potuto scatenare effetti disastrosi sull'economia europea e mondiale. Ed è proprio questo che si verificò in seguito al crollo della Borsa di New york nel '29. La Grande Crisi trascinò tutta l'economia dei paesi sviluppati in una gravissima e prolungata depression, con crollo della produzione, fallimenti a catena e picchi di disoccupazione mai raggiunti in precedenza.
La Grande Crisi si può considerare come uno spartiacque ideale nella storia economica e sociale.
E' su questo sfondo che si colloca la riflessione di Karl Polanyi e Joseph Schumpeter.
Mentre Durkheim e Veblen contribuirono a mettere a fuoco le conseguenze sociali del capitalismo liberale, P. e S. si concentrano sulla crisi di questa forma di organizzazione economica, cercando di dare una risposta agli interrogativi sulle cause del declino, e insieme delineano i processi del cambiamento: la formazione di un capitalismo più regolato.
Essi vengono da percorsi intellettuali diversi e sono politicamente su posizioni opposte: Polanyi è un socialista e Schumpeter un liberista conservatore. Tuttavia le loro analisi presentano notevoli affinità.

DOMINIO DEL MERCATO E AUTODIFESA DELLA SOCIETA'
Karl Polanyi (1886-1964, ungherese)
Costretto ad emigrare in Inghilterra, entra in contatto con il socialismo laburista e si guadagna da vivere come insegnante. Comincia a lavorare al tema delle trasformazioni del capitalismo liberale e si avvicina agli studi di antropologia e di storia economica. Si trasferirà infine a New York.
Scritti: La grande trasformazione (1944), Economie primitive, arcaiche e moderne (1968) e La sussistenza dell'uomo (1977)
1.1 L'economia come processo istituzionale
Anche P. è un istituzionalista => l'azione economica non è comprensibile in termini individualistici, ma è influenzata dalle istituzioni sociali.
Cit. «Aristotele aveva ragione: l'uomo è un essere sociale, non economico».
La ricerca del guadagno è una motivazione che non è stata sempre alla base del comportamento economico -> le economie primitive non sarebbero possibili se si attribuissero ai loro protagonisti motivazioni utilitaristiche.
Per Polanyi l'indagine economica non può essere separata dal contesto storico -> non è possibile, se non su un piano astratto, formulare delle leggi economiche generali. -> L'economia umana è quindi inserita e coinvolta in situazioni di natura economica e non economica.
P. individua 3 principi fondamentali, che egli chiama «forme di integrazione» dell'economia:

reciprocità. Es. delle isole Trobriand => un abitante maschio è responsabile verso la famiglia di sua sorella -> non vi sono motivazioni economiche nella ricerca del guadagno individuale.
redistribuzione. Es. I grandi imperi dell'antichità (Mesopotamia, Egitto dei faraoni, impero romano, Perù precolombiano, ma anche feudalesimo europeo).
scambio di mercato. E' essenziale l'esistenza di mercati regolatori dei prezzi -> «mercati autoregolati».
La grande trasformazione, il suo primo e più importante scritto, ha come obiettivo quello di spiegare come siano emersi i presupposti istituzionali dello scambio di mercato e soprattutto come essi siano stati investiti da una progressiva trasformazione che sfocia nel superamento del capitalismo liberale.
Altri 2 aspetti importanti della riflessione metodologica di P.:
l'idea di sistema economico (tipico della tradizione della sociologia economica) utilizzato legandolo a quello di forma di integrazione (in particolare quando regola l'uso della terra e del lavoro) -> Ciò vale anche per la reciprocità e la redistribuzione .
Le forme di integrazione non rappresentano «stadi» di sviluppo. «l'errore consisteva nello stabilire un'uguaglianza fra l'economia umana in generale e le sue forme di mercato». Per evitare questo egli introduce la distinzione tra economia formale (=economizzare) e sostanziale (=sussistenza umana)
In altri sistemi economici il soddisfacimento dei bisogni e la sussistenza dell'uomo avvengono in base a regole che non coincidono con quelle della massimizzazione dell'interesse individuale in un contesto di mercato. Per questo egli ritiene importante per le scienze sociali (storia, antropologia, sociologia economica) un concetto più ampio di economia che può permettere lo studio, e la comparazione nel tempo e nello spazio, di sistemi economici diversi.
1.2 La grande trasformazione
-> investe le società occidentali un cambiamento che porta al superamento del capitalismo liberale.
Due interrogativi a cui P. cerca di dare riposta:

