venerdì 18 marzo 2011

TECNICHE DI RICERCA QUALITATIVA

TECNICHE DI RICERCA QUALITATIVA:
PERCORSI DI RICERCA NELLE SCIENZE SOCIALI

(Mario Cardano, Roma, Carocci, 2003, 188 p.)

Introduzione

Sempre più frequente combinazione di tecniche di ricerca qualitativa e quantitativa -> questo non preclude la possibilità di distinguere tra esse => Rinuncia a una distinzione netta tra tecniche di ricerca quantitativa e ricerca qualitativa, ma non rinuncia a ogni forma di distinzione -> sono possibili distinzioni più fluide ricorrendo alla teoria degli insiemi sfocati (fuzzy set). Questa prospettiva consente di collocare in modo non contraddittorio una tecnica di ricerca in entrambi gli insiemi, ovvero all'insieme delle tecniche qualitative o quantitative, attribuendo per ognuno un valore di appartenenza compreso tra 0 e 1.
Nella cassetta degli attrezzi:
-il concetto weberiano di "tipo ideale".
Le 4 fasi della ricerca empirica:
-fase del disegno
-fase della costruzione della documentazione empirica
-fase di analisi della documentazione empirica
-fase di comunicazione dei risultati
3 tecniche di ricerca:
-l'intervista discorsiva
-l'osservazione partecipante
-il focus group
Quali le peculiarità metodologiche della ricerca qualitativa?
Quali i criteri di scelta?
Tra le posizioni che riconoscono alla ricerca qualitativa lo statuto di una scienza empirica, 2 sono le posizioni dominanti:
la plausibilità dei risultati ottenuti con una ricerca qualitativa deve essere valutata con gli stessi criteri e le stesse procedure impiegate per la ricerca quantitativa: la conformità alla logica dell'inferenza.
la plausibilità dei risultati di una ricerca qualitativa, la sua credibilità, riposa sull'impiego di una procedura rigorosamente induttiva, codificata in dettaglio: la grounded theory (Glaser e Strauss).

Entrambe le posizioni prese singolarmente sono tuttavia insoddisfacenti.
-Tesi monista-> Esiste un solo insieme di criteri legittimato
-Tesi pluralista-> Esistono due insiemi di criteri, uno per la ricerca quantitativa, l'altro per la ricerca qualitativa
Rischio di "balcanizzazione" del metodo scientifico -> eccessiva differenziazione, smembramento, frammentazione e confusione totale.
=> Nozione di metodo come insieme di principi, simili alle leggi del diritto o alle norme etiche (Madison – Method in Interpretation).
Questa concezione dissolve la contrapposizione tra monismo e pluralismo metodologico
->richiamo alla necessità di un dettagliato resoconto riflessivo delle procedure di ricerca adottate.
Ricerca qualitativa guidata dal principio dell'obiettività, cui è possibile dare corpo attraverso un metodico resoconto riflessivo dell'itinerario di ricerca seguito.
Parte prima. Un quadro d'insieme


1. I modi della ricerca sociale: osservazione, esperimento, simulazione
La locuzione ricerca sociale designa la ricerca scientifica condotta nel dominio delle scienze sociali (storiografia, psicologia, sociologia, antropologia, scienze politiche ed economia).
Due orientamenti di ricerca (distinzione puramente analitica): ricerca empirica e ricerca teorica.
Ricerca empirica: "successione di operazioni per produrre risposte a domande sulla realtà".
Può essere organizzata in 4 fasi: (v. Sopra)
Costruisce i propri asserti ricorrendo a 3 diverse procedure empiriche:
1.L'osservazione (il ricercatore si connette all'universo facendone esperienza)
2.L'esperimento
3.La simulazione


1.1 L'esperimento
E' lo strumento principe per il controllo delle ipotesi causali.
Il controllo di un'ipotesi causale richiede 3 condizioni empiriche:
a) la covariazione tra la variabile indipendente (causa) e la variabile dipendente (effetto);
b) il controllo della direzione causale: la variabile cui si imputa un impatto causale deve essere la fonte di variazione della variabile dipendente;
c) il controllo delle cosiddette variabili terze: si deve accertare che la relazione tra la variabile indipendente e la variabile dipendente non sia perturbata da altre variabili.

Tipi di esperimento: Esperimento in laboratorio e quasi-esperimento (sul campo o naturale)

Esperimento
Manipolazione della variabile indipendente: sì
Controllo dei fattori di disturbo (variabili terze): sì
Quasi-esperimento sul campo
Manipolazione della variabile indipendente:: sì
Controllo dei fattori di disturbo (variabili terze): no
Quasi-esperimento naturale
Manipolazione della variabile indipendente:: no
Controllo dei fattori di disturbo (variabili terze): no



1.2 La simulazione
E' una procedura per lo studio dei fenomeni sociali del tutto speciale: il ricercatore osserva o sottopone a un trattamento non già l'oggetto, ma una copia dell'oggetto, disegnata da un insieme di algoritmi eseguiti al computer (non si studiano i fenomeni sociali ma le loro rappresentazioni rese da un modello informatico).
Pregi:
a)Consente la messa a punto di modelli che raffigurano l'interazione sociale;
b)Possibilità di raffigurare i processi sociali, di elaborare modelli dinamici.
c)Il ricorso alla simulazione implica la costruzione di un modello del fenomeno sociale in studio => nel costruire qsto modellosi è costretti a rendere espliciti gli assunti ontologici che guidano la ricerca.
Principali applicazioni della simulazione nelle scienze sociali, obiettivi per i quali vi si fa ricorso:
1)La sperimentazione (la simulazione offre l'opportunità di condurre - in vitro - esperimenti sociali al computer);
2)L'osservazione (la simulazione delinea uno scenario sociale, offrendo al ricercatore l'opportunità di puntare la lente sugli aspetti che ritiene più rilevanti);
3)La proiezione (consente di costruire ipotesi sugli stati futuri di un sistema sociale, muovendo dalle informazioni che ne qualificano il presente o l'evoluzione nel tempo).


1.3 Distinguere i modi della ricerca sociale
La presenza, ovvero l'assenza di una manipolazione selettiva e controllata delle variabili rilevanti consente di separare l'esperimento dall'osservazione. In ragione dell'oggetto di queste procedure scientifiche, un oggetto in corpore vili o un oggetto in vitro, distinguiamo due accezioni, rispettivamente di osservazione ed esperimento ( avremo così l'esperimento in senso proprio, cioè condotto su soggetti in carne ed ossa, e la sperimentazione numerica o analogica, condotta attraverso supporti informatici manipolati con la simulazione).
NB: L'osservazione assorbe più dell'80% delle procedure di costruzione della documentazione empirica.
2. L'osservazione: una tassonomia delle tecniche di costruzione della documentazione empirica

Finalità del testo: Tratteggiare una mappa delle principali tecniche di ricerca qualitativa.
Queste tecniche mostrano le proprie peculiarità in modo più nitido nella fase di costruzione della documentazione empirica.

Individui, collettivi, documenti naturali. Muovendo dalla distinzione di queste tre classi di unità di osservazione, le diverse tecniche verranno distinte considerando ora il livello di strutturazione dello schema di rilevazione impiegato, ora le condizioni in cui l'osservazione viene condotta, ora la natura della relazione osservativa:

Una tassonomia delle principali tecniche di osservazione in ragione dell'oggetto cui si applicano (individui, collettivi, documenti naturali)

2.1 Tecniche per l'osservazione di individui
Possiamo distinguere l'intrvista strutturata, lo strumento principale della ricerca quantitativa, e l'intervista discorsiva, e all'interno di questa fattispecie, l'intervista guidata, detta anche semistrutturata, e l'intervista libera, detta anche non-strutturata.
Intevista guidata: lo strumento osservativo, la traccia d'intervista, governa, anche se in modo non rigido, la formulazione delle domande ma non le modalità nelle quali l'intervistato formula le proprie risposte.
Intrvista libera: la relazione tra intervistatore e intervistato assume una forma che approssima la conversazione ordinaria. In queta forma di relazione l'intervistatore si dispone in un atteggiamento di ascolto.

Tipi di intervista

Standardizzazione delle domande e delle risposte
Somministrazione di tutte le domande
Somministrazione di tutte le domande nello stesso ordine


L'intervista discorsiva (guidata o libera) ha due finalità:
1- sollecitare una narrazione -> intervista narrativa o biografica
2- esplorazione dell'universo dei valori -> intervista tematica
Ci sono, tuttavia, alcuni casi in cui l'assenza dell'intervistatore si rende necessaria. Es: attività di auto-osservazione (si chiede all'osservato di annotare in modo sistemetico tutte le attività..).
Sulla linea di confine tra le tecniche di osservazionedi individui si collocano 2 tecniche:
1)Intervista di gruppo
2)Auto-etnografia

2.2 Tecniche per l'osservazione di collettivi
Consentono di cogliere ciò che Blumer definisce l'oggetto specifico della sociologia: l'interazione sociale.
1^ criterio: separa le tecniche di osservazione applicate in un ambiente naturale da quelle che trovano applicazione in un ambiente artificiale.
2^ criterio: l'intrusività, si applica alle sole tecniche impiegate in un ambiente naturale (quelle in ambiente artificiale sono tutte -per definizione- intrusive). Consideriamo intrusive le procedure osservative che con la loro applicazione perturbano, in misura variabile, l'oggetto cui si applicano (si definiscono intrusive in base alla natura della relazione osservativa).
L'impiego congiunto dei 2 criteri conduce all'individuazione di 3 insiemi di tecniche:
a. tecniche di osservazione intrusive, applicate in un ambiente naturale
=> (1) osservazione partecipante;
(2) shadowing.
b. tecniche di osservazione non intrusive, in un contesto naturale
=> (1) osservazione naturalistica.
c. tecniche di osservazione di collettivi in ambiente artificiale
=> (1) focus group;
(2) giochi;
(3) osservazione di laboratorio.

L'osservazione partecipante costituisce il cuore della ricerca etnografica.
Lo shadowing è forse la tecnica più intrusiva: Il ricercatore segue come un'ombra il proprio soggetto per alcuni giorni, a volte per settimane, imponendogli la propria presenza per 7-8 ore al giorno. Di norma si applca congiuntamente ad altre tecniche di osservazione (es: ricerca di Marinella Sclavi su comparazione tra il sistema scolastico itaiano e quello statunitense).
L'osservazione naturalistica: E' una tecnica di osservazione dell'interazione sociale che ha il proprio paradigma ell'etologia animale e umana. Viene spesso applicata ricorrendo alle tecniche visuali di registrazione della documentazione empirica. Procedure: formalizzata e non formalizzata.
Emerge una singolare analogia tra l'osservazione naturalistica focalizzata sull'individuo e lo shadowing.
I giochi sono procedure concepite per osservare l'interazione sociale in condizioni quasi-sperimentali. I soggetti interagiscono seguendo le indicazioni di un "copione" che attribuisce a ciascuno un ruolo e un obiettivo da perseguire. Nei giochi l'osservazione dell'interazione sociale è condotta con modalità riconducibili a quelle dell'osservazione naturalistica.
L'osservazione di laboratorio si colloca a metà strada tra l'osservazione naturalistica e l'esperimento di laboratorio. Nell'osservazione di laboratorio i soggetti interagiscono in un ambiente artificiale, costruito dal ricercatore per le proprie finalità. Diversamente da quanto accade nell'esperimento, il controllo delle variabili terze è decisamente più contenuto.
Collocazione:
Sono tecniche genuinamente qualitative l'osservazione partecipante, lo shadowing, il focus group e i giochi.
L'osservazione naturalistica costruisce la propria documentazione empirica ricorrendo sia a procedure formali (campionamento probabilistico..) che informali (tipiche dell'osservazione partecipante).
L'osservazione di laboratorio, infine, prossima per logica e procedure all'esperimento, trova la collocazione più appropriata tra le tecniche quantitative.

2.3 Tecniche per l'osservazione di documenti naturali
Alla classe dei documenti naturali appartiene un insieme composito di oggetti che costituiscono il prodotto di comportamenti, individuali o collettivi, non sollecitati dall'osservatore.
Non sempre, tuttavia, l'attribuzione all'una o all'altra classe è così ovvia. Esempio: Un diario segreto è un documento naturale; cessa di esserlo nel momento in cui la sua produzione è sollecitata da un ricercatore.
In genere si ricorre a questa tecnica in combinazione con altre. Questo accade per esempio nella quasi totalità delle ricerche etnografiche e spesso viene lasciata in ombra l'operazione intellettuale che contraddistingue la fase della costruzione della documentazione empirica
La questione si pone invece in tutto il suo rilievo nella ricerca storica. La critica del documento, più propriamente la "critica delle fonti" verte in storia su due questioni: l'autenticità della fonte e la credibilità dell'informatore. (stabilire per esempio se il documento è autentico o falso, se è originale o una riproduzione, totale o parziale).
Intesa come tecnica per la costruzione di documentazione empirica , l'analisi documentale trova dimora sia nei territori della ricerca quantitativa, sia in quelli della ricerca qualitativa, adagiandosi sull'una o sull'altra sponda in ragione delle concrete procedure impiegate dal ricercatore per qualificare il documento e l'identità del suo autore/artefice.
Parte seconda. Tecniche di ricerca qualitativa

3. L'intervista discorsiva
L'intervista è lo strumento di costruzione della documentazione empirica più diffuso nelle scienze sociali.
L'intervista di ricerca è una forma speciale di conversazione nella quale due persone (e talvolta più di due) si impegnano in un'interazione verbale nell'intento di raggiungere una meta cognitiva precedentemente definita. La conversazione è speciale per l'assimetria di potere dei due interlocutori.
Diversi tipi di intervista distinti in ragione della forma assunta dalla comunicazione in:
A) Intervista discorsiva: l'intervistato risponde alle domande dell'intervistatore con parole sue.
Assume tipicamente 2 forme:
-Guidata: l'intervistatore conduce la conversazione seguendo una traccia che raccoglie un insieme di temi, che scandisce, guida, il percorso cognitivo. (funzione assimilabile al canovaccio nella commedia dell'arte)
-Libera: l'intervistatore si limita a porgere al suo interlocutore il tema della conversazione introducendo con una domanda per disporsi poi in un atteggiamento di ascolto, lasciando che sia l'intervistato a costruirsi da sé il suo discorso.
B) Intervista strutturata: l'intervistato risponde alle domande che gli porge l'intervistatore scegliendo le parole da un copione predefinito.

Di che cosa danno conto i testi costruiti con interviste discorsive?
2 posizioni: - "testualista"
- "realista"
E' estremamente importante stabilire in anticipo che tipo di informazione si desidera ottenere, per poter progettare in modo coerente una strategia di raccolta e analisi dei materiali.

FORME principali d'impiego dell'intervista discorsiva:
(1)usata come unica tecnica di ricerca impiegata
(2)impiegata insieme ad altre tecniche ma assumendo un ruolo centrale
(3)approccio multitecnica o triangolazione (combinazione con altre tecniche di ricerca qualit o quantit)

TEMI: può essere applicata nello studio di tutto ciò che ha a che fare con il mondo interno degli individui, con ciò che sta dentro alla loro testa. Tra essi vi è un solo profilo specifico, distinto dagli altri:
l"approccio biografico".

La Triangolazione:
Esistono almeno 4 diverse accezioni del termine, basate su una diversa lettura della metafora topografica:
1.Riconducibile al realismo ingenuo -> la combinazione di almeno 2 procedure consente di individuare la vera posizione dell'oggetto o del caso studiato.
2.Riconducibile al realismo critico -> ci si attende un'indicazione sull'autonomia ontologica delle procedure di rilevazione impiegate (es: problema delle "non-attitudes" nell'intervista strutturata..).
3.Accezione di triangolazione "riflessiva".
4.Procedura applicata nel momento in cui i materiali empirici vengono messi in forma con la scrittura. La variante post-moderna ("cristallizzazione") prevede la rappresentazione dell'oggetto cui si applica attraverso il ricorso a una pluralità di generi testuali, di forme espressive.

Le 4 FASI della ricerca basata sull'impiego dell'intervista discorsiva
3.1 Il disegno della ricerca
La definizione della domanda cognitiva
Il punto di partenza di ogni ricerca sociale.
Nella ricerca qualitativa i concetti che, da principio, orientano lo studio sono perlopiù "concetti sensibilizzanti" (Blumer, 1969).
Se non si sa di cosa si va in cerca si rischia di non trovarlo...
Gli intervistati
Definizione del profilo dei soggetti da interpellare -> Individuazione del tipo di interlocutore appropriato e definizione della procedura empirica che consentirà di reclutare un congruo numero di individui con le caratteristiche appropriate (può consistere nella semplice organizzazione dell'agenda delle interviste condotte sulla totalità dei casi che costituiscono la popolazione pertinente, oppure nella definizione di un piano di campionamento -> procedura probabilistica o non-probabilistica ).
NB: Nelle ricerche basate sull'impiego dell'intervista discorsiva, il numero di soggetti interpellati è, di norma, contenuto al di sotto dei 100 casi e, il più delle volte, attorno ai 50.
La scelta del campione: per ridurre al minimo il "margine d'errore" è preferibile ricorrere a procedure di campionamento non-probabilistiche e in particolare alla tecnica di "campionamento a scelta ragionata".
La forma dell'intervista discorsiva
Definizione della forma di intervista (guidata o libera) più appropriata.
L'intervistatore
In linea di massima è opportuno che le interviste vengano condotte dal gruppo di ricerca. Occorre che l'intervistatore abbia esperienza nella conduzione di interviste discorsive e che abbia una sufficiente familiarità con i temi affrontati. Importante è anche la natura del rapporto che lega, prima dell'intrevista, l'intervistatore ai suoi interlocutori -> meglio se di reciproca estraneità perchè garanzia di anonimato.
Il grado di familiarità e il rapporto di fiducia che il ricercatore avrà contribuito a costruire renderà la conversazione ancor più fluida.

3.2 La costruzione della documentazione empirica
Il contatto e la presentazione della ricerca
Occorre innanzitutto ottenere il consenso dei nostri interlocutori. La richiesta può essere avanzata per lettera, al telefono o di persona, ...
I primi contatti, finalizzati a ottenere un appuntamento (compatibilmente con i loro impegni), dovranno fornire loro un'informazione adeguata sullo studio cui si chiede di cooperare e un insieme di rassicurazioni.
La conduzione dell'intervista discorsiva
Atteggiamento di ascolto. L'intervistatore deve innanzitutto aiutare l'intervistato a costruire liberamente il suo discorso. Domande brevi, incisive e che sospingano l'intervistato verso l'osservazione critica di sé e del proprio agire.
Il colloquio dovrà apparire quanto più possibile prossimo a una conversazione ordinaria a dispetto dell'assimmetria dei ruoli.
Attenzione: esprimendo la propria opinione l'intervistatore può influenzare l'intervistato soprattutto se l'opinione espressa diverge. Inoltre, è bene ripeterlo, è importante che si crei un clima relazionale, di fiducia.
=> l'intervistatore dovrà sottrarsi ad ogni presa di posizione quando questo rischi di perturbare la libera costruzione del discorso da parte dell'intervistato.
Il colloquio d'intervista deve essere registrato o quantomeno sintetizzato su un taccuino.
La trascrizione dell'intervista
Prima di procedere con la loro analisi le interviste devono essere trascritte per intero, riportando sia i discorsi dell'intervistato, sia gli interventi dell'intervistatore, con l'indicazione delle marche non verbali del dialogo.
Leggere, o almeno ascoltare, le interviste raccolte durante la fase di costruzione, e non solo alla fine, può offrire indicazioni sia metodologiche che sostantive.

3.3 L'analisi della documentazione empirica
L'analisi si basa sulla lettura metodica del corpus testuale e iscrive questi testi all'interno di una cornice teorica di cui contribuisce a definire i contorni.

L'articolazione del quadro teorico procede in parallelo alla lettura metodica delle interviste trascritte, legate l'una all'altra da una relazione circolare:


Lettura metodica del corpus testuale
(costituito dalla trascrizione dei colloqui d'intervista)











Articolazione di una cornice teorica in cui inscrivere i testi d'intervista



Spesso questa operazione coincide con la classificazione dei testi d'intervista, con la costruzione di una tipologia o di una tassonomia (due forme distinte di classificazione composita) che risponde ora a esigenze descrittive, ora a esigenze esplicative.
I modi in cui si procede in questo lavoro di lettura e teorizzazione sono più d'uno. Alcuni elementi accomunano le diverse procedure:
Primato dei casi sulle variabili
Strategia della lettura del corpus testuale: Ciascuna intervista trascritta equivale a un caso connotato da un insieme di proprietà. Nell'alìnalisi dei materiali d'intervista le proprietà sono al servizio della connotazione dei casi, delle interviste trascritte che costituiscono il principale riferimento delle operazioni d'analisi.
-> questa stategia, in prima istanza, prevede la lettura e la qualificazione di ciascuna intervista presa da sola.
Forma e contenuti
Due tipi di lettura complementari, una diretto a cogliere i contenuti del discorso, l'altra a raffigurarne la forma (struttura argomentativa, modalità impiegate dall'intervistato per porre il suo discorso, uso delle parole, ..)
Procedure di analisi informali e procedure formalizzate
Procedure di analisi:
1)Procedure informali: valorizzano innanzitutto la competenza teorica del ricercatore che le applica.
2)Procedure analitiche formalizzate:
analisi strutturale del discorso applicata a un corpus di interviste discorsive (Demaziere e Dubar)
-> utilizza il modello semiotico di Roland Barthes: ogni racconto può essere analizzato a 3 livelli (delle funzioni, delle azioni e della narrazione);
grounded theory (proposta metodologica di Glauser e Strauss). Questa procedura si basa sul precetto della "comparazione costante" che suggerisce, in sede di costruzione della doc empirica, la massima eterogeneità dei materiali raccolti e , in sede di analisi, la comparazione sistematica fra essi. A ciò si lega un percorso di lettura e qualificazione dei materiali empirici:
la codifica ("aperta", "assiale" e "selettiva").
Quale che sia la procedura impiegata, l'analisi si basa sulla combinazione di tre operazioni:la caratterizzazione di ogni singola intervista, la comparazione fra interviste e la loro classificazione in una tipologia o tassonomia.
La classifica dei testi d'intervista
La forma di classificazione più appropriata ai materiali d'intervista, mette capo a tipi ideali, definiti secondo la lezione weberiana. Nel tipo ideale i tratti di un "genere" vengono accentiati, caricati per renderne immediatamente riconoscibile il profilo, proprio come accade con alcune caricature: ritratti caricati.
Si tratta dunque di definire la natura della funzione di appartenenza che lega ciascuna intervista al tipo ideale cui fa capo:
1.funzione di appartenenza discreta -> appartenenza versus non appartenenza (soluzione più diffusa).
2.Funzione di appartenenza fuzzy -> funzione continua i cui valori sono compresi tra 0 e 1 (misura l'intensità di appartenenza a un tipo)

Prima di giungere a conclusione di questa terza fase si ribadisce la necessità di dar conto in modo analitico delle scelte di metodo adottate nel resoconto redatto per comunicare i risultati della ricerca; legando con ciò l'analisi alla giustificazione, all'illustrazione delle ragioni che rendono plausibili i risultati raggiunti.

La comunicazione dei risultati
Modi per comporre e presentare i risultati. Li accomuna il riconoscimento della necessità di includere nel testo almeno due sezioni: un dettagliato resoconto metodologico, attraverso il resoconto riflessivo del processo di costruzione della documentazione empirica, e l'illustrazione dello schema interpretativo maturato con l'analisi e del rapporto che lo lega alla documentazine empirica.
Al testo può essere opportuno allegare la trascrizione completa dei colloqui d'intervista.
4. Osservazione partecipante e ricerca etnografica
E' una forma del tutto speciale di osservazione, che mal si adatta alle rappresentazioni convenzionali di questa attività cognitiva.
La distanza tra l'osservatore e l'oggetto delle sue osservazioni qui viene meno; l'osservatore è dentro l'oggetto di cui tratteggia il profilo, è parte del quadro che dipinge.
Ciò di cui un osservatore partecipe può fare esperienza dipende strettamente dalle sue caratteristiche personali, dalla forma del rapporto instaurato con il proprio oggetto.
Questo fa si che due ricercatori, impegnati nell'osservazione partecipante dello stesso oggetto difficilmente avranno la medesima esperienza. I metodi di osservazione etnografica sono dunque "necessariamente plurali", non standardizzati.
L'osservazione partecipante è la tecnica principe per lo studio dell'interazione sociale, il processo in cui due o più individui sono fisicamente "l'uno alla presenza della risposta dell'altro" (Goffman).
Partecipazione è osservazione diretta, dialogo e, soprattutto, assunzione di ruolo, che impone all'osservatore un peculiare processo di "risocializzazione" (Emerson et al.).
E' comune identificare nell'introduzione ad Argonauti nel Pacifico orientale di Malinowski (1973) il luogo in cui i principi metodologici dell'osservazione partecipante trovano una prima sistematica codificazione.
Tuttavia, fu Edward Lindeman (1924) a proporre per primo la locuzione "osservazione partecipante" per designare questa tecnica di osservazione, anche se tardò ad essere recipita dal mondo scientifico.
L'osservazione partecipante costituisce il cuore e il tratto distintivo della ricerca etnografica ed è di norma impiegata in combinazione con altre tecniche, l'osservazione documentaria, l'osservazione naturalistica, l'intervista discorsiva, cui talvolta si aggiungono lo shadowing e il focus group.
Il lavoro sul campo impone a ognuno la responsabilità di tradurre in concrete operazioni di ricerca la propria personale sensibilità metodologica ma impone anche di dar conto in modo analitico dell'itinerario di ricerca seguito, costruendo in questo modo l'obiettività del proprio resoconto.

Le 4 FASI della ricerca basata sull'impiego dell'osservazione partecipante
4.1 Il disegno della ricerca
L'oggetto (ovvero L'identificazione dell'oggetto o degli oggetti di studio)
3 percorsi tipici:
I) una specifica domanda cognitiva guida il ricercatore nella scelta dell'oggetto.
II)muove dall'oggetto alla domanda cognitiva.
III)Vede la domanda cognitiva e l'oggetto delineati sin dalle prime battute della ricerca.
Ciascun percorso ha i propri pro e contro e soppesarli può guidare la scelta dell'itinerario di ricerca.
Nell'individuazione dell'oggetto è comunque opportuno tener conto di 2 elementi:
1.Il primo, pratico, attiene alla sensibilità emotiva della relazione osservativa nella quale verremo coinvolti -> è necessario che le caratteristiche personali dell'osservatore e dei suoi ospiti non pregiudichino la possibilità di una convivenza gradevole.
2.Il secondo, epistemico, attiene al tema della generalizzabilità dei risultati ottenuti dallo studio di uno o pochi casi.
Prima posizione: lo scopo dello studio di un caso non è la produzione di conclusioni generali. Questo vale quando il caso di studio risulti di indubbio rilievo.
Distinzione tra studi estensivi (es: inchieste campionarie) e studi intensivi (studi etnografici). Ai secondi toccherebbe il compito di ricostruire in dettaglio i meccanismi di causa ed effetto
Terza posizione: attribuisce agli studi di caso una funzione riconducibile alla forma meno nobile di inferenza, la semplice enumerazione -> i risultati maturati, accostati a quelli desunti da studi condotti su oggetti analoghi, possono contribuire alla costruzione di una casistica, di un inventario, necessariamente incompleto.
Passaggio dalla generizzabilità alla "trasferibilità"- > la vocazione alla generalità viene perseguita e difesa non con strumenti logici ma esclusivamente retorici.
La costruzione deduttiva di un sapere generalizzante -> la fondatezza delle conclusioni e la legittimità della generalizzazione dipendono oltre che dalla cogenza dell'argomentazione retorica, dalla solidità dei legami costruiti tra teoria e termini osservativi, dalla capacità del caso empirico di rappresentare le condizioni critiche indicate dalla teoria.
La forma della partecipazione (ovvero La scelta del ruolo osservativo)
In incognito, senza rivelare identità e scopi:
-> osservazione coperta
Comunicando la propria identità:
-> osservazione scoperta

La scelta del ruolo osservativo ha importanti conseguenze metodologiche, cui si sovrappone un ineludibile problema etico:
E' legittimo condurre una ricerca scientifica su di un gruppo di persone senza chiedere il loro consenso?
E' opportuno valutare i pro e contro

1)Osservazione coperta.
3 punti di forza:
-Guardiani (keepers)
-Reattività
-Competenza
4 punti debolezza:
-Rigidità
-Coinvolgimento
-Commiato
-Pubblicazione



2)Osservazione scoperta.
2 punti di forza:
-Flessibilità
-Distacco

4 punti di debolezza:
-Guardiani
-Manipolazione strumentale
-Reattività
-Arbitrato



La scelta è irreversibile solo in un caso: quando il ricercatore avvia il proprio studio rendendo nota la propria identità.

4.2 La costruzione della documentazione empirica
L'accesso, guadagnare la fiducia dei "nativi"
Qualsiasi sia la forma scelta, l'osservatore dovrà anzitutto conquistare la fiducia dei guardiani, contando più sulle proprie competenze relazionali e sulle qualità umane che sulle proprie cognizioni teoriche e metodologiche, anche se è bene che arrivi preparato.
Il mediatore culturale è una persona che gode della fiducia della popolazione in studio e, per le sue caratteristiche, è facilmente avvicinabile dal ricercatore. Una figura ideale ha solidi legami con entrambe le culture protagoniste, quella del ricercatore e quella dei suoi ospiti.
La negoziazione della ricerca: il lavoro sul campo inizia con un singolare rito di inversione di status: l'osservatore diventa l'oggetto di osservazione dei "nativi" che, del tutto legittimamente, cercano di capire in che misura possono fidarsi di lui -> Una buona presentazione contribuisce indubbiamente a spianare la strada.
E' bene cominciare a prendere nota già dall'inizio.
Il lavoro sul campo
La ricerca etnografica si compone di un insieme di operazioni che si ripetono e rinnovano continuamente con un tipico andamento circolare:

-> Definizione/ridefinizione/
articolazione della
domanda cognitiva

-> Teorizzazione
e scrittura

-> Lavoro sul campo:
osservazione partecipante
affiancata da altre tecniche
di osservazione

-> Analisi della
documentazione empirica

-> ...