Quali sono le origini storiche del mercato autoregolato e come si è affermata questa forma di integrazione.
LE ORIGINI STORICHE DEL MERCATO REGOLATO:
Anzitutto, l'autoregolzione implica che tutta la produzione è in vendita sul mercato e che tutti i redditi derivano da queste vendite. Tanti fattori hanno contribuito a dare forma a questa modalità di organizzazione delle attività economiche, ma uno è decisivo: l'invenzione e la realizzazione di macchinari complessi e costosi che rivoluzionano il modo di produrre -> consentono di abbassare i costi di produzione.
Analogie con Weber:
-l'importanza della piena disponibilità sul mercato di tutti i fattori produttivi.
-individuazione della figura sociale che, valendosi delle macchine, avvia le nuove forme di produzione. E' dal mercante che emerge l'imprenditore capitalistico.
Come si formano i mercati per la terra e per il lavoro?
Essi emergono come conseguenza di interventi politici, di misure amministrative, a volte di vere e proprie forme di violenza privata, come nel caso delle enclosures (-> ma non per effetto del graduale sviluppo della naturale propensione allo scambio, come era suggerito da Smith e dagli economisti classici).
Terra: eliminazione del controllo feudale, commerciabilità dei diritti di proprietà..
Ma è soprattutto sulla formazione del mercato del lavoro che si concentra l'analisi di P.:
Era in primo luogo necessario eliminare le forme di controllo sociale che regolavano i rapporti di lavoro => le corporazioni di origine medievale (In Inghilterra nel 1795: introduzione di un sistema di sussidi -> nel 1834: abolizione di tale sistema di sussidi). -> solo allora cominciò a funzionare pienamente, almeno in Inghilterra, un mercato del lavoro concorrenziale.