Il cuore del lavoro sul campo è costituito dall'osservazione partecipante cui si affiancano altre tecniche di ricerca. La metodica redazione dei propri appunti di campo, è parte integrante dell'osservazione partecipante -> si fa osservazione partecipante solo se la partecipazione attenta alla vita quotidiana della cultura in studio è accompagnata dal lavoro quotidiano di redazione delle note etnografiche (v. sotto).
Le fasi dell'osservazione:

Osservazione
descrittiva

Osservazione
selettiva

Osservazione
focalizzata

Dell'osservazione, in tutte le sue varianti, è parte una forma speciale di dialogo con i nativi, il backtalk
-> designa l'insieme delle osservazioni e dei commenti "nativi" (spontanei o sollecitati), riferiti ora alla relazione osservativa, ora alle interpretazioni della cultura elaborate dall'osservatore. I commenti offrono nuovo materiale empirico su cui riflettere.
Osservazione descrittiva
La descrizione, di una cultura così come di un qualsiasi altro oggetto, non è semplicemente una faccenda di osservazione e riporto; la descrizione è l'esercizio di una scelta, nella selezione all'interno di un insieme infinito di asserti descrittivi possibili, di un sottoinsieme di asserti rilevanti. L'osservazione della cultura ospite deve pertanto essere preceduta e accompagnata da una riflessione teorica, tesa a rendere espliciti, e dunque comunicabili, i criteri che orientano la selezione degli asserti descrittivi.
Alcuni luoghi di cui una buona descrizione dovrebbe dar conto:
1.lo spazio (caratteristiche geografiche e ambientali ma anche spazio sociale)
2.il tempo (la storia, gli eventi o quantomeno gli aspetti più evidenti)
3.gli attori (numero, profilo e ruolo)
4.le attività principali (identificate sulla base delle dimensioni precedenti)
Osservazione focalizzata
Due percorsi possibili:
-il primo, basato sulla salienza, muove verso l'approfondimento di un tema.
-il secondo, basato sulla sineddoche, è molto più affascinante anche se più rischioso
-> con l'approfondimento di un particolare tema, una metafora viene eletta espressione del tutto.
Osservazione selettiva
Questa forma di osservazione mostra ampi margini di sovrapposizione con l'osservazione naturalistica strutturata, condotta muovendo da una "griglia2 ben definita nei tempi e nei modi.
Gli informatori
E' comune ricorrere a informatori "nativi". Due tipi: istituzionali e non: ruolo che ricoprono nella società ospitante e ragioni della loro ospitalità.
Le note etnografiche
La stesura delle note etnografiche è la ragione d'essere dell'osservatore, a essa è necessario dedicare almeno la stessa quantità di tempo riservata all'osservazione partecipante.
Tre principi generali: distinzione, concretezza e ridondanza.
Le note etnografiche devono essere organizzate in almeno due capitoli distinti: la descrizione della cultura e la descrizione della relazione osservativa.
La descrizione della cultura
Ordine, concretezza, usare un linguaggio vicino all'esperienza quotidiana, ridondanza e non fare eccessivo affidamento sulla propria memoria.
Principio della distinzione:
1.Prender nota del contesto che ha reso possibile l'acquisizione di quei materiali, distinguere in modo ben chiaro il discorso indiretto dal discorso diretto.
2.Nella descrizione di una scena sociale è necessario che tutti gli attori coinvolti siano identificati con il loro nome e con il ruolo che ricoprono. E' bene accompagnare l'ingresso di un nuovo personaggio con una concisa descrizione del suo profilo.
3.Tutte le dimensioni implicite devono essere identificate ed esplicitate.
4.Il resoconto degli eventi ai quali si è assistito in prima persona deve essere distinto dai resoconti ottenuti dagli informatori.
5.Il backtalk devono essere riconoscibili.
6.Le interpretazioni teoriche della cultura in studio devono essere separate dal resoconto descrittivo e facilmente individuabili.
Principio della concretezza: Utilizzare un linguaggio estremamente concreto -> bisogna mettersi nei panni di uno scrittore impegnato nella stesura della scenografia di un film neorealista, che verrà girato da un 'marziano' del tutto ignaro delle abitudini di vita dei terrestri.
Principio della ridondanza: Necessità di descrizioni nelle quali nulla venga dato per scontato. Le note etnografiche devono essere redatte come se alla loro lettura ci si dovesse dedicare solo quindici o vent'anni più tardi, quando il ricordo della propria esperienza di ricerca sarà meno limpido.
La descrizione della relazione osservativa
Fornire un resoconto dettagliato. Perchè la comunità scientifica possa valutare la plausibilità degli asserti formulati nel resoconto etnografico, il ricercatore dovrebbe accompagnare i propri risultati con un resoconto riflessivo sulle condizioni che hanno condotto alla loro produzione, un resoconto che non può ridursi al geertziano "sono stato là". E' necessario prendere nota giorno per giorno con accuratezza e completezza, ma senza badare troppo all'eleganza del testo (saranno infatti da principio opache agli occhi degli altri). E' consigliabile almeno una volta alla settimana leggere, dalla prima all'ultima pagina, le proprie note etnografiche -> queste infatti costituiranno la base empirica su cui poggiano i principali risultati cui lo studio perviene. La ricostruzione dell'equazione personale, del proprio profilo, è indubbiamente l'aspetto più problematico del resoconto riflessivo. Se si riconosce uno specifico punto di vista, non sarà allora difficile per il lettore comprendere la prospettiva dalla quale l'osservatore ha rappresentato la cultura in studio.
L'autore dovrebbe rendere noto: a) il suo orientamento teorico e metodologico
b) il proprio orientamento di valore
c) le principali coordinate emotive della propria esperienza sul campo (v. i diari di Malinowski).
Accanto all'osservazione partecipante: il ricorso ad altre tecniche di osservazione
Il setting di una ricerca etnografica si presta a ospitare, accanto all'osservazione partecipante, altre tecniche di costruzione della documentazione empirica. L'impiego congiunto di più tecniche di ricerca, la loro "triangolazione" può conferire maggiore solidità ai risultati consegnati dall'osservazione partecipante.

4.3 L'analisi della documentazione empirica
E' con l'analisi della documentazione empirica che si realizza il delicato passaggio dai costrutti del prim'ordine, il linguaggio dei "nativi", ai costrutti del second'ordine, il linguaggio, le categorie concettuali della teoria sociologica -> inizia qui il processo di traduzione di una cultura nei termini di un'altra cultura: il processo creativo di (ri)costruzione, combinazione di creatività e rigore; un'arte simile all'architettura. Creatività dunque, ma sottoposta a un insieme di vincoli.
Occorre che la comunità scientifica disponga di tutti gli strumenti necessari per valutare la plausibilità di quella rappresentazione, strumenti forniti dal resoconto riflessivo delle procedure di osservazione e di analisi della documentazione empirica impiegate
Scopi del lavoro di analisi: La messa a punto di una tipologia o di una tassonomia, una buona classificazione dei fenomeni osservati o la definizione di alcuni concetti, solidi dal punto di vista teorico, costituiscono obiettivi più che adeguati. L'analisi comporta l'esercizio della scelta.
Come procedere nell'analisi della documentazione empirica?
La documentazione empirica consegnata all'analisi dal lavoro di osservazione paartecipante è costituita essenzialmente dalle note etnografiche. L'analisi può pertanto essere condotta, includendo qualche grado di quantificazione, ricorrendo agli strumenti, convenzionali e non, della statistica. Su quanto resta, cioè sulla quasi totalità della documentazione empirica, facendo ricorso invece alle procedure di analisi narrativa.
L'analisi narrativa della documentazione empirica
Muove da due semplici operazioni cognitive: lettura e classificazione (crociata o semplice).
Ricorso a strumenti informatici troveranno il loro naturale completamento nella scrittura.

4.4 La comunicazione dei risultati
Il resoconto etnografico
La scrittura del resoconto etnografico porta a compimento l'esperienza di ricerca.
Occorre prestare molta attenzione alla scelta dello stile retorico.
Composizione di un resoconto etnografico in cui l'interpretazione sposata si confronti con le interpretazioni alternative, per le quali si cercherà sostegno nella documentazione empirica e che, rese in questo modo forti, potranno confrontarsi con l'interpretazione proposta contribuendo a delinearne i limiti (in linea allo stile dei dialoghi platonici).
Le buone etnografie mostrano la mano di chi le ha scritte: necessità di un resoconto riflessivo del processo di ricerca. Un compito non particolarmente complicato per chi nella stesura delle note etnografiche, accanto alla descrizione della cultura, ha riservato uno spazio adeguato alla descrizione della relazione osservativa.

Aspetti del rapporto tra etnografo e nativi cui è bene dar conto nella descrizione della relazione osservativa

La negoziazione della ricerca ( L'accesso, guadagnare la fiducia dei "nativi")
L'arruolamento dell'etnografo (relazione tra gli attributi dell'etnografo e la cultura ospitante, tra aspettative e ruolo, tra ruolo ricoperto e sua posizione nel sistema di stratificazione sociale, etc)
Il lavoro sul campo (modulazione della partecipazione, informatori, problemi, reattività, ricorso ad altre tecniche di osservazione, errori, backtalk, sentimenti, serendipity)

Queste informazioni dovrebbero interagire costantemente con l'esposizione dei risultati della ricerca, mostrandone i limiti e i punti di forza. Le diverse voci che abitano la cultura dovrebbero abitare anche il resoconto etnografico, facendo attenzione ad esporre con chiarezza i criteri che presiedono alla selezione dei brani citati e cercando riflettere le differenze linguistiche, di valori, di credenze, di atteggiamento che contraddistinguono la cultura ospite.
5. Il focus group
E' una tecnica di osservazione che si applica su piccoli gruppi, costituiti e animati da un osservatore che sollecita la discussione di un argomento specifico.
Caratteristiche:
Il gruppo, di norma, è un gruppo artificiale di 6-10 persone, costituito ad hoc dal ricercatore per rispondere a una aspecifica esigienza cognitiva.
La discussione è condotta da un moderatore, coadiuvato da un altro osservatore che si occupa principalmente della rilevazione dei comportamenti non verbali e, più in generale, dell'interazione fra i membri del gruppo.
Consente di rilevare gli atteggiamenti, le credenze, gli orientamenti di valore dei membri del gruppo sul tema in studio e con ciò di cogliere le ragioni addotte a sostegno delle credenze, degli atteggiamenti, dei valori di ognuno.
In alcuni casi consente di osservare il processo che conduce alla formazione di un'opinione sul tema in studio.
Quanto alle opinioni già sedimentate nei partecipanti, consente di valutare la loro stabilità.
Non è un'intervista di gruppo ma una discussione di gruppo sui temi che il moderatore pone all'attenzione dei partecipanti
Si distingue dall'osservazione della discussione che coinvolge un gruppo naturale, in cui è il gruppo a decidere di cosa parlare e come.
Serve alla produzione di documentazione empirica e non già alla costruzione di consenso, obiettivo perseguito da altre tecniche (Delphi e Nominal Group Technique).
L'osservatore porge delle domande e prende nota dell'interazione, linguistica e non.

Si colloca in una posizione intermedia tra intervista discorsiva e osservazione partecipante.
Ambiti in cui può fare meglio:
A)Può sostituire efficacemente l'osservazione partecipante nell'analisi di forme d'interazione sociale cui è difficile accedere quando hanno luogo in un contesto naturale.
B)Rispetto all'intervista discorsiva consente di accedere a una presentazione più chiara delle somiglianze e delle differenze di opinione.
Gli ambiti di applicazione del focus group comprendono, con la ricerca sociale, anche la ricerca di mercato e la ricerca valutativa.
I Temi:
Non hanno limiti, se non quelli dettati da considerazioni etiche (in un focus group non è possibile garantire l'anonimato!) -> escludere temi che risultano particolarmente intrusivi. Ciò impone particolare attenzione nei temi che i più considerano sensibili, ad es: salute e sessualità.
Forme e modi del focus group:
Insieme composito di procedure osservative. Dimensioni:
A)composizione dei gruppi: grado di omogeneità, natura della relazione sociale che lega i partecipanti.
L'omogeneità facilita la discussione;
L'estraneità offre maggiori garanzie di anonimato, facilita l'apertura.
B)forma della conduzione: ruolo ricoperto dal moderatore. Coprono una gamma che va dal gruppo autogestito al gruppo condotto seguendo un percorso ben definito nei tempi e nei modi.
La forma canonica si basa sulla costituzione di gruppi omogenei per esperienza affine, costituiti da persone reciprocamente estranee, guidate da un moderatore, anch'esso estraneo, che esercita un controllo sulla discussione.
Non diversamente dalle altre tecniche di ricerca qualitativa, il focus group si presta a 3 modi d'impiego:
1.Come tecnica autosufficiente.
2.In combinazione con altre tecniche, ma con una funzione di servizio:
a)a servizio di una ric con interviste discorsive può essere impiegato per la messa a punto della traccia che verrà impiegata per le interviste guidate;
b)al servizio di una ricerca etnografica può essere impiegato nelle fasi preliminari per disporre di un quadro d'insieme iniziale o più proficuamente alla fine per ottenere un backtalk;
c)Nell'inchiesta campionaria può essere impiegato nella fase di progettazione dello studio.
3.In un disegno della ricerca multimethod -> La combinazione alla pari con altre tecniche offre tutti i benefici della "triangolazione".

Le 4 FASI della ricerca basata sull'impiego del focus group (in relazione alla forma canonica)
4.1 Il disegno della ricerca
Questa fase richiede particolare attenzione. Sul campo tutto accade in meno di un paio d'ore. E' pertanto indispensabile delineare con sufficiente accuratezza la domanda cognitiva e pianificare nei minimi dettagli la sequenza delle sollecitazioni, degli stimoli con i quali il moderatore dovrà condurre il gruppo.
La progettazione dello studio
Individuazione del profilo del gruppo. Occorre considerere la possibilità che vi siano delle sotto-categorie. Sarà necessario condurre tanti cicli di focus group quante sono le sotto-popolazioni individuate più in alcuni casi arricchire la discussione con focus group misti (es: adolescenti + maschi e femmine).
Studio trasversale o longitudinale
Si prospetta l'alternativa ben codificata nell'ambito dell'inchiesta campionaria, quella tra
inchiesta longitudinale – panel – che consiste nel ripetere l'inchiesta sugli stessi soggetti, a distanza di tempo -> più costosa ma più accurata, e
inchiesta trasversale replicata – repeated cross-selectional survey – si ripete l'inchiesta ma su soggetti differenti.
La composizione dei gruppi: omogeneità e reciproca estraneità
L'estraneità reciproca comporta vantaggi cognitivi ed etici.
L'omogeneità – il cui grado varia in relazione agli obiettivi – facilita la profondità della discussione. Per contro, un gruppo con esperienze diverse, consente il confronto di una più vasta gamma di opinioni.
Due vincoli: che tra i presenti non ci siano marcate differenze nella capacità di verbalizzazione; che non vi siano profonde differenze nell'esperienza legata al tema in discussione.
Alcune semplici regole:
evitare che vi siano nello stesso gruppo persone legate da relazione di dominio e subordinazione
evitare la presenza di persone legate da rapporti di amicizia o reciproca stima, o al contrario da profonda avversione o antipatia
La numerosità del gruppo
Grande quanto basta per consentire la presenza di una gamma sufficientemente ampia di opinioni e sufficientemente piccolo da consentire a ciascuno di esprimere la propria. Da 6 a 10 componenti.
Le persone nel gruppo e il numero dei gruppi
Definire la procedura empirica coincide con la definizione di un piano di campionamento che, nel caso dei focus group, si articola in due stadi: la selezione delle persone, la definizione del numero.
Procedure:
probabilistiche: selezione basata disponendo di una lista di candidati e/o selezione casuale mediante interviste telefoniche -> procedura di estrazione casuale: campione casuale semplice e casuale stratificato. Minimizza i problemi di distorsione ma consegna una lista ben poco proficua.
non probabilistiche: le più diffuse appartengono alla famiglia del
campionamento a scelta ragionata (theoretical sampling): campionamento per quote, campionamento a palla di neve (snow ball sample), individuazione dei casi guidata da indicazioni di testimoni qualificati (nomination), reclutamento in luogo che qualifichi in modo stringente le caratteristiche dei presenti, campionamento di convenienza ovvero campionamento opportunistico (piggyback) e ricorso ad annunci su giornali o riviste -> nel caso di riconoscimento di compenso è meglio far ricorso a incentivi non monetari. Quale che sia il modo, alla dichiarazione di disponibilità non sempre segue l'effettiva partecipazione -> di norma si convocano 2 persone in più del necessario.
Normalmente si segue una particolare accezione del campionamento a scelta ragionata che prevede, in base ai precetti della grunded theory (Glaser e Strauss), che il metodo impiegato sia quello che emerge mano a mano che si procede. Nello specifico, ci guida il principio della "saturazione teorica", cioè si decide di smettere quando un ulteriore incremento ha contributo nullo -> la pratica suggerisce la necessità di condurre almeno 3 focus group per ciascuna categoria rilevante.
Il grado di strutturazione
Definizione dello stile di conduzione -> la scelta è dettata dalla considerazione congiunta della domanda cognitiva e del profilo del gruppo.
1.Forma autogestita: risulta appropriata quando l'intento dello studio è prevalentemente esplorativo. Particolarmente utile per lo studio di alcuni aspetti formali quali l'analisi dei processi di costruzione del consenso, l'osservazione dei metodi, delle strategie retoriche cui gli individui fanno ricoprso per identificare somiglianze e differenze tra le posizioni o per difendere la propria.
2.Forma moderata: risulta più appropriata quando la domanda cognitiva ha una sufficiente specificazione e quando il confronto fra le discussioni è decisivo per l'analisi e l'interpretazione.
All'interno di un medesimo studio è comunque possibile combinare le due forme.
La traccia
La conduzione di focus group moderati prevede le seguenti alternative:
a) stesura di una lista di domande da sottoporre in un determinato ordine al gruppo (è preferibile quando la conduzione del focus group è affidata a moderatori inesperti o esperti ma molto eterogenei fra loro)
b) la messa a punto di una scaletta che raccolga i temi che il gruppo dovrà affrontare, senza prefigurarne né l'ordine né le modalità -> consente una discussione più fluida, ma può creare qualche difficoltà nella comparazione tra i materiali prodotti nei diversi gruppi (moderatore esperto e competente sul tema).
Contenuti e struttura del canovaccio impiegato per guidare la discussione: Le domande, gli stimoli, devono essere definiti con particolare cura. Il gruppo può essere sollecitato, oltre che con domande, anche con immagini, diapositive o brevi filmati. Numero: non più di una dozzina. Brevità, chiarezza e precisione.
Progettazione: Domande di apertura che facilitino l'intervento di tutti i presenti, cuore della traccia dedicato ai temi chiave e chiusura della discussione con la restituzione al gruppo di una sintesi. Sensatezza. La traccia non dovrà tuttavia essere considerata un vincolo, ma potrà essere modificata in base alle necessità. E' opportuno predisporre, assieme alla traccia, un conciso questionario (informazioni generali quali età, titolo di studio, professione..) da somministrare a conclusione del focus group.
Il moderatore
E' necessario che sia percepito come una persona cui si può consegnare la propria esperienza nella convinzione di essere capiti e accettati. Necessaria una conoscenza del tema congruente con lo stile di conduzione prescelta.
Il luogo
Quanto più possibile neutro, facilmente raggiungibile, in cui i partecipanti si sentano a proprio agio, tutto ciò garantendo una registrazione buona.
Distribuzione del gruppo: a semicerchio o a ferro di cavallo. E' opportuno visitare il luogo prima della scelta.
Studio pilota
La progettazione della ricerca si conclude con la conduzione di uno studio pilota con il quale l'impianto dello studio nel suo insieme viene collaudato simulando la discussione progettata con un gruppo di ricercatori esperti, oppure con un gruppo di testimoni qualificati competenti sul tema. A discussione conclusa si chiederà ai presenti di esprimere un giudizio. Le indicazioni verranno impiegate per la messa a punto definitiva della traccia e la definizione delle modalità di conduzione più appropriate

5.2 La costruzione della documentazione empirica
Condurre e osservare
La conduzione del focus group si basa sul lavoro coordinato del moderatore e dell'assistente.
Moderatore: capacità di ascolto, capacità di governare, buona competenza relazionale, capacità di autocontrollo del proprio comportamento verbale. Con il comportamento non verbale, sguardi, postura, cenni del capo, deve saper comunicare interesse, rendendo visibili le opinioni di minoranza perchè possano venire discusse. E' chiamato a seguire, con la necessaria libertà, la traccia della discussione, a improvvisare, a imprimere alla discussione la direzione più promettente.
Assistente: deve prendere nota delle forme d'interazione tra i presenti (giochi di sguardi, cenni d'intesa, gesti di sfida..) Deve coadiuvare il moderatore nella conduzione del gruppo. E' tuttavia necessario che i suoi interventi non scalfiscano l'autorevolezza del moderatore. Gli è inoltre richiesta la gestione dell'apparato di registrazione.
Il focus group si apre con una concisa illustrazione dei temi in discussione, cui segue la presentazione, a opera del moderatore, del gruppo e l'illustrazione delle regole che governeranno la discussione (parlare uno alla volta indicando il nume,..) e ne comunica la durata complessiva (di norma non più di un'ora e mezza).
Registrazione e trascrizione
La discussione deve essere registrata. La videoregistrazione comporta ben pochi vantaggi: può inibire la discussione,e viola l'anonimato dei presenti.
Al termine della discussione è opportuno che il gruppo, moderatore e ricercatore compresi, procedano ad una prima sommaria analisi. A questo scopo è necessario disporre della trascrizione della discussione. L'analisi in progress della documentazione empirica consente di perfezionare la traccia. E' inoltre fondamentale quando la definizione del numero dei gruppi deriva dal ricorso a una procedura di "saturazione teorica".
Concluso il ciclo dei focus group è necessario procedere alla trascrizione integrale, integrando a questi testi le note dell'assistente. E' necessario che di questo, o quantomeno della revisione, se ne occupino il moderatore e l'assistente.
5.2 L'analisi della documentazione empirica
Analisi di ciò di cui discute ciascun gruppo e analisi di quanto ciascun individuo nel gruppo sostiene. La ricostruzione delle discussioni riguarda: le posizioni e le modalità nelle quali la discussione si è sviluppata, nonché il tono emotivo, i modelli argomentativi adottati al profilarsi di aree di consenso/dissenso.
-> importante prendere nota della gamma di opinioni per procedere poi a un confronto tra i diversi gruppi. E' necessario associare le opinioni con le caratteristiche sociali e culturali delle persone che le hanno espresse (-> da qui la necessità di sottoporre un conciso questionario).
L'analisi di questi materiali ricalca, sotto molti punti di vista, quella comunemente sviluppata per le interviste discorsive: inscrivere i materiali all'interno di una cornice teorica. L'articolazione del quadro procede in parallelo alla lettura metodica delle trascrizioni dei focus group, legate l'una all'altra da una relazione circolare.
Nell'analisi di questi materiali sembrano prevalere le procedure informali che chiamano in causa innanzitutto la competenza teorica del ricercatore. Un importante contributo è fornito dallo strumento weberiano dell'idealtipo (v. 3.3. 4). Se i focus group consegnano materiali narrativi (v. 3.3.3).
5.4 La comunicazione dei risultati
1)Un dettagliato resoconto riflessivo delle procedure di ricerca adottate.
E' indispensabile precisare nel resoconto metodologico quale particolare declinazione di focus group è stata impiegata, fornendo tutti i dettagli del disegno adottato. Illustrazione del piano di campionamento e ragioni che rendono la documentazione empirica raccolta appropriata alle finalità dello studio.
Delineare i margini di errore attraverso il resoconto riflessivo del processo di costruzione della documentazione empirica.
2)L'esposizione dello schema teorico che dà forma ai principali risultati dello studio.
Il testo potrà essere composto combinando le interpretazioni del ricercatore con i frammenti più eloquenti delle di discussioni. Al resoconton può essere opportuno allegare la trascrizione completa delle discussioni, raccolta in un cd-rom o depositata in un sito internet. Questo impone una speciale autodisciplina nella costruzione delle proprie interpretazioni, per migliorarne la qualità.

lunedì 2 agosto 2010

OGGETTO E METODO DELLA SOCIOLOGIA: PARLANO I CLASSICI

Durkheim, Simmel, Weber, Elias
A cura di Anna Rita Calabrò
Sintesi di Serafin Marilisa



INTRODUZIONE


La sociologia è quella disciplina capace di indicare la giusta prospettiva per guardare ciò che ci sembra di vedere ogni giorno. Per rendere semplice ciò che ci sembra complesso e complesso ciò che potrebbe sembrarci semplice.
Un buon sociologo è colui che ci offre un buon metodo per guardare la realtà, perchè non basta l'intuito, né il buon senso, né una sola prospettiva per interpretarla. Ci vuole un ragionamento più rigoroso e uno sguardo più acuto. Salendo sulle spalle di alcuni autori, definiti giganti, forse il nostro sguardo può andare lontano.
Durkheim e Weber hanno definito due paradigmi differenti - il paradigma della struttura e quello dell'azione - che, nel corso del tempo, hanno mantenuto intatti il valore scientifico e la loro forza persuasiva. La sociologia è diventata la scienza di una società via via sempre più complessa e, per vincere tale sfida, deve serrare i suoi ranghi, cercare la sinergia e non la contrapposizione tra i suoi adepti, potenziare in tal modo le sue risorse e i suoi strumenti esplicativi.
Le risposte alle tre domande:
- qual'è l'oggetto della sociologia?
- quale il metodo?
- come concettualizzare il rapporto tra l'individuo e la società?
costituiscono le basi dei due paradigmi.

Auguste Comte
La sociologia, la scienza della società, come la definisce Comte, si afferma in un'epoca in cui il Positivismo, figlio dell'Illuminismo, pone definitivamente l'uomo al centro del suo mondo, in grado di comprenderne i segreti e di governarne gli eventi. La rivoluzione scientifica, l'avvento della modernità; la rivoluzione francese e quella americana che affermano il principio di uguaglianza; infine la nascita del capitalismo, che offre la possibilità di guadagnare stipulando contratti di lavoro in un regime di libertà personale -> La complessità di questi eventi richiede allora nuovi strumenti d'interpretazione dei fatti ed è da questa esigenza che nasce la sociologia con l'ambizione di individuare nella società quelle stesse leggi universali che regolano la natura. Conoscere al fine di prevedere, al fine di controllare, dichiara Comte che intende applicare il metodo sperimentale alla nuova disciplina che lui stesso battezza coniandone il nome.
La sociologia come la fisica: se l'universo ha le sue leggi, allora anche la società ha leggi analoghe.
La sociologia come la biologia: la società come un corpo vivente, le sue istituzioni come gli organi vitali di tale corpo che, assolvendo le proprie funzioni, e assicurano la sopravvivenza e lo sviluppo; l'osservazione scientifica come strumento per analizzarne le parti, capirne i segreti, curarne i mali, indirizzarne lo sviluppo.

Antony Giddens, Nuove Regole del metodo sociologico, 1976, p.14: «resta abbastanza diffusa una specie di struggente attesa dell'arrivo di un Newton delle scienza sociali... senonché coloro che ancora aspettano... non solo attendono un treno che non arriverà, ma stanno anche nella stazione sbagliata».
Per il momento (nella Francia della prima metà dell'800) l'illusione è perfetta, tant'è che l'obiettivo dichiarato da Comte è fondare una scienza che, in un mondo ormai secolarizzato, rappresenti la nuova religione fondata sull'ordine legale. La sociologia come la scienza per eccellenza, in grado di scoprire le leggi dell'ordine sociale e gli strumenti per mantenerlo.

Herbert Spencer
Gli fa da controvoce dall'Inghilterra. Egli afferma che, come gli organismi biologici, anche le società si evolvono dalle forme più semplici e primitive a quelle più complesse e differenziate. L'aumento delle dimensioni comporta inevitabilmente l'esigenza di differenziare le funzioni; ciò detrmina un cambiamento della struttura complessiva del sistema. (...)
Parole chiave: complessità, interdipendenza, differenziazione sociale.

Émile Durkheim
Bisogna aspettare il 1895, quando D. pubblica in Francia Le regole del metodo sociologico, perché le idee e le suggestioni della teoria positivista di Comte e di quella evoluzionista di Spencer si traducano in un prgramma di ricerca forte di una solida base teorica e di un'eccepibile strumentazione empirica. Qui D. non smbra mostrare esitazioni e dubbi nel mettere a punto il proprio apparato concettuale e predisporre gli strumenti del mestiere (quale dev'essere il metodo).
1. la teoria sociologica è una teoria olistica giacché assume il punto di vista della società, la quale «non è una semplice somma di individui».
2. la sociologia deve definire il suo oggetto di studio che deve essere diverso da quello di tutte le altre scienze: «il dominio della sociologia comprende soltanto un gruppo determinato di fenomeni». Riconosciamo un FATTO SOCIALE, in base al potere di coercizione esterna che esercita o che è in grado di esercitare sugli individui; riconosciamo a sua volta questo potere i base all'esistenza di qualche sanzione determinata o alla resistenza che oppone ad ogni iniziativa individuale che tenda a fargli violenza. Si può definirlo anche in base alla sua diffusione aggiungendo che esso esiste indipendentemente dalle forme individuali che esso assume diffondendosi.
3. la sociologia deve definire nella giusta dimensione il rapporto tra l'individuo e la società: «Lungi dall'essere un prodotto della nostra volontà, i fatti sociali la determinano dal di fuori».
4. infine occorre indicare il metodo per lo studio dei fatti sociali:
-ricercare la causa che lo produce e la funzione che esso assolve.
-determinare se esiste una corrispondenza tra il fatto e i bisogni generali dell'organismo sociale e in che cosa consiste.
NB: La causa determinante di un fatto sociale deve essere cercata tra i fatti sociali antecedenti, e non già tra gli stati della coscienza individuali. L'obiettivo è individuare con chiarezza il punto di osservazione. E' un pò come salire in aereo e guardare dall'alto una città. La metafora è utile per esemplificare il rapporto tra l'individuo e la società: la città esiste indipendentemente dall'esistenza dei suoi singoli abitanti e rappresenta un contenitore la cui struttura condiziona e determina le azioni. Infatti: la città come organismo sociale rappresenta qualcosa di più e di diverso che la somma dei suoi abitanti Ovviamente D. non nega il fatto che la società sia un prodotto umano. Semplicemente e senza esitazioni egli esclude tale prospettiva dal campo di analisi della sociologia. La sociologia si deve occupare dei fatti sociali, che non sono altro che cose, e che esistono al di fuori di noi e indipendentemente da noi.
Cose, cioè: istituzioni, modelli di comportamento, credenze, azioni collettive, costrutti mentali... tutto ciò che costituisce la realtà sociale, che prescindono dall'intenzionalità dei singoli perchè derivano esclusivamente dalla struttura che tali cose costruiscono insieme. Cose che determinano e condizionano le azioni.
Es: il suicidio, per la sociologia, è un fatto sociale, su cui abilmente D. mette a punto la teoria dell'anomia, in grado di legittimare le relazioni di causalità.
Paradigma della struttura: occorre individuare il nesso causa-effetto.

E' come se la realtà sociale fosse costituita dalla sovrapposizione di più trame. Ciascuno dei grandi sociologi è stato capace di rivelare un disegno compiuto e coerente, altrimenti confuso e invisibile allo sguardo. E' dunque all'insieme delle loro opere che dobbiamo guardare.