Quali le conseguenze sociali del mercato autoregolato ed effetti che ne derivano per il funzionamento dell'economia, tra gli ultimi decenni dell'800 e i primi del '900, fino alla Grande Crisi dalla quale si avvierà la trasformazione.
CONSEGUENZE SOCIALI: lavoro, terra e moneta vengono trasformati in merci (fittizie)
- lavoro: il processo di formazione del mercato del lavoro si accompagna alla progressiva distruzione delle forme di protezione tradizionale (parentela, vicinato) -> processo di sradicamento -> disoccupazione, nuova povertà
- terra: libero scambio -> distruzione della società rurale -> conseguenze dirompenti sull'ambiente.
- moneta: mezzo di scambio su base aurea, incoraggia gli scambi internazionali perchè garantisce la stabilità del cambio, ma maggiori rischi per l'economia interna.
I mercati del lavoro, della terra e della moneta sono essenziali ma -> bisogno di contromisure protettive -> Cominciano a manifestarsi dei meccanismi di «autodifesa della società»:
-> lavoro: sviluppo del movimentooperaio, organizzazioni sindacali e partiti socialisti -> nuova legislazione.
-> terra: interventi di protezione tariffaria e di sostegno all'agricoltura.
-> moneta: importante è il ruolo delle bnche centrali nei vari paesi -> offerta di credito centralizzata e controllata.
Tuttavia, il nuovo protezionismoha ha EFFETTI diversi: dal lato sociale attenua i costi e le tensioni, ma dal lato dell'economia genera vincoli crescenti.
si riduce la flessibilità e cresce il costo del lavoro
le tariffe doganali limitano gli scambi commerciali
L'effetto complessivo è un restringimento del commercio e degli scambi internazionali
Si va aprendo uno scarto tra produzione e consumi. Due tentativi di alleviare e allontanare le crisi di sovrapproduzione:
1- diffusione delle politiche coloniali
2 - diffondersi dei prestiti e del credito a livello internazionale
Ma a lungo andare questo meccanismo non poteva reggere -> GRANDE CRISI.
Insomma, è il conflitto di fondo tra il funzionamento del mercato e le esigenze della vita sociale a generare le tensioni che portarono alla fine della società del capitalismo liberale
Le cause della crisi sono dunque: SOCIALI E POLITICHE ->E' il nuovo protezionismo istituzionale innescato dall'autodifesa della società che irrigidisce e infine blocca il funzionamento dei mercati.
Apparentemente, le differenze tra i fascismi europei, il New Deal americano e il socialismo russo sono forti. Ma al di là di tali diversità, sottolinea Polanyi, questi regimi «erano simili .. in quanto abbandonavano i principi del laissez faire». Si tratta di esperienze che nascono daunque da una causa comune – il fallimento del capitalismo liberale – e si muovono in forme diverse verso una direzione -> la reincorporazione dell'economia nella società, attraverso il tentativo di reintrodurre quelle forme di regolazione sociale e politica che erano saltate con il sistema economico dei mercati autoregolati
=> la grande trasformazione -> il mercato non è necessariamente in contraddizione con obiettivi e strumenti di programmazione economica -> può convivere con lo sviluppo di forme di pianificazione dell'attività economica.
Rischi: mette a repentaglio alcune importanti forme di libertà (di coscienza, politiche, di associazione..), che ci si deve dunque sforzare di difendere.

DECLINO DELLA BORGHESIA E POLITICHE ANTICAPITALISTICHE
Joseph Schumpeter (1883-1950, austriaco)
Più noto come economista che come sociologo.