Georg Simmel, in Problemi di filosofia della storia, scrive: «Comprendere una frase pronunciata da qualcuno significa che i processi psichici di colui che parla vengono suscitati anche in chi ascolta proprio in quelle parole in cui sono confluiti». Queste parole contengono i presupposti di quell'insieme di concetti e teorie che costituiranno il Paradigma dell'azione.
Paradigma dell'azione e Paradigma della struttura hanno rappresentato fino ad oggi le due anime contrapposte ed insieme complici della sociologia.
S., 'il più contemporaneo dei classici', è una figura affascinante nella storia della sociologia. Egli ha sedotto il pubblico con la sua eclettica e raffinata intelligenza; con rigore definisce il compito della sociologia e con altrettanta spregiudicatezza ne esplora i territori; sembra guardare ad aspetti secondari e perfino banali della realtà sociale ma in realtà sta parlando, con linguaggio sociologico, del mondo intero.
1. Con Simmel e Weber i riflettori si spostano dalla struttura per illuminare invece le azioni congiunte degli individui di cui la struttura sociale è il risultato: l'interazione sociale, e cioè l'insieme delle relzioni reciproche. La sociologia, sostiene S., non deve, né vuole, sottrarre terreno alle altre scienze: la sociologia è un nuovo metodo, uno strumento ausiliario.
2. L'oggetto diventa per S. una lente di osservazione particolare, un nuovo livello di astrazione in grado di collegare i fenomeni sociali ed illuminarli di una luce inedita facendo distinzione tra forma e contenuto: gli oggetti di studio non sono i contenuti ma i suoi modi d'essere, le forme, attraverso cui gli individui raggiungono insieme un'unità sulla base del riconoscimento reciproco. Separare ciò che oggettivamente è sempre unito consente lo studio delle forme dell'associazione come campo di ricerche scientificamente indipendente.
3. Rapporto individuo e società: la società esiste là dove più individui entrano in azione reciproca. *
4. Il metodo proposto e praticato da S. che procede dal particolare al generale, considera dunque le forme oggetti autonomi di conoscenza, disegnando in tal modo una sorta di geometria sociale. (forme di associazione diverse possono produrre uno stesso contenuto come anche uno stesso contenuto può rivestire forme diverse).
* Società: unità oggettiva e insieme di individui.
S # D --> Simmel guarda alla realtà sociale con una prospettiva che rivela la tensione tra individualità e socialità. L'individuo ha coscienza di sé, del mondo e di sé nel mondo solo nella relazione con gli altri individui. Tali rapporti di interazione costituiscono la realtà sociale, si cristallizzano in strutture sovraindividuali dando così vita a gruppi, istituzioni...
Domanda cruciale: "Com'è possibile la società?" (e quali prmesse?)
3 forme conoscitive che l'uomo deve possedere per vivere in società --> 3 specifiche categorie che vanno intese come il risultato e la premessa dell'interazione sociale:
-Primo a priori del RUOLO. Definisce il processo di generalizzazione sociale e si basa sul principio della tipizzazione dell'altro -> la conoscenza che ciascuno di noi ha dell'altro è sempre e comunque una conoscenza incompleta. L'individuo pur riconoscendo sé stesso come membro della società, è consapevole che tale appartenenza non esaurisce completamente la sua essenza. E' proprio questa sua estraneità a consentirgli di far parte della società senza annullarsi in essa. Infatti le società "sono formazioni derivanti da esseri che stanno nello stesso tempo dentro e fuori di esse".
-Secondo a priori dell'INDIVIDUALITA'. Essere per sé ed essere sociale formano un insieme, l'individuo nella sua totalità, che non può prescindere, per la sua stessa esistenza, da queste due appartenenze. Si crea piuttosto una situazione di contmporaneità, una sorta di campo di tensione che determina le azioni di ciascuno.
-Terzo a priori della STRUTTURA. Il primo e il secondo a priori non sarebbero sufficienti a rispondere alla domanda se l'individuo non fosse in grado di muoversi all'interno di una struttura, la società appunto, idealmente perfetta, un'insieme di posizioni che producono una connessione ideale. All'interno si inserisce l'individuo con tutte le sue peculiarità.

Max Weber: «La sociologia deve designare una scienza la quale si propone di intendere in virtù di un procediento interpretativo l'agire sociale e di spiegarlo causalmente nel suo corso e nei suoi effetti. Per "agire" si deve intendere un atteggiamento umano se e in quanto l'individuo che agisce o gli individui che agiscono congiungono ad esso un senso soggettivo. Per agire "sociale" si deve però intendere un agire che sia riferito - secondo il suo senso intenzionato dall'agente o dagli agenti - all'atteggiamento di altri individui, e orientato nel suo corso in base a questo».
La soggettività prende il posto dell'oggettività. Weber intende analizzare la società come risultato delle azioni congiunte degli individui, che devono sempre essere attribuite a realtà concrete.
Individualismo metodologico: sta ad indicare tutte quelle teorie che, a differenza di quelle olistiche, assumono il punto di vista dell'attore.
Sociologia interpretativa: considera l'individuo e la sua azione come unità d'analisi.
W. considera ciò che D. aveva definito fatti sociali come l'insieme delle azioni degli attori che vi partecipano, cioè il risultato dell'interazione tra gli individui e dunque dagli stessi individui modificabile -> il metodo delle scienze naturali risulta inadeguato per cogliere il significato di tali azioni. L'osservatore è comunque uno scienziato che deve giungere alla spiegazione del fenomeno sociale attraverso proposizioni scientifiche verificate empiricamente, attraverso cioè, un metodo rigoroso che procede comunque per astrazioni e generalizzazioni (v. metafora della città).
Partire dal micro per arrivare al macro, dall'azione alla struttura.
Parola chiave: Principio di avalutatività delle scienze sociali. Weber non respinge il metodo dell'imputazione causale ma sostituisce il termine di probabilità (o possibilità) a quello di causalità, il termine parzialità a quello di globalità. In tal modo la sociologia abbandona ogni certezza deterministica, accetta il fatto che ogni fenomeno sociale è l'effetto di una tale molteplicità di concatenamenti causali da rendere prudente qualsiasi previsione. Non perchè il comportamento degli uomini sia imprevedibile: solo la follia, sostiene, rende davvero imprevedibile il comportamento umano. Però non sempre le persone sono consapevoli delle vere ragioni che determinano i loro comportamenti, inoltre le azioni degli individui hanno spesso degli effetti non intenzionali -> sono proprio questi effetti ad essere l'oggetto di studio della sociologia.
Ma com'è possibile per lo scienziato sociale non farsi fuorviare dai propri giudizi di valore? Lo scienziato sociale deve ricostruire e comprendere le modalità attraverso cui quei valori, i suoi valori, si sono costruiti.
Eredità di Weber, indicazioni teoriche e metodologiche: la prospettiva d'analisi parte dal senso soggettivo che gli individui attribuiscono alle proprie azioni, l'idea che la struttura sociale debba essere considerata l'effetto dell'interazione sociale, il fatto che l'azione di un singolo individuo diventi l'unità di misura per analizzare i fenomeni sociali. Indicazioni a cui oggi ricorrono sia l'interazionismo simbolico che l'etnometodologia, nonché tutti coloro usano metodologie di tipo qualitativo.
Ma lo strumento teorico e metodologico cruciale, il cuore della sua dottrina, è "il tipo ideale":
-è un modello che rappresenta, nelle sue caratteristiche essenziali, quel fenomeno sociale che si vuole studiare.
-è costruito sulla base di un'analisi comparata delle varie espressioni che di quel fenomeno sociale possono essere rintracciate nella realtà (questo procedimento comparativo è possibile perchè il sociologo è in grado di ricostruire il senso attribuibile ai comportamenti osservati).
-tale analisi serve ad evidenziare quei caratteri essenziali per definire e rappresentare quel dato fenomeno sociale.
-lo studioso deve individuare ed isolare gli elmenti indispensabili, in mancanza dei quali l'oggetto di studio perderebbe la sua natura e il suo carattere peculiare confondendosi con altri fenomeni sociali.
Nb: Il tipo ideale non corrisponde mai a qualcosa che esiste davvero. E' coerente perchè gli elementi di incoerenza sono scartati, quindi può essere utilizzato come modello ideale per orientarsi nella realtà sociale, stando però sempre attenti a non confonderlo con la realtà vera e propria.
W # M --> Marx riteneva che i caratteri della società e le modalità del suo sviluppo futuro fossero esclusivamente determinati dai rapporti di produzione. W. rifiuta tale prospettiva non certo perchè escluda una relazione causa-effetto tra sistema produttivo e sistema di credenze ma perchè sostiene e dimostra che tale relazione di causalità può anche essere invertita nei suoi termini. Fedele alla sua sociologia, che è comprensione dell'azione umana, fedele alla sua idea di causalità sociologica, egli avanza l'ipotesi che la riforma protestante rappresentò un elemento (non certo il solo) che favorì la nascita del capitalismo. Metodo con cui procede nel dimostrare la sua tesi: mettendo a confronto due modelli ideal tipici, capitalismo ed etica protestante.

Norbert Elias:
Elias non si pone nella scia dei classici, piuttosto condivide con loro l'ambizione di formulare una propria teoria della società e un proprio metodo di analisi. In tal modo si colloca a pieno diritto come ultimo rappresentante della grande tradizione sociologica europea.
Parole chiave: Figurazione e processo. Compito della sociologia è analizzare la società. Per raggiungere tale obiettivo occorre assumere una prospettiva processuale della realtà sociale.
Prospettiva processuale: tutto ciò che ci circonda non è altro che il risultato di un processo che ha coinvolto le strutture psichiche e quelle sociali. L'ordine e la direzione di questo processo sono il risultato dell'interazione sociale i cui effetti si manifestano sia nella struttura sociale che nella struttura dell'habitus psichico.
Il processo di civilizzazione: consiste in un progressivo aumento della divisione delle funzioni e dell'interdipendenza tra gli uomini, che a come conseguenza il determinarsi di un'organizzazione adeguata ad una società sempre più complessa.
Processo evolutivo caratterizzato da una doppia dinamica di accentramento-decentramento: da una parte il progressivo accentramento monopolistico del potere, dall'altra il decentramento, nelle coscienze indviduali, dei meccanismi di controllo del comportamento. Lo stato detiene dunque il monopolio della violenza e la vita pulsionale e affettiva dei singoli diventa uniforme e stabile attraverso un costante autocontrollo. Individuo e società sono inseparabili fra loro: sono entrambi coinvolti in un mutamento strutturale -> "la civilizzazione non è ancora compiuta: è in divenire".
Figurazione (o configurazione): Sta ad indicare le reti di interdipendenza formate dagli individui ed esprime il carattere processuale e interdipendente delle forme sociali. L'uomo è un processo. Individuo vuol dire uomo al singolare e società uomo al plurale.
Nelle società civilizzate gli apparati di controllo del comportamento hanno perso in gran parte visibilità perchè sono stati introiettati dall'individuo stesso e usati inconsapevolmente come filtro agli impusi.
Concetto di configurazione, la metafora della danza: i ballerini muovendosi insieme creano figure, queste figure si modificano, senza mai fermarsi, generando altre figure e altre ancora -> "le danze sono configurazioni concettuali considerate in astratto, in base ad osservazioni di singoli individui considerati a sé". Analogamente occorre tradurre qualsivoglia concetto sociologico a un concetto di relazione (vale anche per il potere). La sociologia di Elias, che egli stesso definisce sociologia figurazionale ed evolutiva, ha evidenti analogie o fili di collegamento con quella di S, W, D, e M.

Parte Prima

Émile Durkheim

La sociologia del fatto sociale
(da "Le regole del metodo sociologico. Sociologia e filosofia. - Titolo originale: Les règles de la méthode sociologique. Sociologie et Philosophie, 1924)

1. Che cos'è un fatto sociale: l'oggetto della sociologia
Riconosciamo un fatto sociale in base al potere di coercizione esterna che esercita o che è in grado di esercitare sugli individui (...)
Tuttavia lo si può definire anche mediante la diffusione che presenta all'interno del gruppo - diffusività, anche se esso esiste indipendentemente dalle forme individuali che assume diffondendosi - generalità -> infatti è più facile riconoscere la costrizione quando si manifesta attraverso qualche reazione diretta alla società (diritto morale, credenze, usi, mode) -> come? imponendosi -> oggettività. Vi sono inoltre modi di essere collettivi, cioè fatti sociali di ordine anatomico e morfologico (numero e natura delle parti elementari, delle vie di comunicazione, distribuzione della popolazione, ..) che tuttavia si impongono allo stesso modo all'individuo -> sono modi di fare consolidati. C'è così tutta una gamma di sfumature che, senza soluzione di continuità, collega i fatti strutturali più caratteristici alle libere correnti della vita sociale che non sono ancora imprigionate in nessuno stampo definito -> essi si differiscono sotanto per il grado di consolidamento (grado di cristallizzazione)
Definizione: Un fatto sociale è un modo di fare, più o meno fissato, capace di esercitare sull'individuo una costrizione esterna - oppure un modo di fare che è generale nell'estensione di una società data, pur avendo esistenza propria, indipendente dalle sue manifestazioni individuali. (...)
2. L'osservazione dei fatti sociali
Bisogna considerare i fatti sociali come cose -> è una cosa tutto ciò che è dato, tutto ciò che si offre o che si impone all'osservazione. E' necessario quindi considerare i fenomeni sociali in se stessi, indipendentemente dai soggetti che se li rappresentano; è necessario studiarli dal di fuori. Questa esteriorità è però solo apparente in quanto l'esterno tende a interiorizzarsi -> regola: anche se i fenomeni sociali non avessero tutti i caratteri intrinseci della cosa, bisogna cominciare considerandoli come se li avessero. Procedendo in questo modo si avrà spesso la soddisfazione di vedere i fatti in apparenza più arbitrari presentare caratteri di costanza e regolarità che sono i sintomi della loro oggettività. Carattere distintivo di una cosa è che essa non può venir modificata con un semplice decreto della volontà. Per produrre in essa un mutamento occorre uno sforzo ben maggiore.
I fatti sociali determinano le nostre azioni, sono in un certo senso gli stampiin cui siamo costretti a versarelenostre azioni.
Oggetto della sociologia: (...) Perciò, quando il sociologo si accinge ad esplorare un qualsiasi ordine di fatti sociali, egli deve sforzarsi di considerarli dal lato in cui si presentano isolati dalle loro manifestazioni individuali.
3. La spiegazione dei fatti sociali
Non si può spiegare un fatto sociale solo in relazione alle funzioni che esso assolve (come hanno fatto Comte e Spencer). Mostrare a cosa un fatto sia utile non vuol dire néspiegare come esso sia nato, né come esso sia ciò che è. Il bisogno che abbiamo delle cose non può trarle dal nulla e porle in essere: esse devono la loro esistenza a cause di altro genere.
Per spiegare un fatto sociale bisogna trovare la causa di cui tale fatto è l'effetto. Per produrre o modificare un effetto bisogna far agire le cause, le sole suscettibili di generarlo.
Non si può spiegare un fatto sociale attraverso la funzione che esso assolve anche perchè tale funzione cambia nel tempo. E' vera del resto, in sociologia come in biologia, la proposizione che l'organo è indipendente dalla funzione e che perciò, pur restando il medesimo, può servire a scopi differenti. La causa di un fatto sociale è quindi indipendente dalle funzioni che esso assolve.
Anche la tendenza, i bisogni, i desideri degli uomini sono cose, ed intervengono nell'evoluzione sociale affrettandone o frenandone lo sviluppo, ma sempre in virtù di cause efficienti. Per determinare mutamenti è necessaria l'azione di cause che li implichino fisicamente. Ad es: i costanti progressi della divisione del lavoro sociale sono necessari perchè l'uomo possa persistere nelle nuove condizioni di esistenza in cui si trova situato man mano che procede nella storia -> abbiamo qui dunque attribuito alla tendenza istinto di conservazione un ruolo importante. Se esso si è orientato è perchè la sopravvivenza degli individui che continuavano a consacrarsi a compiti generali divenne sempre più difficile. L'uomo è stato quindi costretto a mutare direzione e ciò è avvenuto perchè questa era la direzione di minor resistenza: altre soluzioni possibili erano l'emigrazione, il suicidio, il reato..
I bisogni umani possono influire sull'evoluzione sociale, a patto di evolvere essi stessi. Dato un certo ambiente, ogni individuo, secondo il proprio umore, si adatta ad esso nel modo che preferisce. L'uno cercherà di mutarlo per metterlo in armonia con i suoi bisogni; l'altro preferirà mutare se stesso e moderare i suoi desideri. Senza dubbio gli avvenimenti esterni variano da un popolo all'altro, ma è sorprendente come essi si riproducano con straordinaria regolarità nelle stesse circostanze -> gli usi più bizzarri come la couvade, il levirato, l'esogamia.., si osservano presso i popoli più diversi e sono sintomi di un certo stato sociale -> generalità delle forme collettive.
Per spiegare un fatto sociale bisogna ricercare separatamente la causa efficiente che lo produce e la funzione che esso assolve -> Dobbiamo determinare se sussiste una corrispondenza tra fatto sociale e bisogni generali dell'organismo sociale, e in cosa consiste, senza preoccuparsi di sapere se essa sia stata intenzionale o meno. Se un fatto sociale si riconosce dal suo potere di coercizione sulle coscienze individuali ne consegue che non deriva da esse. L'autocostrizione, l'inibizione, è solo il mezzo attraverso cui agisce la costrizione sociale, ma non è questa costrizione. Scartato l'individuo, non resta che la società -> dobbiamo cercare la spiegazione della vita sociale nella natura della società stessa. Si ritiene infatti che essa sia in grado di imporgli i modi di agire e di pensare. Questa pressione, che è il segno distintivo dei fatti sociali, è quella che tutti esercitano su ognuno. Quindi, è nella società che bisogna cercare la causa dei fatti sociali.
La società non è una semplice somma di individui: al contrario, il sistema formato dalla loro associazione rappresenta una realtà specifica dotata di caratteri propri. Occorre però che queste coscienze siano associate e combinate in una certa maniera; da questa combinazione risulta la vita sociale e di conseguenza è questa combinazione che la spiega. Aggregandosi, penetrandosi, fondendosi, le anime individuali danno vita ad un essere (psichico, se vogliamo) che però costituisce un'individualità psichica di nuovo genere.
Sociologia e psicologia come scienze distinte: il gruppo pensa, sente e agisce in modo del tutto diverso da quello in cui si comporterebbero i suoi membri, se fossero isolati. Se si parte da questi ultimi, non si può quindi comprendere nulla di ciò che accade nel gruppo! Tutto ciò che è vincolante ha la sua fonte al di fuori dell'individuo. D'altra parte gli individui non hanno scelto se entrare o meno nella vita collettiva. E' ciaro che i caratteri generali della natura umana entrano nel lavoro di elaborazione da cui risulta la vita sociale: non sono però essi che la suscitano o che le danno la sua forma specifica. Le rappresentazioni, le emozioni, le tendenze collettive non hanno come cause generatrici certi stati della coscienza individuale, bensì le condizioni in cui si trova il corpo sociale nel suo insieme.
Regola: la causa determinante di un fatto sociale deve essere cercata tra i fatti sociali antecedenti, e non già tra gli stati della coscienza individuale. La funzione di un fatto sociale può essere solamente sociale: deve venir sempre cercata nel rapporto in cui si trova con qualche scopo sociale.
Se la vita collettiva non deriva dalla vita individuale, entrambe sono tuttavia strettamente in rapporto. Una cultura psicologica, più ancora che una cultura biologica, costituisce quindi per il sociologo una propedeutica necessaria; ma essa gli sarà utile soltanto a condizione che egli sappia liberarsene dopo averla ricevuta, e che sappia superarla completandola mediante una cultura specificamente sociologica. Occorre che egli si stabilisca nel cuore stesso dei fatti sociali per osservarli di fronte e senza intermediari, domandando alla scienza dell'individuo soltanto una preparazione generale.

Seconda Parte


Max Weber

La sociologia dell'azione sociale

1. L'agire sociale e l'idealtipo: oggetto e metodo della sociologia
(da Concetti sociologici fondamentali, in Economia e società - Tit. Orig: Wirtschaft und Gesellschaft, 1922)
La sociologia è una scienza che si propone di interpretare, comprendere e spiegare l'agire sociale.
Per agire "sociale" si deve intendere un agire che sia riferito - secondo il suo senso intenzionato dall'agente o dagli agenti - all'atteggiamento di altri individui, e orientato nel suo corso in base a questo».
Fondamenti metodologici
1. un «senso»:
a) di fatto, in un caso storicamente dato
b) intenzionato soggettivamente, di un tipo puro costruito concettualmente
Certamente non si deve intendere qualsiasi senso oggettivamente corretto, né un senso vero stabilito metafisicamente -> in questo risiede la differenza delle scienze empriche dell'agire rispetto a tutte le discipline dogmatiche, che si propongono di indagare il senso corretto o valido.
2. il «confine» tra un agire dotato di senso e un comportamento meramente reattivo è assolutamente fluido. Una parte assai rilevante del comportamento che riveste interesse per la sociologia, in particolare l'agire puramente tradizionale, sta al limite tra l'uno e l'altro.
3. ogni interpretazione tende a conseguire l'«evidenza».
a) Evidente razionalmente è, nell'ambito dell'agire, soprattutto ciò che viene inteso senza residuo e con chiarezza. L'azione razionale è quella che possiede il più ampio grado di evidenza.
b) Evidente alla penetrazione simpatetica è, ciò che viene rivissuto pienamente nella sua immediata connessione di sentimento.
Ad es.: Comprendiamo cosa significa che 2x2=4 o chi trae correttamente una conclusione logica. Parimenti comprendiamo anche cosa voglia significare chi, da «fatti di esperienza» a noi noti, deriva nel suo agire le conseguenze che risultano.
Molto stesso non siamo in grado di intendere con piena evidenza, e tuttavia possiamo in determinate circostanze cogliere intellettalmente, parecchi «scopi» e «valori» ultimi in vista dei quali può essere orientato, in conformità dell'esperienza, l'agire di un uomo; ma d'altra parte, quanto più radicale è la loro distanza dai nostri valori ultimi, tanto più difficile ci risulta comprenderli rivivendoli mediante l'opera di penetrazione simpatetica della fantasia. A seconda dei casi dobbiamo allora accontentarci di interpretarli soltanto intellettualmente, o in determinate circostanze - quando anche ciò non riesca - dobbiamo addirrittura assumerli come dati di fatto, per poter comprendere il corso dell'agire da essi motivato in base ai loro punti di orientamento, interpretati per quanto è possibile intellettualmente oppure vissuti per quanto è possibile approssimativamente in virtù di una penetrazione simpatetica.
La costituzione di modelli: si stabilisce anzitutto come l'agire si sarebbe svolto se vi fosse stata conoscenza di tutte le circostanze e di tutte le intenzioni dei partecipanti, e se la scelta dei mezzi fosse stata rigorosamente razionale rispetto allo scopo. Soltanto in questa maniera diventa allora possibile l'imputazione causale delle deviazioni rispetto a tale corso agli elementi irrazionali che le hanno determinate. La costruzione di un agire rigorosamente razionale rispetto allo scopo serve dunque alla sociologia come un tipo («tipo ideale») per intendere l'agire reale, influenzato da elementi irrazionali di ogni specie, quale deviazione del corso che avrebbe luogo nel caso di un ragionamento puramente razionale. In quanto tale, solamente per questo motivo di opportunità metodologica, il metodo della sociologia «comprendente» risulta «razionalistico», procedimento inteso unicamente come uno strumento metodico -> L'agire razionale è solo un modello teorico.
4. «attribuzione di senso»: qualsiasi processo o oggetto può venir interpretato e compreso in base al senso che l'agire umano attribuisce al suo esistere.
5. l'«intendere» può designare:
a) l'intendere attuale del senso intenzionato di un'azione -> cosa sto facendo (comprensione attuale razionale di azioni o pensieri, comprensione attuale irrazionale di affetti..)
b) l'intendere esplicativo -> intendiamo in base ad una motivazione quale senso abbia l'aver agito proprio adesso, rientrando così in una connessione di senso che ci è intelligibile, la cui comprensione viene da noi considerata come una spiegazione del corso di fatto dell'agire. Spiegare vuol dire cogliere le connessioni di senso in cui viene ad inserirsi, secondo il suo senso soggettivamente intenzionato, un agire attualmente intelligibile.
6. l'«intendere» designa in tutti questi casi una comprensione interpretativa del senso o della connessione di senso secondo una prospettiva:
a) storica
b) sociologica
c) ideal-tipica
Ogni interpretazione tende a conseguire l'evidenza. Un'interpretazione fornita di senso, per quanto evidente, non è mai causalmente valida, ma rimane di per sé soltanto un'ipotesi causale particolarmente evidente.
- a volte l'attore non è consapevole del senso della sua azione
- comportamenti simili possono nascondere motivazioni differenti
- quando le motivazioni sono antitetiche solo il corso effettivo degli eventi può far luce sul nesso reale di ciascuna motivazione --> inevitabile risulta dunque il controllo dell'interpretazione intellegibile di senso in base alla decisione che si viene a determinare nel corso effettivo degli avvenimenti
7. Per «motivo» si intende una connessione di senso che appare come fondamento dotato di senso di un atteggiamento.
- atteggiamento adeguato in base al senso, che si sviluppa correttamente quale connessione di senso tipica, corretta.
- atteggiamento adeguato in termini di probabilità, nel grado in cui sussiste una possibilità che essa si svolga sempre in modo simile (secondo una spiegazione causale per cui ad un certo processo faccia seguito un altro processo secodo una regola di probabilità in qualche modo determinabile - e nel caso ideale, che si verifica raramente, formulabile in termini quantitativi).
8. I processi non suscettibili di compresione non sono per questo meno importanti. Essi rientrano soltanto in un ambito diverso da quello dell'agire intelligibile.
9. Sociologia # biologia: Per la sociologia l'unità di misura è l'individuo. La biologia può scomporre l'individuo in cellule e trovare regole causali. Non la sociologia. Per la sociologia, al pari che per la storia, l'oggetto di comprensione è proprio costituito dalla connessione di senso dell'agire sociale,
Per differenti scopi conoscitivi sarebbe possibile considerare le formazioni sociali come individui particolari, come soggetti di diritti e doveri..
Per l'interpretazione intelligibile dell'agire, a cui la sociologia aspira, queste formazioni sono invece semplicemente processi e connessioni dell'agire specifico di singoli uomini -> la sociologia va al di là della semplice determinazione di connessioni funzionali e di leggi perchè, a differenza di qualsiasi altra scienza naturale, è in grado di comprendere il suo oggetto di studio. Questo vantaggio della spiegazione interpretativa rispetto alla spiegazione fondata sull'osservazione è compensato dal carattere essenzialmente ipotetico conseguibile mediante l'interpretazione. Ciononostante essa costituisce appunto l'elemento specifico della conoscenza sociologica.
10. Le «leggi» rappresentano possibilità tipiche -> l'imputazione di causalità indica probabilità e non certezza. La sociologia comprendente formula leggi solo in termini di possibilità e/o probabilità sulla base di comportamenti ipotetici rigorosamente razionali (come pure l'economia politica).
Sociologia # psicologica: Nel caso di una spiegazione sociologica degli elementi irrazionali dell'agire, la psicologia comprendente può senza dubbio rendere servizi di decisiva importanza, restando tuttavia invariata la questione metodologica fondamentale.
11. Sociologia # storia: La sociologia elabora concetti di tipi e cerca regole generali del divenire, in antitesi alla storia la quale mira all'analisi causale e all'imputazione di azioni di formazioni, di personalità individuali che rivstonoun'importanza culturale. La sociologia formula tipi «puri» (cioè tipi ideali), costruiti in base al senso (e all'occasione anche tipi di media, cioè tipi di carattere empirico-statistico), che rendono possibile una casistica sociale, ma non esistono nella realtà -> Sono costruzioni tipico-ideali che cercano senza eccezione di stabilire come si sarebbe svolta l'azione nel caso di una razionalità rispetto allo scopo di carattere ideale, e questo in vista dei seguenti fini:
- per poter intendere l'agire reale, condizionato da ostacoli i vario genere, nella misura in cui esso è stato effettivamente condeterminato.
- per rendere più facile la conoscenza dei suoi motivi reali, in base alla distanza del suo corso reale dal corso tipico-ideale. L'agire reale si svolge nella gran massa dei suoi casi, in una oscura semicoscienza o nell'incoscienza del suo «senso intenzionato». L'individuo che agisce, lo fa il più delle volte, istintivamente o in conformità all'abitudine. Ma ciò non toglie che la sociologia elabori i suoi concetti mediante una classificazione del possibile «senso intenzionato» come se l'agire di fatto procedesse in modo consapevolmente orientato in base ad un senso. Essa deve in ogni caso mettere in conto, e stabilire, nella sua misura e nella sua specie, la distanza rispetto alla realtà, quando si tratti di venire a considerare questa nella sua concretezza.
Il concetto di agire sociale
Che cos'è un agire sociale?
Un atteggiamento orientato all'atteggiamento di altri individui (singoli e noti, oppure una molteplicità indeterminata di persone ignote)

Fondamenti determinanti dell'agire sociale
Quattro tipi ideali di azione:
1. agire tradizionale
2. agire affettivo
3. agire razionale rispetto al valore
4. agire razionale rispetto allo scopo
-> sono tipi concettualmente puri, creati per scopi sociologici.
La relazione sociale
Che cos'è una relazione sociale? Un comportamento di più individui instaurato reciprocamente secondo il suo contenuto di senso, e orientato in conformità.
Caratteristiche:
a) reciprocità: si richiede un minimo di relazione reciproca dell'agire di entrambe le parti;
b) intenzionalità degli attoricontenuto di senso intenzionato dai partecipanti;
c) il contenuto di senso può essere diverso tra i vari attori coinvolti nella relazione -> relazione unilaterale -> ci sarà comunque sempre, anche se minimo, un riferimento reciproco. Se invece il contenuto di senso corrisponde -> relazione bilaterale -> caso limite. Siamo in assenza di relazione sociale soltanto in consegunza dell'effettiva mancanza di un riferimento reciproco.
d) transitoria o durevole;
e) mutevole: il contenuto di senso può cambiare.