Pur ispirandosi sul pianopolitica a un liberismo conservatore, fu anche fortemente colpito dal pensiero di Marx per la sua capacità di cogliere le trasformazioni storiche.
Fu ministro delle finanze. Negli anni '30 si trasferì negli Stati Uniti dove insegnò a lungo ad Harvard.
2.1 Economia e sociologia economica
Problema della definizione dei confini. Egli sottolinea come nell'ambito della scienza economica ogni contrapposizione tra approccio storico e approccio teorico è sbagliata. Occorre invece distinguere tra «teoria economica», «storia economica» e «sociologia economica».
La «teoria economica» è caratterizzata da una validità a determinate condizioni.
S. difende dunque per via analitica, come Menger e Pareto, la validità dell'economia neoclassica.
Tuttavia, occorre tener conto della loro collocazione nel processo storico. (da qui l'importanza della storia economica. D'altra parte, l'importanza che assumono i fattori non economici, cioè gli aspetti istituzionali, fa si che debba essere preso in considerazione anche ilcontributo della sociologia economica.
2.2 Imprenditorialità e sviluppo economico
Non c'è dubbio che S. fosse più interessato alla teoria piuttosto che alla sociologia economica, che aveva invece attratto Weber. Come viene concepito il problema del cambiamento nella sua opera teorica più importante: La teoria dello sviluppo economico (1912).
Nonostante l'obiettivo esplicito di costruire una teoria puramente economica, di fatto S. fa entrare anche in gioco variabili sociali.
Punto di partenza:
La crescita è distinta dallo sviluppo.
La crescita è un fenomeno graduale, fatto di continui aggiustamenti.
Lo sviluppo implica invece una discontinuità ed è caratterizzato dall'«introduzione di nuove combinazioni» (-> S. si interessa alle cause endogene -> lo sviluppo è il risultato dell'azione degli imprenditori).
Occorre distinguere meglio, nell'ambito delle attività di direzione e gestione delle imprese tra quelle che hanno carattere di routine e quelle che portano all'innovazione. E' a queste ultime che va collegato in senso specifico il concetto di imprenditore.
Conseguenze:
-imprenditore, uomo d'affari ma anche manager
-non è necessario il rapporto di continuità con l'impresa
-gli imprenditori non appartengono a una specifica classe sociale. Essi derivano invece dalla creazione di potere d'acquisto aggiuntivo realizzata dalle banche.
S. sottolinea dunque il lgame tra credito e innovazione..
Per utilizzare concretamente il capitale a fini di sviluppo occorre avere particolari qualità di leadership, che sono rare e concentrate in alcuni individui. «La condotta in questione è un altro operare, che richiede capacità diverse nel modo da quelle di un mero comportamento economico razionale».Quando si realizza un'innovazione è necessario misurarsi con carenze di informazioni, con condizioni di maggior incertezza. Bisogna combattere e vincere anzitutto le resistenze che vengono dall'interno stesso del soggetto che deve innovare, cioè dai suoi schemi mentali già consolidati, che possono essere un ostacolo. Occorre poi superare le resistenze dell'ambiente sociale. Occorre insomma combinare insieme diverse caratteristiche: intuizione, capacità di visione, ma anche competenza e determinazione - >fattori di tipo psicologico, no riducibili al calcolo razionale della teoria tradizionale.
Sulla scia di Simmel e Sombart, Schumpeter accenna inoltre anche alla marginalità sociale, come possibile fonte di imprenditorialità.
4 tipi di legami dell'imprenditore-innovatore con un particolare retroterra sociale e istituzionale:

padrone di fabbrica
capitano d'industria
manager di formazione tecnica
fondatore d'impresa (imprenditore puro)
Conclusione -
L'aver posto l'attenzione sul fenomeno dello sviluppo attraverso l'innovazione ha 2 conseguenze importanti, consente cioè di:
-definire in modo originale il profitto
-offrire una spiegazione articolata dei cicli economici.
La teoria di S. ha evidenti collegamenti con il contesto sociale e istituzionale: L'imprenditore si forma in un contesto influenzato dalla stratificazione sociale e dalle istituzioni vigenti.

2.3 Può sopravvivere il capitalismo?
L'opera più importante dello studioso per la sociologia economica è Capitalismo, socialismo e democrazia
-> influenza sociale sull'imprenditorialità.
S. vuole mostrare come il cambiamento di fattori culturali e istituzionali è il principale responsabile del declino dell'economia di mercato. La parte centrale dell'opera è dedicata alle trasformazioni del capitalismo.
1^ PARTE - Perchè il declino non ha cause economiche?
La crisi del '29 è il frutto di un insieme di cause che aggravano gli effetti di una fase discendente particolarmente acuta del ciclo. -> irrigidimento complessivo dei meccanismi di autoregolazione dei mercati per effetto delle «politiche anticapitalistiche» (che Polanyi chiamava invece nuovo protazionismo sociale).
Nucleo centrale della sua tesi: non è il capitalismo di mercato a creare meno sviluppo, ma bisogna guardare a fattori di natura istituzionale, come le politiche anticapitalistiche.
1.In particolare vuole contrastare l'idea che il passaggio a una fase in cui prevalgono axiende monopolistiche e oligopolistiche implichi di per sé minore efficienza e minor dinamismo.
2. In secondo luogo vuole criticare quelle teorie (tra le quali quella keynesiana) che sostengono vi sia un «declino delle opportunità di investimento».
Diventa essenziale il processo di «distruzione creatrice» che porta a rivoluzionare il sistema produttivo con i cicli di innovazione. Il problema essenziale non è come il capitalismo amministri le strutture esistenti, ma come le crei e le distrugga.. -> impulso al formarsi di imprese sempre più grandi che, come aveva previsto Marx, soppiantano via via quelle più piccole.
Dal punto di vista dinamico => la concorrenza di tipo oligopolistico o monopolistico è lo stimolo imperioso che a lungo andare espande la produzione e riduce i prezzi.
S. confuta la tesi del «declino delle opportunità di investimento», di stampo keynesiano -> a suo avviso le potenzialità di innovazione e quindi di sviluppo del capitalismo non si esauriscono. Contrariamente a quanto sostenuto dai keynesiani, le politiche governative, che con la leva fiscale e della spesa dovrebbero sostenere la domanda e gli investimenti, finiscono invece per aggravare il male => «l'evoluzione capitalistica tende ad arrestarsi .. perchè lo stato moderno può spezzare o paralizzare le sue forze motrici».
2^ PARTE – Le cause culturali e sociali del declino
3 aspetti:
L'indebitamento della borghesia..
Decadenza della funzione imprenditoriale;
La «disintegrazione della famiglia borghese»;
Altri fattori relativi alla stratificazione sociale e ai suoi rapporti con la politica.
Il ruolo essenziale dell'aristocraziacome classe dirigente (sopravvissuta alla distruzione del feudalesimo);
il processo di concentrazione della struttura produttiva;
Si creano le condizioni favorevoli al diffondersi di un fattore decisivo: un'«atmosfera sociale» ostile al capitalismo liberale. Due fattori influenzano questo processo: la crescita dei livelli di istruzione e di disoccupazione o sottooccupazione intellettuale e il fatto che le istituzioni capitalistiche non possono limitare la libertà di espressione e di organizzazione del malcontento. Il risultato è che gli intellettuali influenzano, direttamente o indirettamente, la politica e le sue decisioni.
Ma l'elemento decisivo che porta all'indebolimento del capitalismo liberale sono le «politiche anticapitalistiche», cioè un complesso di misure legislative e amministrative che si vanno diffondendo parallelamente all'indebolimento della borghesia e alla crescita del malcontento fomentato dagli intellettuali. Sono tutti quegli interventi che estendono il ruolo dello stato o della contrattazione collettiva: politiche della spesa pubblica, politiche redistributive, antitrust, diffusione delle imprese pubbliche, legislazione assistenziale e crescita della contrattazione sindacale. Conseguenze: Introducono un graduale spostamento dei principi di regolazione dell'economia dai mercati autoregolati a forme di pianificazione socialista.
Schumpeter vede nel capitalismo americano del New Deal una sorta di «capitalismo laburista.».
«Può funzionare il socialismo», si chiede infine Schumpeter. -> Non solo il socialismo può essere efficiente sul piano eonomico, ma anche non necessariamente deve essere visto in contraddizione con la permanenza della democrazia politica. Insomma, per S. il declino del capitalismo liberale prepara gradualmente il passaggio al socialismo.

CONVERGENZE ANALITICHE E DIVERGENZE POLITICHE
Polanyi e Schumpeter non appartengono allo stesso ambiente cultuarle e non hanno interazione tra loro. Tuttavia entrambi contribuiscono a mettere a fuocoun problema importante: quello del declino del capitalismo liberale e della grande trasformazione.
Entrambi cercano di dare risposta allo stesso problema:
Perchè tramonta il capitalismo liberale?
Le cause del declino sono sociali
I mercati non possono esistere in concreto senza un adeguato supporto istituzionale
E quali direzione prende il processo di trasformazione che si avvia dopo la crisi del '29?
Entrambi arrivano a conclusioni simili, tuttavia:
per Polanyi la grande trasformazione sta nel passaggio a un capitalismo in cui il ruolo del mercato è più limitato e più regolato socialmente e politicamente.
Schumpeter parla invece di un capitalismo laburista che avrebbe preparato il passaggio a una forma di organizzazione economica di tipo socialista.
S. non giudica favorevole il processo in corso.
P. ritiene invece che il passaggio ad un'economia più reincorporata nella società sia non solo inevitabile ma anche auspicabile.

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