2. Qual'è il compito della sociologia
(da Il metodo delle scienze storico-sociali – Tit. orig: Gesammelte Aufsätze zur Wissenschaftslehre, 1924)
La sociologia non deve produrre giudizi di valore, né indicare all'attore strategie d'azione, ma questo non vuol dire che i giudizi di valore non debbano essere oggetto dell'analisi scientifica.
Ogni riflessione concettuale sugli elementi ultimi di un agire umano fornito di senso è vincolata anzitutto alle categorie di «scopo» e «mezzo» (volere qualcosa in relazione al suo proprio valore oppure come mezzo per raggiungere lo scopo).
Questione dell'appropriatezza dei mezzi in vista di un dato scopo. Stabilire inoltre le conseguenze dell'azione, cioè le conseguenze che avrebbe l'impiego dei mezzi richiesti insieme all'eventuale conseguimento dello scopo prefisso.
Quanto costa il conseguimento dello scopo voluto, rispetto ad altri valori? L'auto-riflessione di uomini che agiscono in modo responsabile non può prescindere dalla reciproca commisurazione dello scopo e delle conseguenze dell'agire. Essi misurano e scelgono secondo la propria coscenza e secondo la loro personale concezione del mondo.
Compito della scienza: condurre l'uomo alla coscienza che ogni agire comporta una presa di posizione in favore di determinati valori e quindi contro altri. Compiere tale scelta però è cosa sua.
Ciò che noi possiamo offrirgli è la conoscenza del significato di ciò che vuole. La trattazione scientifica dei giudizi di valore vuole non soltanto farci comprendere e rivivere gli scopi che ci prefiggiamo e gli ideali che stanno alla loro base, ma soprattutto insegnarci anche a «valutarli» criticamente.
I valori -> una scienza empirica non può mai insegnare a nessuno ciò che egli deve, ma può insegnargli ciò che egli può e ciò che egli vuole -> giudicare la validità dei valori non è compito della sociologia. I valori sono prodotti culturali storicamente determinati, mutevoli e contestati; sono prodotti della cultura nello stesso modo in cui lo sono la sensibilità e la coscienza.
Occorre distinguere tra conoscere e valutare, cioè tra l'dempimento del dovere scientifico di vedere la realtà dei fatti e l'adempimento del dovere pratico di sostenere i propri ideali -> come scienziato devo saper vedere la realtà dei fatti (capacità di ordinare concettualmente la realtà empirica), come uomo devo avere degli ideali. Un'indagine scientifica è tale se è valida indipendentemente dai valori che l'hanno promossa o dai valori che hanno determinato il fenomeno (e dev'essere valida per tutti!)
La scienza sociale è una scienza di realtà. Noi vogliamo comprendere la reltà nella sua specificità; vogliamo cioè comprendere da un lato la connessione e il significato culturale dei suoi fenomeni nella loro configurazione presente, dall'altro i motivi del suo essere storicamente divenuto, e non altrimenti.
Ogni conoscenza concettuale della realtà infinita da parte dello spirito umano finito poggia infatti sul presupposto tacito che soltanto una parte finita di essa debba formare l'oggetto della considerazione scientifica, e perciò risultare «essenziale» nel senso di essere «degna di essere conosciuta». Ma in conformità a quali principi? (...)
E' priva di senso una trattazione «oggettiva» dei processi culturali, per la quale debba valere come scopo ideale del lavoro scientifico la riduzione del dato empirico a «leggi» -> L'individuo si muove sulla base di orientamenti culturali e non i virtù di leggi universalmente valide.
La «cultura» è una sezione finita dell'infinità priva di senso dell'accadere del mondo, alla quale viene attribuito senso e significato dal punto di vista dell'uomo (-> consapevolezza e attribuzione di senso)
Noi siamo esseri culturali, dotati della capacità e della volontà di assumere consapevolmente posizione nei confronti del mondo e di attribuirgli un senso => il significato culturale di un fenomeno è il senso che noi attribuiamo ad esso.
La prostituzione è un fenomeno culturale al pari della religione o del denaro; e tutti e tre lo sono in quanto e solo nella misura in cui la loro esistenza e la forma che storicamente assumono toccano, direttamete o indirettamente i nostri interessi culturali....
Ogni fenomeno sociale ha un significato culturale. Conoscere significa assumere un particolare punto di vista sulla base di quelle connessioni che l'osservatore ritiene significative, scelta che avviene comunque sulle idee di valore del ricercatore -> senza le idee di valore del ricercatore non vi sarebbe alcun principio di selezione del materiale, né vi sarebbe alcuna conoscenza fornita di senso del reale nella sua individualità. -> l'orientamento della sua fede personale indicherà la direzione anche del suo lavoro. La conoscenza è sempre vincolata a presupposti «soggettivi».

3. L'avalutatività delle scienze sociali
(da Il metodo delle scienze storico-sociali – Tit. Orig: Gesammelte Aufsätze zur Wissenschaftslehre, 1924)
E' possibile che una disciplina empirica indichi direttive per un agire fornito di valore?
Le sole cose che una disciplina empirica può mostrare con i suoi mezzi sono:
1) i mezzi indispensabili
2) le conseguenze concomitanti
3) la concorrenza tra più valutazioni possibili
Limitarsi a guardare la realtà o contribuire sostenendo i propri valori? Importante è evitare confusioni.
In sintesi -> Il senso delle discussioni intorno a valutazioni pratiche può consistere soltanto nelle operazioni:
a) elaborazione degli assiomi di valore ultimi -> operazione puramente logica.
b) deduzione delle conseguenze connesse alla presa di posizione valutativa.
c) determinazione delle conseguenze di fatto che dovrebbe avere la realizzazione pratica di una data presa di posizione valutativa nei confronti di un certo problema. Questa constatazione puramente empirica può aver come risultato tra l'altro:
1) l'assoluta impossibilità di qualsiasi realizzazione del postulato di valore, in quanto non è possibile stabilire alcuna via per realizzarlo;
2) la maggiore o minore improbabilità diuna sua realizzazione compiuta, o anche soltantoapprossimativa, per gli stessi motivi o perchè esiste la possibilità che si abbiano conseguenze concomitanti non volute.
3)necessità di mettere in conto tali mezzi o tali conseguenze concomitanti e non considerate in precedenza.
d) possono presentarsi assiomi di valore nuovi, e di conseguenza nuovi postulati.
I valori dello scienziato sociale indirizzano il suo lavoro, tuttavia questo deve essere «avalutativo»:
-no valutazione ma relazione ai valori;
-no giudizio di valore ma interpretazione del valore.

Terza Parte

Georg Simmel

La sociologia della forma
(da Sociologia - Tit. orig: Soziologie, Untersuchungen über die Formen der Vergesellschaftung, 1908)

1. Il problema della sociologia: l'oggetto
Quale dev'essere l'oggetto?
Il conoscere umano si è sviluppato partendo da società pratiche, da lungo tempo però esso non è più legato a questa origine, e da semplice mezzo per gli scopi per l'agire è diventato esso stesso uno scopo definitivo. Dal momento che le classi attiravano su di sé la coscienza teorica, il pensiero si accorse a un tratto che ogni fenomeno individuale è determinato in genere da un'infinità di influenze provenienti dalla sua cerchia ambientale umana. Una volta raggiunta la coscienza che ogni agire umano si svolge nell'ambito della società e che nessun agire può sottrarsi alla sua influenza, tutto ciò che non era scienza della natura esterna doveva essere scienza della società. A questa concezione della sociologia come scienza del tutto ciò che è umano in generale contribuì il fatto che essa era una scienza nuova e che di conseguenza verso di essa si affollavano tutti i possibili problemi che non trovavano altrove una sede precisa -> ma in tal modo si sarebbe trovato solo un nuovo nome da attribuire a un calderone che però già esisteva nell'ambito dei setori di ricerca precedenti -> la sociologia non può essere una scienza onnicomprensiva! Alla base di questo errore sta l'intuizione che se l'uomo è determinato dal fatto di vivere in azione reciproca con altri uomini, allora deve esserci una nuova forma di consifderazione anche in tutte le cosiddette scienze dello spirito.
Quali allora le specificità della sociologia rispetto alle altre scienze umane? La possibilità di comprendere i fenomeni storici in base all'agire reciproco e all'agire in comune degli individui, in base alla somma e alla sublimazione di innumerevoli contributi individuali. La sociologia, nella sua elazione con le scienze esistenti, è quindi un nuovo metodo, uno strumento ausiliario della ricerca, per avvicinarsi ai fenomeni di tutti quei campi in modo nuovo.
La sociologia in questo modo non contiene alcun oggetto che non venisse già trattato in una delle scienze esistenti, ma essa rappresenta solo un nuovo approccio ai fenomeni sociali, un metodo scientifico.
Occorre quindi definirne l'oggetto. Ma quale può essere l'oggetto proprio e nuovo, la cui indagine fa della sociologia una scienza autonoma e dai confini determinati? Intendiamo per oggtto un complesso di determinazioni e di relazioni di cui ciascuna, proiettata su una pluralità di oggetti, può divenire oggetto di una scienza particolare. Ogni scienza poggia su un'astrazione. Di fronte alla totalità della cosa e delle cose ogni scienza si sviluppa attraverso a loro scomposizione in qualità e funzioni particolari, dopo che si è trovato un concetto che permette di individuare quest'ultime e di cogliere nel suo ricorrere nelle cose reali secondo connessioni metodiche.
Occorre trovare un nuovo livello di astrazione che colleghi i fenomeni sociali. Occorre perciò che il concetto di società sottoponga i dati storico-sociali a un nuovo processo di astrazione e di coordinamento in modo che certe determinazioni degli stessi vengano riconosciute come reciprocamente connesse e quindi come oggetti di un'unicascienza. -> distinguiere la forma dal contenuto.
Definizione della società: la società esiste là dove più individui entrano in azione reciproca. Impusi di vario genere fanno si che l'uomo entri con altri in una consistenza, in una correlazione di situazioni, che eserciti affetti sugli altri e ne subisca dagli altri. Azioni reciproche da cui (dai portatori individuali di quegli impulsi e scopi occasionali) sorge un'unità cioè una «società». Un corpo organico è un'unità perchè i suoi organi stanno tra loro in uno scambio reciproco di energie più stretto che con qualsiasi essere esterno.
Contenuto: un impulso, interesse, scopo, inclinazione, situazion psichica e movimento-> da ciò o in ciò sorge l'azione.
Associazione: si ha quando l'azione sociale produce delle forme di coesistenza, le quali rientrano sotto il concetto generale dell'azione reciproca. L'associazione è dunque la forma realizzantesi in innumerevoli modi diversi, in cui gli individui raggiungono insieme un'unità sulla base di quegli interessi e nell'ambito della quale questi interessi si realizzano.
In ogni fenomeno sociale esistente il contenuto e la forma sociale costituiscono una realtà unitaria -> elementi insepartabili nella realtà di ogni essere e accadere sociale mediante il quale o nella cui forma quel contenuto acquista realtà sociale. Soltanto quando la vitalità di questi contenuti acquista la forma dell'influenza reciproca, la pura e semplice contemporaneità spaziale o anche la successione temporale degli uomini si traduce in una società -> la sociologia deve indagare i modi e le forme prodotte dall'azione reciproca.
Come? Bisogna separare le forme dai contenuti e costituirle come oggetto specifico dell'analisi sociologica. Forma e contenuto vengono separati nell'astrazione scientifica, forme di azione reciproca o di associazione vengono collegate tra loro, concettualmente isolate dai contenuti che soltanto mediante esse diventano sociali, e metodicamente sottoposte a un punto di vista scientifico unitario. Il diritto di sottoporre i fenomeni storico-sociali a un'nalisi secondo forme e contenuti e di ricondurre le prime a una sintesi si fonderà su due condizioni, le quali possono essere verificate soltanto in base ai fatti. Si deve da un lato trovare che la medesima forma di associazione ricorre con un contenuto del tutto diverso, per scopi completamente differenti, e che, al contrario, il medesimo interesse assume come sue portatrici o modi di ralizzazione forme completamente diverse di associazione. In gruppi sociali i più diversi per scopi e per significato, troviamo tuttavia i medesimi modi formali di atteggiamento reciproco. Per quanto molteplici possano essere gli interessi dai quali si perviene a queste associazioni, le forme in cui esse si attuano possono tuttavia essere le medesime. E d'altra parte lo stesso interesse può configurarsi in associazioni di forma molto differente.
-> forme diverse possono presentare gli stessi contenuti così come contenuti diversi possono presentare le stesse forme.
I fatti offrono quella legittimazione del problema sociologico che esige la constatazione, l'ordine sistematico, la motivazione psicologica e lo sviluppo storico delle forme pure di associazione -> questo è il compito della sociologia! Occorre una linea che sciolga il puro fatto dall'associazione e lo costituisca come campo particolare. Essa diventa in tal modo una scienza specifica il cui carattere specialistico consiste nel fatto di accostare un intero campo di oggetti da un punto di vista particolare: non il suo oggetto, ma la sua forma di considerazione , la particolare astrazione da essa compiuta, la differenzia dalle altre scienze storico-sociali.
Il concetto di società copre due significati:
- insieme di individui: oggetto è tutto ciò che accade nella e con la società;
- somma delle forme di associazione: ha per oggetto le forze, le relazioni e le forme mediante le quali gli uomini si associano e che costituiscono nella loro configurazione autonoma, la società in senso stretto.
Se sparissero le forme di associazione, sparirebbe la società.
Società è l'azione reciproca. La sociologia sta alle scienze umane come la geometria sta alle scienze della materia.
Non vi è un'uguaglianza assoluta delle forme, ma solo un'uguaglianza approssimativa che si può stabilire in linea di principio e soltanto come strumento per compiere e legittimare nei singoli feomeni la separazione scientifica di forma e contenuto.
Come operare dunque? Attraverso un procedimento intuitivo sostenuto dagli esempi. Così allora i fenomeni storici potranno essere considerati da tre punti di vista distinti in linea di principio: dell'individuo, della forma e del contenuto -> tale distinzione è solo una necessità metodologica di tenerli distinti, che si scontra ad ogni passo con la difficoltà di ordinare ogni elemento in una serie indipendente e con l'aspirazione aun'immagine complessiva della realtà -> nonostante la chiarezza e precisione metodologica dell'impostazione di principio, a stento si potrà evitarne l'equivocità -> che andrà rassicurata attraverso l'analisi.
2. Le forme sociali: il metodo
Partire dal concetto di relazione reciproca rivela forme di relazione inedite: Appena si pone la questione delle influenze reciproche tra gli individui, la cui somma produce quella coesione nella società, si rivela immediatamente una serie di forme di relazione che finora non venivano comprese affatto nella scienza della società. In complesso la sociologia si è propriamente limitata allo studio dei fenomeni sociali macroscopici, cioè delle forme già cristallizzate e sovraindividuali, tralasciando un numero sterminato di forme di relazione e di modi di azione reciproca tra gli uomini che sono di dimensioni minori e meno appariscenti e che sono quelle che sole danno origine alla società quale noi la conosciamo. La limitazione ai primi fenomeni ricorda la scienza primitiva del corpo umano interno (la società come organismo biologico) che si limitava ai grandi organi e trascurava gli innumerevoli tessuti senza i quali quegli organi più distinti non darebbero mi luogo a un corpo vivente. Ciò che rnde più difficile fissare scientificamente tali forme sociali poco appariscenti, le rende al tempo stesso infinitamente importanti per la comprensione più profonda della società: il fatto cioè che in generale esse non sono ancora consolidate in forme stabili.
L'associazione tra gli uomini si allaccia, si scioglie e si riallaccia continuamente, come un eterno fluire e pulsare che incatena gli individui, anche quando non perviene a organizzazioni vere e proprie. Qui risiedono le azioni reciproche - accessibili soltanto alla microscopia psicologica - tra gli atomi della società -> occorre guardare alle azioni infinitamente numerose e infinitamente piccole.
Al di là di ogni analogia sociologica o metafisica tra le realtà della società e dell'organismo si tratta qui soltanto dell'analogia delmetodo di trattazione e del suo sviluppo. Le particolari azioni reciproche che si offrono in queste misure non del tutto consuete all'analisi teorica devono essere esaminate come fornme costitutive della società, come parti dell'associazione in generale.
Qual'è allora il confine tra la sociologia e la psicologia sociale? Cambia il metodo, il punto di vista, l'oggetto dell'osservazione -> la sociologia tratta le forme dell'associazione trascurandone i contenuti psichici ->pur utilizzando come dati i processi psichici, questi non sono oggetto di studio della sociologia => la scienza della società non può che essere la dottrina dell'associazione.
Anche i confini tra filosofia e sociologia sono certi, tuttavia la prima suggerisce alla seconda le domande e ne fonda i presupposti epistemologici. Quando un soggetto sussiste, quali sono i presupposti della sua coscienza di costituire un essere sociale? Qual'è l'a priori che rende possibile e forma la struttura empirica dell'individuo in quanto essere sociale? Ma la domanda essenziale è:
3. Com'è possibile la società
Quali premesse? Quali presupposti devono agire affinché particolari processi concreti della coscienza individuale siano relmente processi di socializzazione, quali elementi permettono che laloro funzione sia di costruire un'unità sociale? Le apriorità sociologiche determineranno processi reali di associazione; d'altra parte esse costituiscono i presupposti ideali e logici della società perfetta. La coscienza di associarsi e di essere associato è più un sapere che un conoscere. Ma ciò che dev'essere esaminato dal punto di vista delle sue condizioni come il concetto generale di associazione, è qualcosa di conoscitivo: la coscienza di associarsi o di essere associati. Si tratta dei processi dell'azione reciproca, i quali per l'individuo significano il fatto di essere associato.
Quali forme debbano stare alla a base di esse, quali le forme che la coscienza deve sorreggere? -> teoria della conoscenza della società. Tre di queste conoscenze o forme a priori dell'associazione, categorie sotto le quali i soggetti guardano se stessi e si guardano reciprocamente in modo d poter produrre la società empirica (si avvicinano alle categorie kantiane):
1. l'a priori del ruolo: l'altro generalizzato -> noi vediamol'altro generalizzato, perchè non ci è dato di rappresentare pienamente in noi un'individualità divergente dalla nostra. Ogni riproduzione di un'anima è condizionata dalla somiglianza/differenza, vicinaanza/lontananza con essa. Ne consegue una generalizzazione dell'immagine psichica dell'altro. Noi pensiamo l'altro sotto una categoria generale che certamente non lo ricopre del tutto. La relazione è possibile perchè noi non vediamo l'altro nella sua pura individalità, ma come appartenente ad una specifica cerchia sociale.
2. l'a priori dell'individualità: Ogni elemento di un gruppo non è soltanto parte di una società, ma è inoltre ancora qualcosa. C'è una parte dell'individuo non riconducibile al suo essere sociale che interviene e rende possibili le dinamiche di interazione. Ci sono dei tipi sociologici la cui essenza consiste proprio nel fatto di essere, nello stesso tempo, dentro e fuori la società, inclusi ed esclusi, vicini e lontani (lo straniero, il nemico, il criminale, perfino il povero, ma ciò vale anche per qualsiasi fenomeno individuale). Gli individui sociali si muovono sempre tra questi estremi. L'a priori della vita sociale empirica è il fatto che la vita non è del tutto sociale. Il fatto che le società siano formazioni derivanti da esseri che stanno allo stesso tempo dentro e fuori di esse è anche alla base di una delle più importanti formazioni sociologiche: cioè che l'anima individuale non può mai stare in una connessione senza stare contemporaneamente al di fuori di essa.
Rapporto tra l'individuo e la società: il fatto dell'associazione colloca dunque l'individuo in questa duplice posizione, gli è compreso e al tempo stesso si contrappone, è un elemento dell'organismo e al tempo stesso è un tutto organico concluso, è un essere per essa e un essere per sé. Aspetto essenziale: tra individuo e società l'interno e l'esterno non costituiscono due determinazioni sussistenti l'una accanto all'altra ma definiscono la posizione del tutto unitaria dell'uomo che vive socialmente -> contemporaneità delle due determinazioni logicamente contrapposte. Sono due punti di vista che costituiscono insieme l'unità che chiamiamo essere sociale.
3. l'a priori della struttura: La società è una formazione composta da elementi diseguali. Struttura e disuguaglianza sono i due termini che definiscono la società. La società siconfigura come un cosmo, in cui ogni punto può essere costituito e svilupparsi solo in quel determinato modo, se la struttura del tutto non dev'essere mutata. Nessun granello di sabbia potrebbe essere formato e collocato diversamente da com'è, senza che questo abbia come presupposto e come conseguena una modificazione dell'intera esistenza.
Ciò significa che ogni nuovo individuo che entra a far parte della società trova un posto inequivocabilmente determinato -> questo permette di scorgere l'a priori della struttura e che per l'individuo significa un fondamento e la «possibilità» di appartenere a una società.
Valore di universalità inerente l'individualità: Presupposto in base al quale l'individuo vive la sua vita sociale è che ogni individuo sia orientato verso una determinata posizione che idealmente gli appartiene e che sia anche realmente presente nel complesso sociale. La nostra vita conoscitiva poggia sul presupposto di un'armonia prestabilita tra le nostre energie spirituali, sebbene ancora individuali, e l'esistenza esteriore. Parimenti la vita sociale poggia sul presupposto di un'armonia tra l'individuo e il complesso sociale. Finchè l'individuo non trova realizzato questo a priori della sua sistenza sociale, egli non sarà associato e la società non è quell'attività reciproca priva di lacune che il suo concetto enuncia. Esempio: la professione come espressione sociale della propria soggettività. Affinché esista in generale una «professione» deve sussistere quell'armonia tra la costruzione e il processo vitale della società, da un lato, e le qualità e gli impulsi individuali, dall'altro. L'imperativo diventa così di cercare finchè la si trova. (...)

Quarta Parte


Norbert Elias

La sociologia del processo

1. Il processo: l'oggetto della sociologia
(da Che cos'è la sociologia - Titolo originale: Was ist Soziologie?, 1970)
Scienze sociali-scienze naturali: Nella fase classica della loro evoluzione si riteneva che lo scopo delle ricerche fisiche fosse quello di ricondurre tutto ciò che appare mutevole e mobile a qualcosa di immobile ed immutabile, cioè alle leggi eterne della natura ->formulazione di leggi come criterio di scientificità. Conseguenza: molti rappresentanti delle discipline accademiche, non ultimi anche alcuni sociologi, sentono una certa inquietudine e forse si sentono persino in colpa perchè da un lato pretendono di essere degli scienziati, ma dall'altro non sono in condizione di ottemperare all'ideale filosofico di scienza che è stato stabilito.
Ma com'è possibile parlare di cambiamento se non esiste un qualcosa che non cambia e che quindi precede ogni cambiamento?
Ci si deve raffigurare il fiume come qualcosa di statico per poter dire che scorre. L'elemento immutabile con cui abbiamo a che fare è la specifica mutevolezza degli uomini, che deriva dalla trasformazione evolutiva. Questa mutevolezza non è caos, ma piuttosto un ordine di tipo speciale. Comte, Marx, Spencer e molti altri sociologi classici del XIX secolo cercarono di analizzare quest'ordine, vale a dire l'ordine insito nel cambiamento stesso. Nel XX secolo si oscillò nella direzione opposta, tanto che molti dei principali teorici della sociologia, in primo luogo Talcott Parsons, considerano la stabilità e l'immutabilità come le caratteristiche normali di un sistema sociale, mentre i cambiamenti sembrano loro soltanto il risultato di qualche disturbo della normale condizione d equilibrio della società.
La sociologia deve cogliere il carattere processuale dei fenomeni sociali. La forma attuale delle analisi sociologiche fa sì che sia possibile smembrare concettualmente i composti nelle singole componenti, ad esempio in «variabili» o «fattori», senza alcun bisogno di analizzare il modo in cui questi aspetti separati ed isolati di un più ampio contesto siano in rapporto fra loro.
Dalle relazioni agli oggetti messi in relazione -> Il potere come modalità di relazione. Il potere esprime una relazione tra due o più persone, o tra persone e oggetti della natura. Il potere è un attributo delle relazioni e la parola è usata nel modo più adeguato quando indica cambiamenti di potere.
L'individuo e la società:
-Weber non risolse mai dal punto di vista concettuale il problema della relazione tra i due oggetti totalmente isolati e statici a cui sembrano rimandare i concetti del singolo «individuo» e della «società», intesi in questo modo (ciò non pregiudica affatto la grandezza della sua opera). Weber scompose la «società» in un gran numero di azioni più o meno disordinate compiute da individui adulti abbandonati a se stessi, tra di loro separati e del tuttoindipendenti. Tale orientamento lo spinse a concepire come prive di realtà tutte le strutture, i tipi e le regolarità sociali osservabili. Potè giustificare le strutture sociali tipiche solo come prodotti artificiali degli stessi sociologi, come rappresentazioni scientifiche precise e ordinate di qualcosa che in realtà è privo di struttura e di ordine. Weber fu quindi uno dei grandi rappresentanti del nominalismo sociologico (considera la società umana semplicemente come un «flatus vocis»).
-Émile Durkheim fu più incline al modo opposto di pensare. Egli scrisse: «E' indubbiamente una verità evidente che non c'è nulla nella vita sociale che non sia anche nelle coscienze individuali; però, quasi tutto quello che si trova in queste ultime proviene dalla società. (..)».
Come ha recentemente tentato di fare Talcott Parsons, possiamo considerare reale ora l'una ora l'altra oppure entrambe le cose contemporaneamente - da un lato l'«Ego», cioè l'individuo agente, e dall'altro il «sistema sociale». Ma non c'è alcuna via d'uscita da questa trappola concettuale (attore e sistema, persona e tipo ideale, individuo e società, non sono concetti isolati ed immobili!).
L'individuo come processo: l'uomo è un processo -> nasce, cresce, diventa adulto (mentre il tradizionale concetto di individuo esprime un'immagine ideale). Quella tra individuo e società è una dicotomia che non ha ragione di esistere. La solidità e la forza persuasiva dell'idea della «società» come qualcosa di esterno agli individui, e degli «individui» come di qualcosa che esiste al di là della società, derivano da un'immagine dell'uomo come homo clausus, del tutto discutibile. Come scrisse Durkheim: "Se questa esteriorità è soltanto apparente, l'illusione si dissiperà col progredire della scienza e vedremo l'esterno - per così dire - interiorizzarsi".
Per tutta la vita Durkheim lottò invano con questo problema (affinità tra i due ordini di problemi: quelli incentrati sull'esistenza «all'esterno» dei fenomeni sociali in relazione all'individuo e alla sua coscienza «all'interno», e quelli, più vecchi, della teoria della conoscenza, concernenti il rapporto tra l'esistenza di oggetti esterni e il soggetto cognitivo individuale con la sua «coscienza»).
Max Weber affrontò il problema in modo diverso: egli distingue le azioni individuali «sociali» da quelle che non lo sono, e sono perciò solo «individuali», distinzione tuttavia discutibile.
Egli considera non-sociale ogni azione diretta solo ad oggetti inanimati, sebbene sia assolutamente svidente che individui diversi attribuiscano un senso diverso a tali oggetti. Il pensiero di Weber è fortemente influenzato dalla sensazione che da qualche parte ci debba essere un confine fra ciò che merita di essere definito individuale e ciò che merita di essere definito sociale -> individuo considerato staticamente.
Le difficoltà in cui ripetutamente ci imbattiamo quando tentiamo di risolvere in modo convincente il problema del rapporto fra ciò che definiamo individuo e ciò che definiamo società sono in gran parte dovute alla natura di questi due concetti:
1. individuo come uomo al singolare
2. società come uomo al plurale
Come punto di partenza nello studio della sociologia abbiamo esplicitamente bisogno di un'immagine dell'uomo al plurale. Ciascuno è perennemente in relazione con gli altri -> necessità di percepire noi stessi come persone fra le altre, coinvolte in un gioco insieme con le altre. E' tutt'altro che facile associare le due idee, quella in cui vi sia una barriera divisoria e quella in cui tale barriera non esiste. Questa visione richiede un ulteriore sforzo di distacco da sé -> la barriera tra individuo e società risiede solo nella coscienza individuale.
2. L'individuo e la società: il metodo
(da Introduzione, in La civiltà delle buone maniere - Über den Prozeß der Zivilisation, 1969)
L'acquisizione di un più elevato livello di coscienza individuale di sé, si compì durante il Rinascimento -> passaggio alla percezione della natura come paesaggio rispetto a chi l'osserva, come oggetto della conoscenza che è separato come da una parete invisibile dal soggetto della conoscenza, passaggio ad uno stadio ulteriore di autocoscienza.
Domande: cosa propriamente provoca questa idea di un «interno» del singolo che è separato da tutto ciò che esiste al di fuori di sé, cosa sono propriamente nell'uomo il contenitore e il contenuto?
Il muro invisibile che separa l'individuo dalla società non è altro che l'autocontrollo sul comportamento.
Concetti classificatori della sociologia, come «struttura della società», «processi sociali» o «sviluppi della società», possono apparire nel migliore dei casi prodotti artificiali dei sociologi, costruzioni «tipico-ideali» di cui il ricercatore ha bisogno per mettere un pò d'ordine. Al contrario invece sono le convinzioni di indipendenza individuale ad essere prodotti artifivciali, frutto di un processo di persuasione simile a quello che possedeva nel Medioevo l'idea che il sole ruotasse attorno alla terra.. Come già allora l'immagine geocentrica dell'universo fisico, così senza dubbio anche l'immagine egocentrica dell'universo sociale può essere superata.
Domanda: Fino a che punto il sentimento dell'isolamento e dell'alienazione scaturisce da inettitudine e ignoranza nello sviluppo degli autocontrolli individuali e fino a che punto da peculiarità strutturali di società più sviluppate?
L'idea di "individuo e società" deve essere sostituita con quella di configurazione di uomini reciprocamente riferiti e reciprocamente dipendenti -> L'intreccio dei rapporti reciproci tra gli uomini, le loro interdipendenze sono ciò che li lega insieme -> sono il nucleo della configurazione.
E' infruttuoso concepire l'immagine dell'uomo come immagine di un uomo singolo. E' invecepiù appropriato intenderla come immagine di molti uomini interdipendenti, che creano insieme configurazioni, ossia gruppi o società. La società è la rete di interdipendenze formata da individui.
La metafora della danza: Come concepiamo le configurazioni mobili create nella danza da uomini interdipendenti, così possiamo concepire gli Stati, le città, le famiglie, ma anche i sistemi feudali, capitalistici e comunisti. Come mutano piccole configurazioni della danza (si pensi a una mazurka, a un minuetto, a una polacca, a un tango,a un rock'n roll), così mutano le grandi configurazioni che chiamiamo società. (...)
3. Il concetto di figurazione: il metodo
(da Che cos'è la sociologia - Titolo originale: Was ist Soziologie? 1970)
Uomini come individui o uomini come società? Il concetto di configurazione è uno strumento utile che ci consente di superare la dicotomia tra individuo e società.
Il gioco come esempio del concetto di «figurazione»: Con figurazione noi intendiamo il modello mutevole costituito dai giocatori intesi come una totalità, modello che i giocatori formano nella loro reciproca relazione non solo col loro intelletto ma con la loro intera person, con la totalità dei loro modi d'agire. Questa figurazione può configurarsi come un'interdipendenza tra alleati oppure tra avversari, due gruppi, alleati o avversari, che comunque formano un'unica figurazione.
Il concetto di «potere»: Al centro del processo figurazionale troviamo un oscillante equilibrio di tensioni, un equilibrio di potere che si sposta continuamente -> caratteristica di ogni flusso figurazionale.
Il concetto di figurazione è applicabile tanto a gruppi relativamente ristretti (piccoli gruppi) quanto a società formate da migliaia o milioni di persone interdipendenti (grandi gruppi).
Si cerca allora di comprendere le caratteristiche di qeste complesse figurazioni in via diretta, cioè mediante l'analisi delle catene di interdipendenza. Nell'analisi sociologica non ci si può mai accontentare di usare come strumenti d'analisi dei sostantivi disumanizzanti (concezione atomistica). Che si parli di funzione o di struttura, di ruolo o di organizzazione, di economia o di cutura, il significato di questi concetti nasconde spesso la loro riconducibilità a particolari figurazioni. Lo stesso dicasi del significato del concetto di «gioco», quando si perde di vista che il gioco è un aspetto di una specifica figurazione formata da giocatori. E' perciò dubbio che la sociologia possa essere definita come una «scienza comportamentistica». Ciò non esclude che la sociologia possa avvalersi di indagini statistiche. Bisogna però rendersi conto dei presupposti teoretici sulla cui base si intraprende un'indagine statistica, e quindi soprattutto il modo in cui si pone il problema a cui l'inchiesta deve dare soluzioni.
Se il compito della sociologia è quello di indagare i processi figurazionali che assomigliano a giochi complessi, allora dobbiamo cercare di elaborare degli strumenti statistici che siano adatti a questo compito.
Col concetto di figurazione richiamiamo l'attenzione sulle interdipendenze tra gli uomini. Il problema è quello di stabilire che cosa leghi effettivamente gli uomini nelle figurazioni.
Dall'interconnessione dei comportamenti di molti individui sorgono delle strutture d'interconnessione specifiche che non si possono comprendere o spiegare riducendole al comportamento dei loro singoli membri.

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